CONFRONTI te nascosto di' quello che è per la prima volta un genuino inconscio politico. Diciamo allora che Jameson, prima di tutto, ribadisce la necessità dello storicismo attraverso una sorta di mito che serve a caratterizzare la natura della produzione culturale contemporanea (postmodemista) e anche nel considerare le sue diverse proiezioni teoriche: fra esse il marxismo appare come !"'orizzonte intranscendibile di ogni analisi e interpretazione", l'estrema precondizione semantica. Ma è certo che in questo utile excursus dei complessi rapporti fra modi di forma letteraria, soggettività borghese e V!ll'iefasi del capitalismo, Jameson è costretto a movimentare la propria strumentazione nautica: a bordo salgono il Frye, Althusser, Hjelmslev, Kenneth Burke,il _sintattico strutturalista Greimas, Lacan, ecc. Perché questo eclettismo metodologico? PerchéJameson necessita per forza di aprire il campo dell'operazione interpretativa alle varie opzioni che gli'consentano di dimostrare che ogni interpretazione è allegorica nella misura in cui applica un "codic.e maestro": questo comprende a "strategia di contenimento", cioè opera in modo da privilegiare un certo modo di comprensione ed escludere la pura fatticità della storia- Jameson qui impara dallo strutturalismo, che basa la sua interpretazione sul "master code".del linguaggio. Questo è il paradosso di un'opera precedente di Jameson, La prigione del linguaggio, ma nel libro di cui si parla-Jameson radicalizza quel paradosso: propone infatti che le analisi strutturali dei testi rivelano la sintassi all'opera in specifiche congiunture, una sintassi il cui ultimo contesto è storico, un particolare modo di produzione. - ' Veniamo qui a una serie di difficoltà, forse insolubili, nel disegno politico di Jameson e ·dellaprospettiva storicista: la difficoltà princìpale è 'quella di raccontare una narrativa, un "grande racconto collettivo", quello della "lotta collettiva per strappare un'area di Libertà all'area della necessità", per strappare la Storia alle forze cicche della Natura. La grande vicenda incompima della storia della libertà è la storia della lotta di classe, in cui oppressore e oppresso sono stati legati da una "battaglia ininterrotta, Oranascosta, ora aperta" che è finita in rivoluzioni o rovina dei contendenti. Parti della narrativa di questa storia sono state "represse" durante la lotta: Jaineson vuole appunto ricostruire interpretati~ariente questo dialogo perduto attraverso una teoria dell'inconscio polil!co, L'ideajamesoniana di un'"unica storia" contraddice però le citazioni da Marx che Jameson offre sul tema della libertà e della necessità: la classe dominata resta nei confini della necessità naturale, e questo è il limite principale alla libertà della classe dominante. Questa può anché essere un'unica st9ria, ma certo la sua presentazione richiederebbe almeno due narrazioni. Un'ulteriore conclusione di Marx è che l'umanità è natura che si libera dalla natura cieca storicamente: l'umanità è potenzialmente natura libera che dovrebbe essere descritta in termini di una storia naturale-questo un veto problema diàlettico. Ma nonostante il suo zelo dialettico, Jameson conclude che "la Storia è l'esperienza della necessità". La sua è la formulazione sartriana che la Storia è quello che ferisce, negando il desiderio, esistendo solo nel limite, imponendo limiti alle possibilità umane e alle nostre narrative vissute. Jameson sembra non riconoscere che questa definizione cancella il suo grandioso racconto: se la Storia non è anche l'esperienza della libertà, il superamento della necessità, allora storia e cieca necessità ·sonoidentiche. La storia non è un testo, dice Jam~son, né una narrativa, sebbene ci sia sempre accessibile unicamente in forma testuale e narrativa, nella fonna cioè sognata per noi°dall'inconscio politico. • · . È bene dire quanto l'analisi di Jameson qui posi sulla critica althusseriana dell'ideologia, su cui non abbiamo tempo di soffermarci. Una conseguenza pratica di questa posizione è il rifiuto del valore di verità dell'esperienza, che sia Jameson che Althusser identificano con l'ideologia,"il rapporto immaginario degli individui con le loro reali condizioni di esistenza". È proprio nella logica delle ultime conseguenze di questa posizione per cui non è possibile produrre conoscenza del sistema sociale nel 'esperienza, tna solo separandosene-che Jameson ammira "il concetto del testo", che "ci libera dall'oggetto empirico - che sia le istituzioni, o l'evento_o il lavoro individuale - spostando la nostra attenzione alla sua costituzione.di oggetto". Questo rapporto fra strutturalismo e analisi kantiana è evidente nell'importante saggio di Lévi-Strauss,"L'analisi struttµralistadel mito", che sta dietro la teoria jamesoniana dell'inconscio politico. Dove Kant determina la struttùra logica di un oggetto e mostra che il più alto principio del pensiero è quello di totalità della ragione, Lévi-Strauss analizza la struttura logica degli oggetti culturali e arguisce che la forma culturale più unificante e intelligibile è il mito. Questa forma è una struttura mentale, lo strumento logico più potente della mente, del pensée sauvage, perrisolvere i suoi problemi più difficili: secondo Lévi- • Strauss questa struttura è "inconscia". Questa idea, insieme al metodo per analizzare le strutture, è fondamentale per la teoriajamesoniana dell'inconscio politico: Jameson si riferisce esplicitamente all'inconscio politico co.meun "pensée sauvage storico". Intendiamoci: nel corso del libro, Jameson, in fondo, nomina solo una quindicina di volte il concetto che dà il titolo al libro stesso, e lo fa succintamente: ma nella misura in cui la sua teoria può essere decifrata, l'inconscio politico appare come una struttura che risolve problemi sociali in letteratura a un livello simbolico. Jameson dimostrai vari modi in cui questa struttura agisce nei romanzi di Balzac e.di Conrad: la forma di analisi primaria, tuttavia, usa la versione greimasiana della formula mitica di Lévi-Strauss per analizzare l'ideologia dei romanzi. Un romanzo possiede una fondamentale antinÒmiache è sintomo di una còntraddizione sociale: i termini antinomici generano il loro opposto, che istituisce un sistema oppositivo quadritermico: lamente cerca di risolvere la tensione di questo sistema combinando i termini; qufste combinazioni sono i caratteri narrativi dei romanzi, che sono perciò."effetti" del sistema: il sistema caratteriale è, infine,un attosimbolico ideologicoche amministra unproblema sociale(di qui il sottotitolo del libro:"La narrativa come atto simbolicamente sociale"). Dopo aver mostrato come un'opera sia un atto simbolico, essa è considerata come una pwole del generale di alodi classe antagonistico che è una langue composta di ideologemi, "la minima unità intelligibile di un discorso collettivo essenzialmente antagonistico". Dopo che la langue è stata ricostruita insieme alle sezioni represse del dialogo della classe dominata, allora l'opera è assunta come campo di forze in cui appaiono vari modi di produzione, ciascuno portando un messaggio caratteristico nella lotta della rivoluzione culturale. Questa analisi, tuttavia, resta a stadio molto aurorale e molto teorico. Jameson infatti non spiega come differenziare la dimensione minima da ogni altra del eampo ideologico: la discussione degli ideologemi è perciò soprattutto un gesto pseudostrutturalista. Dato che non sarebbe pos~ibile costruire una langue senza comprendere cosa veramente sono queste unità minime, non è affatto sorprendente che nessuna langue del conflitto di classe possa essere determinata. Prendendo a modello Greimas, sia pur modificato a proprio uso, come nocciolo della· propria analisi testuale(e, apparentemente, dell'inconscio politico), come può Jameson affermare di aver descritto un inconscio nel senso di Freud? I caratteri narrativi sono !"'effetto" del conflitto all'interno di questO inconscio; ma cos'è che si oppone all'inconscio? Secondo Freud, infatti, l'inconscio e il conscio, l'id e l'ego, esistono solo nella misura in cui sono in conflitto fra loro e con il super ego: l'ego non è l'effetto dell'inconscio eccetto che quando si disintegra. L'inconscio richiede l'ego allo scopo di essyre inconscio: non v'è inconscio senza repressione e repressione senza un ego. Ma nessun ego ha posto nella teoria di Jameson: se l'inconscio è semplicemente un meccanismo che genera caratteri narrativi che sono nodi ideologici, allora non è più inconscio di quanto non lo siano le operazioni di' una radio: analizzare questo tipo di inconscio· potrebbe servire a descrivere uri circuito elettrico ma non certo a ricuperare memorie represse. Questo è un problema cruciale: le analisi di Jameson non liberano come potrebbero farlo? - alcunmateriale dalla repressione. Il progetto dichiarato all'inizio di questo libro -ricuperare il dialogo -non solo non si realizza, ma non è che debolmente tentato. ·Non stOpisceche dove tratta il problema della repressione e cerca di. distinguere la superficie diun'opera dal suo profondo Jameson non sia in grado di des.crivere la tensione: si limita a offrire analisi che dichiarano cose come questa: che un elemento di_un racconto è stato "represso" perché è "troppo noto e stereotipico per ayer bisogno di essere rappresentato". Ma non è forse vero che quello che si conosce bene non è ·represso? Il tentativo meno coerente di descrivere la repressione, quello che minaccia di mettere in chiaro le carte metodologiche dell'intero libro, si trova alla conclusione della sezione su Conrad. L'alto modernismo (1920-40), dice Jameson, da Eliot a Beckett,"reprime la Storia": "a quel punto ...il politico, non più visibile ...deve per forza diventare Inconscio". È stato detto giustamerite che Jameson maiuscolizza la 35
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