degli avvenimenti dell'ultimo trentennio; la voce narrante, quella del membro più giovane della famiglia indiana, ragazzo nei flashback, adulto nelle sequenze più attuali che a essi si alternano. Il narratore non è protagonista della storia, a~sumepiuttosto il ruolo del commentatore, del rivelatore, e i personaggi evocati dalla sua memoria, come gli avvenimenti, possiedono un insolito vigore, una dimensione solidissima, proprio perché emergono da zone d'ombra: Tridib, il cugino eccentrico, sognatore, precocemente disilluso, nemico delle certezze, si offrirà come vittima di un sacrificio inutile; CONFRONTI Ila, la cugina adorata, scolorirà nelle nebbie di un triste matrimonio britannico; la nonna, testimone di avvenimenti storici drammatici, esule a Calcutta dalla Dacca indiana della sua infanzia, regredirà in vècchiaia proprio a quell'infanzia, alla realtàdellacittàd'origine, pervia di un orgoglio che ha sempre impedito elaborazioni nostalgiche; Nick e May, ragazzi inglesi che assumono una dimensione mitica agli occhi dei loro coetanei indiani, restano personaggi vaghi, caratterizzati da comportamenti di cui lo scrittore, alieno, non sottolinea, volutamente, l'eccentricità. Unaguida di Rusconi per capirele vicendetedesche Pier Paolo Portinaro "L/1rivoluzione di un popolo di ricca spirit'ualità, quale noi abbiamo veduto effettuarsi ai nostri giorni, può riuscire o fallire; essa può accumulare miseria e crudeltà tali che un uomo benpensante, se anche potesse sperare di intraprenderla con successo una seconda volta, non si indurrebbe a tentare a tal prezzo l'esperimento; questa rivoluzione, io dico, trova però negli spiriti di tutti gli spettatori (che non sono in questo gioco coinvolti) una partecipazione d' aspirazioni che rasenta l 'entusiasmo, anche se la sua manifestazione non andava disgiunta da pericolo, e che per conseguenza non può avere altra causa che una disposizione morale della specie umana". Quanto nel 1798 Kant scriveva a proposito della rivoluzione francese non sembra valere, a onta di analogie retoricamente insistite, per noi spettatori dei rivolgimenti dell'ultimo anno nell'Est europeo e in Germania in particolare, dove la rivoluzione è stata pacifica, senza fatti esecrabili agli occhi di un "uomo benpensante", ma anche senza quel consenso d'emozioni e quell"'entusiasmo" che un pubblico scetticamente postistorico è ormai incapace di provare. Lo scetticismo nei confronti del futuro dell'Europa appare nei dibattiti attuali certo meno in evidenza rispetto alla serpeggiante, e innegabile, diffidenza verso la nazione tedesca, retaggio di una memoria storica che continuerà a pesare oltre I'unificazione; ma esso contribuisce a spiegare quel nervosismo di giudizi che ben si avverte sotto la facciata un po' vacua dell'unanimismo europeo. A ogni buon conto, l'unità è cosa fatta, e già si è tentati di guardare con distacco alle drammatizzazioni rituali 'che hanno caratterizzato in Germania il dibattito degli ultimi mesi: all'allarmismo della sinistra su un'annessione foriera di insopportabili tensioni sociali rispondeva, sul versante conservatore, l'enfatizzazione delle potenzialità ostili del contesto internazionale e la denuncia di av32 venturismo alla volta di chiunque chiedesse la ratifica democratica di una nuova costituente o di un voto popolare. Buona guida a una ricostruzione sobria e misurata di quelle vicende, almeno per quanto riguarda la prima fase, incerta e imprevedibile, dalla vigilia della Tivoluzione all'indomani delle elezioni di marzo, è il libro di Gian Enrico Rusconi Capire la Germania (Il Mulino, pp. 261, L. 15.000), che, presentandosi in veste di diario ragionato sulla questione tedesca, si colloca tra cronaca e politologia e assolve al duplice compito della documentazione (con la traduzione integrale di testi rappresentativi del dibattito interno) e della riflessione critica (sui temi dell'ordine internazionale, della memoria storica, del neonazionalismo, del patriottismo costituzionale ecc.). Come tale il volume ha diversi pregi, in primo luogo quello di informarci in modo essenziale sugli eventi e sull'interpretazione che degli eventi hanno fornito gli attori stessi, in secondo luogo quello di tentarne una prima lettura politologica a caldo, assumendosi onestamente il rischio delle valutazioni affrettate ("Tra un anno o due sarà facile piegare ex-post la 'logica storica'. di quanto accade. Si potrà sorridere delle nostre cecità ed errori di valutazione. Ma quello che gli storici del futuro non proveranno sarà la percezione delle incertezze del presente, le sue potenzialità"), ma soprattutto il merito di educarci a considerare criticamente certe pregiudiziali, vere e proprie prevenzioni che continuano a essere radicate nella coscienza co11ettiva.Rusconi è piuttosto severo, e a ragione, contro coloro che continuano a ritenere i ted.eschi "ostaggi del loro passato, non solo moralmente ma politicamente" (p. 17) e mancano così di percepire il profondo mutamento che ha avuto luogo nella culrura politica tedesca (almeno della Brd) in questo dopoguerra; ed è critico nei confronti di quella sinistra intellettuale tedesca, rappresentata al meglio da Jiirgen Habermas, che in nome di una presunta identità post-convenzionale contrappone forzatamente l'idea (buona) della "cittadinanza costituzionale" al volgare D-Mark Nationa/ismus (p. 236 ss). Avverto anche io l'astrattezza di questi interventi politici di Habermas, ma sono orientato a ritenere che essi possano essere un utile correttivo e un fecondo lievito critico del "discorso pubblicp" in una fase in cui la dinamica economica della transizione al mercato tende inevitabilmente a collidere con il processo di rafforzamento delle convinzioni democratiche nella cittadinanza tedescoorientale e a mettere in ombra il rispetto politicamente dovuto a un popolo soggetto di una rivoluzione democratica e non violenta. In effetti, uno dei motivi per cui siamo inclini oggi a guardare al processo di riunificazione come a un test di particolare rilevanza politica riguarda proprio la specificità di questo fenomeno: si è cioè indotti a domandarsi se e fino a che punto il patriottismo costituzionale abbia davvero rappresentato un surrogato di una forma convenzionale di identità co11ettiva, e se e in che misura la rinascita di un'identità nazionale sia ora destinata a espandersi a • suo scapito, o se al contrario possa trovare in esso un elemento di autocorrezione e una garanzia contro i rischi di rinascita di un nazionalismo populistico-reazionario. centofiori periodico diinformazione e.analisi sulvolontariato acuradellabranca italianadelServizio Civile Internazionale Redazione Amministrazione: DirezioneNazionaleSCI Viadei Laterani28,00184Roma (Tel.06/7005994) Il ServizioCivileInternazionale organizzacampidi lavoro neiseguentipaesi: EUROPA: Austria/Belgio (Vallone)/ Belgio(Fiammingo)/Bulgaria/Cecoslovacchia/Danimarca/Finlandia/Francia/ Germania/Grecia/Inghilterrae Galles/ Irlanda/Irlandadel Nord/Italia/Lussemburgo/Norvegia/Olanda/Polonia/Portogallo/Scozia/Spagna/Svezia/Svizzera/ Turchia/Ungheria/UnioneSovietica/ Yugoslavia/NORD AMERICA:Canada/ U.S.A./OCEANIA: Australia/ASIA e AFRICA
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