il· i~ ■ i ;I· i~ i 11 del vigilante al di sopra della legge éhe l'Uomo-pipistrello si è scelto), attualizza persino il controverso caso di Bemie Goetz, il "giustiziere della metropolitana" newyorkese 5 • (Pur non essendo questa la sede appropriata per un approfondimento, va comunque detto che, non certo a sproposito, il Batman di Miller è stato più volte indicato come testo sintomatico delle contaminazioni contemporanee, "arena intertestuale" per il gioco del crossover, così come di certe valenze nihiliste della •violenza da leggersi piuttosto come strategie ironiche di lettµra) 6 • 2. Non si tratta di un percorso originale: già negli anni Settanta il romanzo americano aveva decretato la morte dei padri e, in alcune sue frange più scanzonate, sanzionato la farsesca fine dei supereroi. Nel_1977, Robert Mayer era uscito con un romanzo, Super-folks, che si apriva così:" Non c'erano più eroi. Kennedy era stato assassinato a Dallas. Batman e Robin erano morti sul colpo nello scontro della Batmobile con un autobus di scolaretti neri. Superman era scomparso, dichiarato morto dopo che un meteorite di kryptonite aveva colpito Metropolis. La famiglia Marvel era stata incenerita da un fulmine. Il Lone Ranger era morto, trafitto alla schiena da una freccia dopo che Tonto era tornato da un congresso del Red Power tenutosi a Wounded Knee. Mary Mantra era stata maciullata da una locomotiva dcli' Amtrak, dopo che il dottor Spock l'aveva Ìegata ai binari. Captain Mantra era finito in manicomio dalle parti di Edgeville, ridotto a un relitto umano dal preciso istan!e in cui aveva visto la sorella gemella ridotta a brandelli. Solo Wonder Woman era ancora al centro dell'attenzione, ma aveva ripudiato per sempre l'uso dei superpoteri. Col suo vero nome, Diana Prince, era esponente di punta del movimento femminista, condirettrice di "Ms.", ospite abituale dei talk show della sera. Sosteneva che la forza di Wonder Woman è in ogni donna, che bisognava solo imparare ad usarla. Lottare per la liberazione della donna, diceva, è più importante che dare la caccia a delinquenti di bassa lega. Si aveva quasi I'impressione di sentire una peccatrice pentita. Persino Snoopy aveva avuto il fatto suo, abbattuto dal Barone Rosso durante una missione, nei cieli di Francia. Di questo pantheon di eroi, l'ultimo a rinunciare alla lotta contro le forze della tirannide e del male era stato il più formidabile di tutti. Non si faceva vedere da una decina d'anni, da quando, senza che il mondo ne sapesse nulla, i suoi superpoteri avevano cominciato ad affievolirsi. Usando la propria identità segreta, David Brinkley, era scivolato nella noiosa routine della vita borghese: aveva 42 anni, era sposato con due · figli, e un terzo sarebbe arrivato.a giorni. Era convinto di non doversi mai più precipitare in una cabina telefonica, mettere in calzamagliaemascherarossa, per lanciarsi ali' assalto delle forze delle tenebre. Aveva superato quelle nozioni infantili; vivevano solo nei. suoi sogni. O almeno così credeva". 7 La sua riesumazione per la difesa del mondo in pericolo offriva lo spunto per divertenti quanto risibili avventure: la puntata dal vecchio sarto che aveva vestito a suo tempo tutti i supereroi (che razza di eroi, senza costume o identità segreta?), la triste scoperta di non possedere che in minima parte le gloriose risorse dei superpoteri (voletti con caduta fuori dalla finestra, poco lusinghiere esibizioni voyeuristiche alla ricerca della supervista perduta). Due anni più tardi era stata la volta di The Kryptonite Kid, romanzo d'esordio di Joseph Torchia 8 , a dare un altro duro colpo all'aura dei supereroi: forte di una felice trovata che anticipava la struttura delle lettere a Dio di The Color Purple di Alice Walker, il romanzo sciorinava le missive inviate a Superman & soci, Jimmy Olsen in testa, da un giovanissimo ammiratore, dotato di fede incrollabile circa l'esistenza dei propri eroi, una convinzione continuamente attaccata da insegnanti, genitori, coetanei e dalle leggi fisiche della realtà circostante. 3. Forse è .possibile combinare alcuni elementi diversi in una lettura sintomatica. Da un po' di tempo, fumetti e personaggi hanno preso a crescere col proprio pubblico: dalla prep school al junior college, alla scuola superiore, all'università, il fan rifiuta di abbandonare i propri eroi, come lui in evoluzione; e il mercato pare assecondarlo, differenziando fortemente i suoi target (non c'è bisogno di ricordare in questa chiave i recenti recuperi cinematografici, per adulti o quasi, di Batman e Dick Tracy). Anche laripresadiSuperman, firmata alcuni anni or sono da fohn Byme per la DC Comics, può essere letta negli stessi termini: corretto e riveduto alla luce di nuove esigenze e, come si diceva poc'anzi, per la necessità editoriale di seguire la crescita anagrafica dei suoi lettori, l'Uomo d'Acciaio è un po' più yuppie, un po' meno supereroe, un po' più vulnerabile, mentre Clark Kent è meno goffo e più in carriera, tanto che anche Lois Lane se ne è accorta. (Quasi ovvio che l'Antagonista sia soprattutto Lex Luthor, divenuto nel frattempo un ricco e potente magnate; persino belloccio - ha l'aspetto della sua "persona" cinematografica Gene Hackman piuttqsto che del clone-Kojak delle origini - , che tenta inutilmente di sedurre la sempre più sexy Lois). -Molti fumettisti, soprattutto giovani, non nascondono le simpatie per l'animazione e i fumetti della propria infanzia; ma la sindrome è facilmente estendibile a parecchi registi, a Spielberg, Dante, a tanti giovani mogul dell'horror, e ai loro deliri. disneyani' e cartoonistici, comunque televisivi. Eppure, sembrerebbe in atto piuttosto un rifiuto della Tv o, meglio, un esorcismo della stessa, un affrancamento per poter crescere; una piccola rivincita, insomma, dopo che la capillare rete distributiva dei negozietti specializzati aveva rimpiazzato in qualche modo l'assenza di una cassa di risonanza televisiva per il fumetto puro, un fallimento datato anni Cinquanta e confermatosi caso per caso anche in seguito. 4. InMiller lo schermo televisivo diviene presenza metafisica: è pura immagine priva del supporto materico, una sorta di "immateriale", di terminale che va dritto al cervello del lettore. E si riempie di tutte le idiosincrasie del flusso televisivo, dalle diatribe tra coT1Quttorial loro happy talk, dalle interruzioni tecniche alle sovrimpressioni, dagli spettacoli alle interviste e al live coverage, fino a farsi Coro dell'umana tragedia. È la dimostrazione che, come_so.spettavamo da tempo 9 • la televisione ha assunto quel "ruolo bardico" di mediatore di linguaggi, di responsabile della messa in circolo di storie, di collante sociale, solitamente affidati alla perforntance e al genio di storytellers riconosciuti, ritualizzati e semiprofessionalizzati (i nuovi sciamanis!lli laici): i cantastorie e i sacerdoti, gli artisti e gli intellettuali, gli scienziati e i poeti. La Tv, allora, non offre soltanto lo sfondo di ovvietà su c1,1iproiettare le • nostre aspettative e a cui conformare la nostra visione del mondo, ma si offre esplicitamente come organizzatrice della narrazione. Miller, che è abilissimo a "monogrammatizzare" il movimento, raggiunge paradossalmente l'effetto più sofisticato nel momento in cui rappresenta l 'immobilità del video acceso, facendo appello alla nos·tra indubitabile esperienza in materia, trovando dunque nel lettore il dinamismo eidetico che gli serve per animare la pagina 10 . 5. Drew e Josh Alan Friedman sono due fratelli sulla trentina, figli d'arte: il padre è Bruce Jay Friedman, romanziere ebreo-americano di fama, anche sceneggiatore cinematografico. Il primo per lo più disegna,. 37 /
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