CONFRONTI MEMORIA MichelLeiris tra autobiografia e antropologia Pierginrgio Giacchè "L'etnologia è per Miche! Leiris un'attività che gli pare intimamente connessa alla sua attività letteraria. (...) Michel Leiris intende svolgere quant9:più a lungo gli sarà possibile le due attività coniugate che sono per lui come le due faccedi una ricerca antropologica nel senso più completo della parola: accrescere la nostra conoscenza dell'uomo, sia sul piano soggettivo dell'introspezione e dell'esperienza poetica, sia sul piano meno personale dello studio etnologico." Questo frammento del curriculum professionale, riportato da Guido Neri nell'introduzione all'edizione italiana di Afriquefantome, è una definizione del proprio orientamento e una dichiarazione di impegno culturale che è durato davvero a lungo: Michel Leiris è morto il 30novembre scorso, a 89 anni, dopo una vita di attraversamenti e coniugazioni ininterrotte di attività artistica e studi etnologici, con l'obiettivo di non tradire mai la liminalità e il relativismo della "conoscenza", tanto meno a vantaggio della presuntuosa relatività e delle formule definitorie della Scienza, rila anche dell'Arte, della Politi.ca, della Rivoluzione ... Fra i tanti protagonisti e i molti personaggi di quel mondo culturale con capitale Parigi, negli anni ormai mitici del mezzo secolo scorso in cui la ricerca e l'intervento artistico e intel- • lettuale erano seriamente e naturalmente legati ali 'impegno politico, Miche] Leiris rappresenta e sopporta il più lungo fenomeno di continuità negli stessi interessi e forse la parabola dell' engagement più èoerente, proprio perché Leiris non si sottrae alla riflessione nemmeno quando diventa delusione. lciris nel 1980 in una foto di Jaques Robert (Gallimard). ca e nella attività scientifica - non si debba risolvere, ma sipossa raddoppiare inuno scambio continuo (o perfino in una confusione cercata) fra vitae ricerca, come due percorsi che.si stimolano e si alimentano avicenda. Anzi come un solo "viaggio;, verso quella unitaria corn,,- plcssità antropologica che è la mèta, ma anche il punto di partenza, tanto di una attività espressiva quanto di una attività di ricerca scientifica. Nel quadro attuale delle antropologie interpretative e delle rivaiutate euristiche personali, l'esempio di Lciris non va però frainteso come una casuale anticipazione o preso per facile modello: l'assunzione piena e disagevole della contraddizione fra scienza e conoscenza è la vera giustificazione dell'autobiografia come ineliminabile territorio di una unica inscindibile indagine. In questo sta a tutt'oggi la novità, ma ancora di più, la purezza di un contributo come quello di Leiris, determinante per I' ancora incerto dibattito metodologico ed epistemologico dell'antropologia: un'indicazione di libertà e intanto di rigore nello sviluppo di attività tutte verificate e vivificate dall'obiettivo ideale -ma si potrebbe dire "morale" -di un impegno umano e scientifico globale. Forse la ricerca di Leiris non dimostra affatto che stia in quella direzione il futuro dcli' antropologia, ma testimonia che è stata, almeno un tempo, una innegabile intima "vocazione". Certo per comprendere e valutare oggi, dopo la disillusione dei migliori e i cattivi esempi dei peggiori, l'indicazione di un tale obiettivo, occorre ristabilire o appena ricordare la centralità di una ricerca di senso, l'ansia di voler disporre di orizzonti e di strumenti nuovi in un periodo in cui il cambiamento poteva essere ancora un imperativo, ancora un valore. Può· sembrare strano, ma si danno - e ci sono stati - dei momenti e dei fermenti nei quali la proposta dell'etnologia vale quanto una solida e necessaria speranza.• Il valore del rapporto fra autobiografia e ricerca antropologica, allora, si può leggere diversamente: l'incontro con una disciplina può veramente significare una scelta di vita quando ad esempio si hanno motivazioni per credere quello che Miche! Leiris credeva nel 1930: "Questa scienza magnifica che, ponendo sullo stesso piano tutte le civiltà e non considerando nessuna di esse più valida a priori nonostante la complessità più omeno grande delle sovrastrutture o la raffinatezza più o meno accentuata delle nozioni cosiddette "morali", è la più generalmente umana, perché, non limitandosi - come 1 amaggior parte delle altre scienze - agli uomini bianchi, alla loro mentalità, ai loro interessi, alle loro tecniche, essa si estende alla totalità degli uomini, studiandoli nei loro rapporti reciproci e non in modo arbitrariamente individuale". Di Miche[ Leiris "Linea d'ombra" ha pubblicato, nel n. 40, luglio-agosto 1989, un' intervista raccolta nel 1988 daSally Price e Jean Jamin, preceduJa da una noia di Alessandro Triulzi. La sua produzione è segnata e alimentata da una successione di incontri e contributi e discussioni, che vanno almeno dalla "Rèvolution surréaliste" di Breton alla secessione della rivista "Documents", con Bataille, Callois e Griaulc, alla fondazione di "Temps Modernes" con Sartre; eppure, prima ancora di dividersi tra 1' ambito scientifico e quello letterario, resta una delle più omogenee per l'ostinazione con cui si lega alla sua biografia e per l'insistenza con cui si propone di combinare l'introspezione .soggettiva e l'esplorazione oggettiva. Moraviae la controfiguradel romanzo Né è vero poi che le sue due attività si divarichino come rappresentassero rispettivamente uno dei due diversi òrientamenti; è vero al contrario che l'attività letteraria e lo studio dell'etnologia si scoprono compatibili e complementari proprio perché ciascuna al proprio interno è impegnata e fondata sulla stessa irrisolvibile combinazione di oggettualità e soggettivismo. L' esempiò di Leiris mostra dunque come la contraddizione - fra arte e scienza umana, ma soprattutto nella espressione artisti26 Saverio Esposito Circondato da mediocri, affettuosi cortigiani, da innumerevoli bravi giovani di ieri e di oggi (trentenni, quarantenni, cinquantenni) desiderosi di sostegno e di ascolto, Alberto Moravia è morto come aveva desiderato di morire: al termine della vita vissuta come sempre, e non nel corso di una malattia avvilente e umiliante. L'eroismo stoico con cui aveva reso accettabile la vita d'artista come vita comune era il suo specifico eroismo. Moravia era infatti attratto e • terrorizzato dall'irrazionale. E così aveva lavorato per trasformare una vocazione artistica in qualcosa di pro'grammabile, di comune e di medio. Si potrebbe dire che per tutta la vita Moravia si sia sforzato di esorcizzare il pericolo dell'essere un artista. Ha condotto la vita del probo artigiano e del cittadino che accetta i doveri del lavoro produttivo e della presenza pubblica senza lamentele e senza ripensamenti. Bruscamente, scontrosamente, Moravia dice-
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