Linea d'ombra - anno VIII - n. 54 - novembre 1990

-Sì, ma un meccanico ... - Dovrà lavorare di più e guadagnare di meno. - Se solo le avessimo dato ascolto a tempo debito ... (A ·questo punto gli avrei spaccato la faccia). E così, sempre piagnucolando: - Lei lo sa, ci dicevano sempre: quel Biermann è un criminale. Le dirò una cosa - e dopo attenta e lunga meditazione partorì con dolore questo profondissimo pensiero: I criminali erano loro. - No - dissi ridendo. - Sì - rispose mortalmente serio. E io mi resi conto di avere davanti uno di quei colpevoli che oggi si vedono come vittime. E la cosa più sgradevole è che lo sono anche, in un certo qual modo. Ma solo a metà. La giornata filò via veloce, nel tardo pomeriggio era già buio pesto. Unter den Linden, la Schinkel Wache, il Marx-EngelsPlatz, il mercato di Natale vicino ad Alexanderplatz, poi la Wilhelm-Pieck-Strasse, l'Oranienburgerstrasse, la Sinagoga, la Friedrichstrasse e l'incrocio con la Chaussestrasse, al 131, la mia vecchia casa. Le finestre sul davanti, buie. Parcheggiai automaticamente la macchina davanti al mio portone all'angolo con la Hannoverstrasse. Nella garitta davanti alla rappresentanza permanente tedesco federale sedeva qualcuno in divisa. Mia moglie disse: Il bambino mi pesa sulla vescica. Così la feci entrare nell'atrio della mia vecchia casa. A tentoni raggiungemmo il portone del cortile interno. Qui va bene. Lei si accovacciò nel cortile. Io mi voltai e sbirciai in alto verso le finestre sul cortile, imbarazzatissimo. Ascoltando lo scorrere della pipì, anche la mia vescica si contrasse e così, qualche passo più in là, la svuotai ..E ciò facendo un pensiero mi traversò la mente: marcare il territorio! Ecco, che cosa era: la mia casa! Il mio appartamento. Il cane torna a casa, sente che è la sua, e marca il suo vecchio territorio. Ridevo tanto che finii per pisciarmi sulle scarpe. Non riuscivamo a fermarci, era una cosa assai strana. Ridevamo come pazzi, spinti da antiche paure. E alla fine ci sentimmo · sfrenati quanto basta: - Vieni, andiamo a suonare alla mia porta. E giù un altro convulso di risa---: suonare o pisciare, drin-drin, dottor Freud! Seco_ndo·piano. La mia porta, sempre uguale. All'altezza degli occhi una finestrella non più grande del palmo della mano, con un vetro. Sul campanello un nome solo: Seidel. Suono una volta, due volte, niente. Alla fine si ~pre la finestrella: un uomo della mia età. - Buon giorno. - Chi è? - dice. E io:-SonoWolfBiermann ... il cantante, 'tredici anni fa sono stato espul<;odalla... · - Non la conosco. - Ho vissuto venti anni in questa casa. - Io non so niente. - Volevo solo vedere, come era la· casa oggi. Possiamo entrare? - Direi di _no. - Lei abita qui? - Certo, certo che sì. - ...Tutto solo in un appartamento così grande? -Certo, sì. - Prima, qui con me vivevano Martin Florchinget, l'attore brechtiano,eAgnesKraus,l'attrice, un ballerino e ancora un'altra amica. Non è un po' troppo grande la casa per lei? -:--NO. - Che lavoro fa? - Commercio con l'estero. - Schalk Golodkowski? 11 E questo fu tutto. La finestrella si chiuse. L'operazione non è riuscita, ma il paziente è vivo. Stasi. Nella luce torbida della ILCONTESTO minettei-ie scendemmo pesantemente le scale. Pensavo: quando la Stasi verrà sciolta, dovrebbe essere facile ritornare nelle mie vecchie stanze con tutta la sacra famiglia, da Amburgo, ogni tanto, potremmo trasferirci in questa seconda casa, sulla Chausseestr. 131. La stufa di ceramica - il che vuol dire trasportare il carbone dalla cantina fino in casa, i vecchi vicini, la commessa simpatica del negozio di frutta e verdura, anche un paio di amici, M. con la frizione della sua Wartburg, rigenerata, Hussel così meravigliosamente folle, Bottcher col suo genio, Otto col carbone, il dottor Tsouloukidse, quel caro dottore che èurava i nostri raffreddori, Ilja e Veruska, bambini ebrei ora invecchiati e che erano use ·ti da un Gulag e il mio ponte di Weidendamm con l'aquila prussiana, il cimitero degli Ugonotti con Hegel e John Heartfield, la tomba del poeta laureato Johannes R. Becher che ci ha cacciato in un bel guaio con quel suo fatale versetto Germania patria unita 12 , e poi dietro l'angolo l'archivio Brecht, e cosa ottima per me: Hans Bunge, l'archivio Brecht in persona. E solo quattro passi per arrivare al Berliner Eqsemble. Perché no.· Intanto sono passati due mesi. Non si parla più di passare a Ovest, Modrow si sgonfia, Kohl si espande. Se, tra non molto, la Rdt sarà stata divorata, è meglio che resti nella bella città dove sono nato: Amburgo. L'Unione Sovietica si sta comunque dilaniando:- un gigantesco impero che va letteralmente in pezzi. Nasceranno oieci o venti, nuovi stati, l'uno solidamente ostile all'altro. Il comunismo è finito, non solo nella realtà, ma, cosa molto più reale, anche·nei sogni. Quando nel 1953 arrivai nella Rdt, nella piccola città di Gadebusch, trovai il comunismo in ottima salute e già quasi realizzato. Il nostro amato Stalin era appena morto e, in quel paese sperduto, non mi accorsi nemmeno del 17 giugno. Stavo benissimo, perché non mi rendevo conto di niente. . Dopo aver vissuto un paio di anni nel paese degli operai e dei contadini, mi accorsi che il comunismo era malato. Scrissi così poesie e canzoni che avrebbero dovuto riportarlo in salute. Ma i bonzi non mi ringraziarono affatto per la mia amara medicina. Quando mi proibirono di cantare, quando la Stasi mi chiuse la bocca, continuai tra urla e rantoli a dire la verità: il comunismo non era solo malato, era in agonia. Fotodi S. Duroy/Vu, da "Magazine littéraire" n. 265, 1989. Il

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