Linea d'ombra - anno VIII - n. 54 - novembre 1990

UNACOLLANADI LINEA D'OMBRA A·P·E·R·T·U·R·E I TESTIPIÙ ATTUALI DEL PENSIERO RADICALE/LIBEROED ERETICODEL NOSTROSECOLO• TRANARRATIVAE SAGGISTICA,FILOSOFIAESOCIOLOGIA, STORIA E POLITICA• TRESEZIONI COMPLEMENTARI: SAGGI,NARRAZIONI, MANUALI• NEL1991:SAGGISULL'ITAUA DICIAFALONI,DONOLO,REVELLI...• · "MANUALI"DI BERARDINELLI (POESIA), SCARNECCHIA(MUSICA DELTERZO MONDO),FOFI(CINEMA)••• GLISCRITTI POLITICIDI CORTÀZAR• UN DIBATTITO INTERNAZIONALESULLAPSICANALISI • STORIE RACCONTIDITOLSTOJ,ARNO SCHMIDT,SARTRE,GOES••• TUTTII VOLUMISONORILEGATI IN BROSSURA,CON COPERTINAADUECOLORl,ALPREZZODI LIRE12.000. LADISTRIBUZIONE INLIBRERIA ÈDIGIUNTI,FIRENZE. NOVITÀ Heinrich Boll LEZIONI FRANCOFORTESI Lelezionidi poeticatenute daBolinel 1963sonopreziosenelrivelareil metodo discritturadell'autore, il suo mododi lavoraresullarealtà.Bolinonvuoleoffrirealcun "breviario",puòunicamente dimostraredi"conosceregli elementidellavitaumana". Ilsuoumanesimo è quellodi uno scrittoreche tentadi ricostruirequalcosache valgaaridareall'uomoealla societàunvoltoumano,responsabilesolidale. Il nostromondostarapidamentecambiando. I problemidell'intelligenzaartificiale o della societàpost-industrialecitoccanodirettamente, stanno trasformando l'ambienteincuiviviamo. È indispensabilerifletteresui cambiamentie trovarechi possaaiutarcia capirelo scenariochesistadelineando,pienodinuoveidee,nuove incertezze,nuovesperanzee nuoveangosce.17 grandi nomi della cultura mondialenediscutonocon luciditàepassione. I VOICIS 21 CHANNEL FOUR E BERTRANDRUSSELLHOUSE IL DISAGIO DELLA MODERNITÀ :~~~[ ~ ~:~~:~~li~M2 MAI ESISTITESEMBRANO COSI SCONTENTI DELPRESENTEECO. SI SPAVENTATI DAL FUTURO! • COSA C't CHE NON VA, NEL MONDO CUI APPARTENIAMO! QUALI SONO I COSTI UMANI E SOCIALI DELLAMODERNITAI • NE PARLANO, AMIS, BELL,BELLOW, aR/EFS,CASTORIAOIS,OAHRENOORF,GALTUNG,GELLNER,GIDOENS,IGNATIEFF,KOIAKOWSKI, IASCH, PAZ; ROTHSCH/LO,TAYLOR, rDURA/NE, WALLERSTEIN. ~------------------------------------ Desidero essere informato sui prossim_ititoli e sulle iniziative di Linea d'ombra. NOME_____________ COGNOME____________ _ INDlRIZZO------'--,------------------ CAP____ _ ETA' ATTIVITA' TrovoLDOin □ edicola □ libreria, □ da amici, □ bibbilioteca ___ _ LeggoLDOdalnumero__ Sezionidi LDOpreferite__________________ _ Data________ _

GLISCRITTORI ELAPOLITICA Il MONDO DOPOLAFINE DELLA SECONDAGUERRAMONDIALE • STORIE DI GUERRAEDI PACE,DI RICCHEZZA E DI POVERTÀ • LERESPONSABILITÀDEU'EUROPA • ~Z~,&_T~~~ GORDIMER,GRASS,HALL,HAUIDAY, KONIIAD, RUSHDIE,SONTAG,THOMPSON,VQNNEGUT. LevN.Tolstoj DENAROFALSO Unromanzobrevedellavecchiaiadi Tolstoj,chehadatoil megliodellesueriflessioniteoricheneitestinarrativi,mettendoa puntoun"genere"di"raccontoteorico"odi teoriatrasformatainvicenda. Denarofalso è divisoinduepartispeculari:nellaprima unacambialefalsificata,passandodimano inmano,"provocaluttoe corruzione;nella seconda,bastache una sola persona dimostrilaforzadellaveritàedellagiustizia perchétutto possa positivamente cambiare. È la traduzioneitalianadi una seriedi dibattitiorganizzatiper il c~,nale4 della televisioneinglesealloscopodiaccostare ilpubblicoallainterpretazioned imaggiori dilemmidelnostrotempo. 12 grandiuomini dipensieroeartisticontemporanei discutonodelrapportoNord/SudeEst/Ovest,dell'impegnodegliscrittorinellalottapolitica (GordimereSontag),dellaguerra(Vonnegut e Boli), di crisi e di economiae di Europa,diprospettivemondialiperil futu- .ro. AldoCapitini LETECNICHE DELLANONVIOLENZ'A Lanonviolenza è una"rivoluzionepermanente"checoinvolgeélalprofondogliatteggiamentidelsingoloedellacomunitàche trasformae"apre"aglialtri.Questovolume descriveimetodidi·lottacheallanonviolen-· zasirifanno,compresal descrizionedelle. campagnenonviolentecontroil razzismo, inAfricae inAmerica.Unlibroimportante, anzifondamentale, inquestomomentodi crisidellasinistra. APROPOSITO DEICOMUNISTI INVITO Al PCIPERCII!,SAGGIAMENTE, St SCIOlGA • ICOMUNI-· STI E LASTORIA • CRISIDI UN'~ DENmÀ • LAFALSA COSCIENZA D!GU INTELLETTUALI • PERCH! SOlO Il PCIDOVREBBECAMBIARENOMEf • IOTTEGHEOSCURE EPALAZZO • Il ROSSOE Il VERDE • MILITANZAEVOlONTARIATO • APt'ENDICE, ELSAMORANTE, l'ICCCXOMANIFESTODEI COMUNISn ($ENZACIASSEESENZA PARTITO/ LASTRANAVICENDADIUNAMACELLAIADALVOLTOSFREGIATO• NELLAGERMANIADELLADISFATTA,UNARICOSTRUZIONE~NCIIIESTASUGLIANNIDEUAPERSECUZIONEDEGUEIRE!• UNATESTIMONESENZASTORIAE SENZA CULTURA•COME REAGIREf • PRIMA DIBOLL,UNO DEIRACCONTI PIOALTIETERRIBILISULPASSATO TEDESCO • NELLATRADUZIONE DI RUTHLEISERFORTINI GuntherAnders DISCORSOSULLE TREGUERREMONDIALI Delgrandefilosofodella"discrepanza" (tra possibilitàe realtàdell'uomonel mondo moderno),analizzatoredellalogicaautodistruttivadell'umanità,teoricodeigruppi pacifistiedecologici. li mondonon è piùlo stesso.eglidice,"dopoAuschwitze dopo Hiroshima".Leferitedell'olocaustoedell'atomicanonsonorimarginabili; è dalla coscienzadellelorounicitàedallaconcreta possibilitàdellafine del mondoche bisognapartireperribellarsi. Anchela redazionedi "Linead'ombra"ha volutodirelasuasullacrisichetravagliail comunismoitaliano,da una posizione decentrata,di "senzatessera"che non hannointeressidi carrierao di schieramentodentroilPCI.Nelvolumesitoccano i punticrucialideldibattito:l'ereditàleninista e togliattiana,le colpestorichedel partito,lacrisidiidentitàchetravagliabase efunzionari, il ruoloambiguodeglintellettuali,glischieramenti interni,lrapportoela comunanzadi certimetodicon gli altri partitie conil "palazzo",il rapportoconi Verdi,el'invitoalPCI,paradossalemanon troppo,"perchésisciolga",perchéinventi nuoveformediversedaquelletradizionali di Partito. Pubblicatoperlaprimavoltanel1954, La vitima siaffiancautorevolmente alleopere cheriflettonosulpassatodellaGermania - conaffinitàsoprattuttoconquelledi B611.Goes,pastoreprotestante,si è basatocomenarratoresullesueesperienzedi ' vita,chesonostateterribiliperchéegliha fattolaguerrasbattutodaunfronteall'àltrocomecappellanomilitare.Comeogni inchiestachesi rispetti,e anchecome ogni"mistero"religioso, Lavittima conduce a una"rivelazione" lacuiscopertalasciamoal lettoredi fare. --------------------------------------- Agli abbonati alla rivista è riservata la condidone.particolare della Campagna abbonamenti valida fino al 31.12.90 (illustrata all'interno della rivista): uno sconto del 20% circa (Lire 10.000 anziché Lire 12.000) sul prezzo di copertina dei primi cinque · libri ·della nostra collana 11Aperture"1 minimo due titoli (il volume' di Aldo Capitini · 11 Le tecniche della nonviolenza 11 è esaurito). Compilate questo tagliando: TITOLISCELTI . , abbonatoa LDOdalnumero____ nuovoabbonamentoindata_____________ _ O PagamentoeffettuatosulVs c.c.p.N.54140207 □ Allegoassegno □ Pagatoamezzovaglia Intestare spedirea Linead'ombraedizionisrlViaGaffurio4, 20124Milano-tel.02/6690931

Direi/ore: Goffredo Fofi Direzione editoria/e: Lia Sacerdote Co/laboratori: Adelina Aletti, Chiara Allegra, Enrico Alleva, Giancarlo Ascari, Fabrj:r.ioBagatti, Laura Ralbo, Mario Barenghi, Alessandro Baricco, Stefano Benni, Alfonso Berardinelli, Andrea Berrini, Giorgo Rert, Paolo Bertinetti, Gianfranco Bettin, ·Francesco Binni, Lanfranco Binni; Luigi Bobbio, Norberto Bobbio, Franco Brioschi, Marisa Bulgheroni, IsabeUa Camera d'Afflitto, Gianni Canova, Marisa Caramella, Cesare Cases, Roberto Cazzola, Grazia Cherchi, Francesco Ciafaloni, Luca Oerici, Pino Corrias, Vincenzo Consolo, Vincenzo Cottinelli, Alberto Cristofori, Mario Cuminetti, Peppo Del Conte, Roberto Delera, Stefano De Matteis, Piera Detassis, Carlo Donolo, Ricc_ardo Duranti, Saverio Esposito, Bruno Falcetto, Maria Ferretti, Marcello Flores, Ernesto Franco, Guido Franzinetti, Giancarlo Gaeta, Alberto Gallas, Fabio Gambaro, Roberto Gatti, Filippo Gentiloni, Piergiorgio Giacchè, G_abriellaGiannaclù, Paolo Giovannetti, Giovanni Giudici, Bianca Guidetti Serra_,Giovanni Jervis, Filippo La Porta, Gad Lemer, Stefano Levi della Torre, Marcello Lorrai, Maria Madema, Luigi Manconi, Maria Teresa. Manda lari, Danilo Manera, Bruno Mari, Edoarda Masi, Roberta Mazzanti, Paolo Mereghetti, Santina· Mobiglia, Diego Mormorio, Maria Nadotti, Antonello Negri, Maria Teresa Orsi, Pia J>era, Cesare Pianciola, Gianandrea Piccioli, Giovanni Pillonca, Bruno Pischedda, Oreste Pivetta, Giuseppe Pontremoli, Sandro Portelli, Fabrizi'a Ramondino, Marco Revelli, Alessandra Riccio, Fabio Rodriguez Amaya, Paolo Rosa, Roberto Rossi, Gian Enrico Rusconi, Maria Schiavo, Franco Serra, Marino Sinibaldi, Joaquin Sokolowicz, Piero Spila, Paola Splendore, Antonella Tarpino, Fabio Terragni, Alessandro Triuli.i, Gianni Turchetta, Emanuele Vinassa de Regny, Tullio Vinay, Itala - Vivan, Gianni Volpi, Egi Volterrani. Progello grafico: Andrea Rauch/Graphiti Ricerche: Barbara Galla, Natalia Del Conte Pubblicità: Miriam Corradi Esteri: Regina Hayon Cohen Produzione: Emanuela Re Amministrazione: Rina Disanza Hanno contribuito alla preparazione di questo numero: il Goethe Institut di Roma, Paola Bensi, Franco Cavallone, Giorgio Ferrari, Carla Giannetta, Giovanni Giovannetti, Grazia Neri, Octavio Paz, Federico Varese, l'Associazione dei Cinema d'Essai di Torino, l'ufficio stampa della casa editrice· · Garzanti e la Libreria Popòlare di Via Tadino a Milano. Editore: Linea d'·ombra Edizioni srl Via Gaffurio 4 - 20124 Milano Tel. 02/6691132-6690931. Fax: 6691299 Distrib. edicole Messaggerie Periodici SpA aderente A.D.N. - Via Famagosta 75 - Milano Tel. 02/8467545-8464950 Distrib. librerie PDE - Viale Manfredo Fanti 91 50137 Firenze - Tel. 055/587242 Stampa Litouric sas - Via Puccini 6 Buccinasco (MI) - Tcl. 02/4473.146 LINEA D'OMBRA - Mensile di storie, immagini, discussioni. Iscritta al tribunale di Milano in data 18.5.87 al n. 393. Direttore responsabile: Goffredo Fofi - Sped. Abb. Post. Gruppo IMO% Numero 54 - Lire 8.000 Abbonamenti Annuale: ITALIA: L. 75.000 a mezzo assegno bancario o c/c. postale n. 54140207 intesta- ' to a Linea d'ombra. ESTERO L. 90.000 I manoscrilli non vengono restituiti. Si risponde a discrezione della redazione. Si pubblicano poesie solo su richiesta. Dei testi di cui non siamo stali ingrado di rintracciare gli aventi diritto, ci dichiariamo pronti a ollemperare agli obblighi relativi. Questa rivista è stampata su carta riciclata. I llNEDA'OMBRA anno Vlll novembre 1990 numero 54 5 7 18 22 23 28 34 36 Gianfranco Bettin Wolf Biermann Andrea Berrini Stefano Benni Giorgio Bert Alessàndro Baricco· Francesco Binni Franco MinganJi· La lingua della speranza. Razzismo e no Da cosa nasçe l'unità tedesca. Due interventi Korogosho, Nairobi. Un incontro con Alessandro Zanottclli Come nasce un best-seller Epidemiologia ·e storia. Su un saggio di Paolo Vineis Miseria e narrazione. Su Acheng Il sogno politico di Fredric Jameson U.S.A.: il tempo, il fumetto, la televisione e P. Giacchè in memoria di Miche! Leiris (a p. 26) eS. Esposito di Alberto Moravia (a p. 27), F. La Porta su Piergiorgio Bellocchio (a pa. 30), M. Caramella su Amitav Ghosh.(a p. 31 ), P. P. Portinaro su Capire la Germania di G. E. Rusconi (a p. 32), G. P. Piretto sulle fotografie -della Russia di Roberto Koch (a p. 33), Promemoria (a p. 85), Gli autori di questo numero (a p. 93). 41 60 53 74 77 78 80 44 65 70 82 46 _Wolf Biermann Christy Brown -JimCrace Maria Viarengo Toni Maraini EnzQRutigliano Daniele Gorret Anita Desai OctavioPaz Francesco Ciafaloni Claudio Baglietto P. M. Bhargava, C. Chakrabarti Cinque lieder Il figlio di mia madre e àltre poesie a cura.di Carla de Petris Sul calore Racconli italiani Andiamo a spasso? ·Ultimo tè a Marrakech Xantia Grande è la nostra fortuna La narrativa indiana oggi L'arciere, la freccia e il bersaglio. Su Borges con una nota di Ern,esto Franco Identità e memoria Lettere dall'esilio· a cura di Claudio Varese L'India, gli Indiani e la scienza . . 86 Graham Greene Il rom31Jzieree il cinema 89 Piergiorgio Giacchè La parte dello spettatore a teatro e S. De Matteis in memoria di Berùamino Maggio (a p. 88), M. Lorrai su·Meredith Monk (a p. 91), A. Baricco in ~emoria di Leonard Bcrnstein (a p. 92) La copertina di questo numero è di Franco Matticchio (distr. S_toriestrisce) •

Achi si abbona a Linead'ombraentro il 3 l· 12· 1990 un libro in regalo a scelta fra questi sette titoli: A. Loria E. Levinas K.Brandys G. Neri LA LEZIONE ETICACOME VARIAZIONI . DIMENTICARSI . . DI ANATOMIA FILOSOFIAPRIMA POSTALI DELLANONNA racconti saggio romanzo romanzo ClaudioLombardi Guerini & Associati · EdizionEi /O Marcos y Marcos J. Galtung E. Gaskell I.Bergman ISRAELE • LA VITADI FANNY PALESTINA: CHARLOTJE E ALEXANDER UNASOLUZIONE BRòNTE sceneggiatura NONVIOLENTA biografia saggio EdizionSi onda LaTartaruga ubulibri L'invio del libro scelto è condizionato all'esaurimento del til;)ln, nel qual caso verrà inviato un altro volume; è gradita quindi /'indicazione di ,ma seconda scelta. Vengonoriservate inoltre queste particolaricondizioni 1 Un risparmio di L. 17.0_00 rispetto ali 'acquisto in edicola. Il prezzo di copertina viene bloccato per un anno, fino al 31.12.90 l'abbonamento rimane infatti a lire 75.000. 2 Due numeri speciali a Lire 10.000: il numero doppio estivo e il numero speciale di dicembre che offre sempre in regalo una "plaquette" dedicata a un autore da noi particolarmente amato di cui pubblichiamo· testi inediti; n~ll'88 Elsa Mc:>ranten, e11'89 Aldo Capitini, quest'anno Carlo Leyi, con lettere e disegni inediti. 3 Uno sconto del 20% sul costo degli arretrati 4 Uno sconto del 20% circa (Lire 10.000 anziché Lire 12.000) sul prezzo di copertina dei primi cinque libri della nostra collana "Aperture", minimo due titoli (il volume di Aldo Capitini "Le tecniche della nonviolenza" è esaurito). Compilate il tagliando alle pagine 1 e 2 d} questo numero. Il pagamento può avvenire tramite c.c.p. n. 54140207 oppure assegno bancario o vaglia postale intestato a Linea d'ombra edizioni srl, Via Gaffurio 4, 20124 Milano - tel. 02/6690931.

ILCONTESTO La lingua possibile della speranza Razzismo e non razzismo Gianfranco Bettin "Oh Dio come è strano il mondo. L'immigrato è l'uomo quaJunque del ventesimo secolo. Non è così?" si legge a un certo punto nel Budda delle periferie, il romanzo di Hanif Kureishi (Mòndadori) che fin dalla prima pagina, dalle prime parole si presenta come un testo di quest'epoca di circolazione e fusione di etnie e razze e nazionalità: "Mi chiamo Karim Amir e sono un vero inglese dalla testa ai piedi, o qua<;i. La gente tende a considerarmi uno strano tipo di inglese, magari una nuova razza, dal momento che sòno il prodotto di due vecchie culture". È stata precoce in Inghilterra questa esperienza del confronto e dell'assimilazione, spesso traumatica e dolorosa. Il vecchio impero coloniale ha lasciato in eredità agli inglesi una larga misura del mondo, un'ottica vasta inscritta nello sguardo del dominatore e prolungatasi al di là del crollo. Londra è stata ben presto un crocevia e un punto d'approdo di traffici planetari, luogo d'immigrazione\ di ricominciamento, luogo di tensioni e speranze, di connitti razziali, e anche di incubazione di "strani tipi" come Karim Amir, cioè Kureishi, geniale sceneggiatore di film costruiti sullo sfondo di questa Londra, come My Beautif ul Laundrelle e Sammy e Rose vanno a le110 e di questo ·romanzo brillante e complesso sull'Inghilterra multirazziale. Avevo sentito dichiarazioni d'identità simili a quelle di Karim-Hanif una paio d'anni fa tra gli immigrati italiani in alcune regioni d'Europa. Svolgevo una ricerca sulle loro condizioni, sullo stato dell'integrazione e sulla voglia di tornare in patria in particolare delle giovani generazioni dcli' emigrazione, e mi sono imbattuto in una realtà molto diversa da quella che i committenti ipotizzavano. Durante le interviste i giovani, a volte giovanissimi · italiani all'estero si dichiaravano tranquillamente "europei e basta" qua5i tutti. Non tanto francesi, belgi, tedeschi o svizzeri, quanto "europei". Soprattutto nelle zone dove la loro condizione materiale era ancora difficile (in gran parte l'emigrazione italiana in Europa ha raggi4nto buoni livelli di integrazione e di benessere · economico) questa tensione sovranazionale si esprimeva inmodo più convinto. A Charleroi, in Belgio, nei distretti siderurgici e carboni ferì che la crisi ecm1omicaha segnato pesantissimamente, ho partecipato ad alcune assemblee dei lavoratori italiani e a un convegno dei giovani delle Acli (una delle maggiori organizzazioni dcli' emigrazione) in cui la richiesta di integrazione europea,. di unione, si poneva come l'orizzonte di tutte le altre rivendicazioni, tra le quali il diritto di voto almeno nelle loèali elezioni amministrative. Con molta fierezza, ripetutamente, numerosi intervistati si dichiaravano gli autenJici primi europei, di "un'Europa che non è quella dei mercanti e dei padroni o degli eserciti: l'Europa dei popoli". Alcuni erano anche, come dire?, anagraficamente e genealogicamente, oltre che linguisticamente, frutto di questa assimilazione continentale. Come la ragazza nata in Germania da padre siciliano e madre spagnola, o un altra, sempre nata in Germania, ma da padre pugliese e madre svedese. Ragazzi che hanno dunque almeno due e spesso tre lingue-madri, e due o tre "patrie". Mi era sembrato, allora, di vedere in carne e ossa il formarsi di un'Europa possibile. Non senza conflitti né pericoli, ma possibile, non solo di carta e di moneta, ma vera, vissuta. Tornai da quel giro nell'emigrazione italiana con un certo ottimismo. Tra l'altro gli emigrati che avevo incontrato, anche quelli ormai "garanti ti e benestanti" (cioè la gran parte), mi sembravano conservare un'umanità sempre piìi rara da vedere in Italia, non dimentica delle proprie radici né cieca, dopo la propria sventura scampata, ai drammi altrui, all'altrui povertà e ricerca di una speranza. Così nel parlare di sé moltissimi narravano degli ultimi arrivati, dei nuovi immigrati: non solo dei turchi, già da tempo presenti soprattutto in Germania, ma dei senegalesi, dei marocchini e tunisini e di tutti quelli provenienti dal mondo arabo, da tutta l'Africa, dall'Asia. Le loro condizioni apparivano intollerabili anche a chi ne aveva, a sua volta, a suo tempo, passate di brutte. Non mancavano, beninteso, accenti di rivalità, timori di concorrenza, e anche una sorta di ansia d'integrazione che-portava a marcare il distacco con questi "ultimi arrivati"., sottolineandone la diversità di cultura e abitudini, di religione, di colore, di stili di vita. Ma erano, questi, accenti rari e semmai più frequenti nei giovani che sapevano ormai pochissimo dell'esperienza dell'emigrazione, figli della seconda o terza generazione di emigrati italiani, i più integrati e più distan_ti dalla stessa Italia (che conoscono quasi solo come paese delle vacanze, condividendo per il resto pregiudizi e luoghi comuni diffusi all'estero). Così, insieme a un prudente ottimismo relativamente a una possibile Europa dei popoli, ne ricavai anche una parallela inqUietudine rispetto ali' incontro di questa Europa, anche di questa "popolare" e non solo di quella dei "padroni", con le nuove leve-dell'immigrazione, provenienti da fuori continente, dal mondo sconfinato e affollato della fame e della sete, della disperazione, della persecuzione. Quel mondo- a cui l'Occidente invia messaggi abbaglianti e ipnotizzanti, richiami di sirena irresistibili che sono presidiati dagli eserciti e dàlle tecnologie di morte più micidiali mai realizzate, l'arma più efficace e devastante di cui disponga. La questione degli immigrati extracomunitari, si è rivelata anche in Italia cruciale e difficile da governare. L'Italia, paese della lunga emigrazione, della recente povertà, eterno paese dei buoni sentimenti si e rivelata una terra spesso ingrata, ostile al viaggio e alla ricerca di un lavoro, di una casa, di una speranza. Giustamente Laura Balbo e Luigi Manconi nel loro I razzismi possibili (Feltrinelli) invitano a non esasperare i contenuti e i fatti reali presenti in alcuni episodi di razzismo, nonché a non sottovalutare le numerose difficoltà che la questione dell'immigrazione extracomunitaria implica come è emerso nel dibattito seguito a questo o quell'episodio di intolleranza o di vero e proprio razzismo e nella discussione 6:heha accompagnato l'iter della cosiddetta "legge Martelli" (analizzata nel libro dettagliatamente in u~ contributo del giurista Bruno Nascimbene e i cui primi effetti vengono valutati da Marina Forti). Nessun allarmismo, dunque. Nessun faèile ottimismo o utopismo sulla nuova società multirazziale e interetnica. Ma sono proprio Balbo e Manconi a notare çome, in questa vicenda, stia emergen_do un tratto particol~e della società italiana: il suo essere un "sistema monoculturale e monocolore; un sistema nazionale omogeneo, culmine di una storia lunga un secolo segnata dalla "monocultura religiosa" d:l cattolicesimo (altri paesi hanno invece un'esperienza di plur~1smo religioso), dall'omologazione linguistica, da un comune ~•po medio prevalente di italiano: "cittadino, lavoratore, cattol_1co, scolarizzato, bianco". Gli scartamenti da questo modello strido- •

IL CONTESTO no, inquietano, suscitano diffidenza e timore. A differenza 4i quasi tutti i paesi occidentali l'Italia si misura con la nuova immigrazione, la più "diversa" fra tutte, dall'interno di questo modello monoculturale (chiamato anche whitecentrism, biancocentrismo ), con possibili esiti di rifiuto e di conflitto. Di qui, l'ipotesi di Balbo e Manconi dei "razzismi possibili" oggi ancora latenti e potenziali per lo più, non sempre classificabili agevolmente, neppure sul versante politico. Più "imprenditori politici" infatti sipropongono di gestire i timori del biancocentrismo, dalla Leghe, più grezzamente ed esplicitamente, alle destre, allo stesso Pri di la Malfa. L'utilità di questo libro consiste proprio nel suo essere una tempestiva e accurata guida nell'Italia controversa di oggi, nel suo rapporto con coloro che ripercorrono, qui, le odissee. altrove (o anche qui, dal sud al nord) già vissute da molti italiani prima del benessere attuale. L'avviso a non gridare al lupo troppo facilmente non nasconde tuttavia i timori per quanto può accadere, per quel che di intollerante già è successo e succede. Pap Khouma,senegalese di Dakar, ha raccontato con l'aiuto di Oreste Pivetta il suo viaggio in quest'Italia in un libro di grande efficacia e di misurata e penetrante sobrietà, lo, venditore di elefanti (Garzanti). "Vengo dal Senegal. Ho fatto ii venditore e vi racconterò che cosa mi è successo". Ne succedono di tutti i colori a Pap Khouma e ai molti compagni che incontra sµlle strade d'Italia (con alcune puntate francesi, parigine). "Come ci si sente da clandestini?" si chiede subito il venditore che ha vissuto la sua -vicendaprima della legge di sanatoria e regolarizzazione: "Male", si r'isponde. "Oltretutto si entra in concorrenza con chi sta male quanto noi. Un immigrato deve subire, tacere e subire, perché non ha diritti. Deve reprimere dentro di sé ogni reazione, svuotarsi di Dal libia di LollaGolderer e Vito Scifo Stranieri a Milano, Mazzotta. ogni personalità, _subire con la consapevolezza che questa è l'unica possibilità". Attenendosi a questa avvertenza il senegalese, come altri di altri paesi, percorre l'Italia, si inventa mestieri, case, ripari. Incontra il razzismo, la diffidenza, incontra anche solidarietà, ne trova ovunque: nei bàr, nelle case, tra le forze dell'ordine a volte. Così come ovunque trova ostilità, anche' fra i suoi stessi compagni di ventura. Le storie sembrano ripetersi sempre uguali, come i rischi: il fermo, 1'arresto, il foglio di via, il sequestro della merce, la rissa fra concorrenti, e il freddo, la solitudine e la disperazione che spinge a vendersi o nella rete di spaccio della droga. Storie che ritroviamo anche in un libro uscito contemporaneamente e che narra ugualmente a quattro mani la vicenda di un immigrato tunisino, Immigrato (Theoria) di Mario Fortunato e Salah Methnani. Pap Khouma, con l'aiuto di Pivetta, spiega benissimo cosa lo spinge a lasciare il suo paese, a tornarvi e a lasciarlo ancora: non solo la povertà, ma anche il fatto che si tratta di "un Paese che ha perso la voglia di sognare". Lui ha sogni che qui chiamer~mmo, in qualche modo, "comunistici" e che solo i s3;zi e ipocriti moralisti ben pasciuti dell'occidente possono irridere - così come gli ipercomunisti nostrani con telecomando e carta bancomat rimproverano ai cittadini dell'est i loro desideri di "bei vestiti e belle scarpe" e "le luci e i cinema" (che sono i sogni di Pap in Senegal). Anche Salah Methani si chiede: "Sto partendo come un emigrante nordafricano o come un qualsiasi ragazzo che vuole. · conoscere il mondo?". Partire è comunque doloroso. Ancor più lo è mantenersi e resistere nel viaggio: "È un mestiere difficile, per gente che ha costanza e una grai:iforza d'animo, perché bisogna usare _legambe e insistere, insistere anche se tutte le porte ti vengono sbattute in faccia"; dice Pap Khouma. E Salah dice di aver temuto sopra ogni cosa di cedere al "grande vuoto dentro di

Pop Khouma e Oreste. Pivetta in.una foto di Vincenzo Coltinelli. me" e di smarrirsi in un senso di "definitiva indifferenza; di lontananza da ogni cosa". È un lungo e duro cammino, spesso umiliante, quello descritto. È anche il cammino dentro una possibile lingua nuova, che restituisca significato a parole svuotate di senso.nell'abuso, nell'incoerenza, nella retorica. Soprattutto nel libro di Khouma e Pivetta, in cui il linguaggio si mantiene secco, essenziale, prosciugato si direbbe dai geli degli inverni sulla strada, questo possibile ritrovamento dei significati si pro- · ILCONTESTO fila. Quando il padre m,anda a dire a Pap: "Non imitare i bianchi, non bere vino, non fumare. Se non ti metti a bere vino, se non ti metti a fumare, otterrai tutto quello che desideri. Se mi disubbidirai, non avrai la mia benedizione"; si sente che non c'è retorica, che quella è la pùra verità e che 9gni parola corrisponde a un'esperienza, a una necessità. E così lungo tutto il cammino. Un 'esperienza autentica, che è anche un'educazione linguistica, nel suo farsi restituisce credibilità ad aspetti della vita, e alle parole che li descrivono, altrimenti· screditati o semplicemente privati di valore e di senso nell'esperienza comune del nostro ricco e decadente paese. Le parole imprecise, spezzate, che pronunciano gli immigrati contengono una densità di significati, e una pregnanza, una cogenza per così dire, inaudita, inaudibile nelle parole dei loro interlocutori. L 'Italia che incontrano sembra spesso, un Paese logorroico e/o afasico, in entrambi i casi ipocrita quasi sempre. Lo stesso libro di Balbo e Manconi aveva messo in luce le contorsioni del linguaggio dei politici, o di semplici cittadini al confronto con la vicenda cruda ~egli immigrati. Uria sola stentata parola di questi ultimi risulta più vera dei fluviali discorsi degli altri. Ora sono racconti, quelle parole - "se una cosa la puoi raccontare, vuol dire che ti ha portato fortuna" dice infine Khouma, con un detto senegalese. Il suo libro finisce con tre righe di speranza, secche e semplici anche queste. ·si vorrebbe condividerla, fissare nella notte almeno "la misera stella della speranza" (come la chiama Ingeborg Bachmann). Speranza non solo per chi viene ma anche per noi, che in questo paese viviamo con disagio ogni giorno maggiore . • Da cosa nasce l'unità tedesca. Due saggi Wolf Biermann traduzionedi VandaPerretta Marcaré il proprio ·territorio Rivoluzione n'ella Rdt. Ero già quasi stanco di sperare e quindi sono stato sorpreso tanto quanto i miei vecchi e fedeli amici, i corrotti vecchioni del Politbtiro. La storia spinge da parte gli avversari.di ieri e svolta bruscamente a destra. Sgolatevi pure per una Germania patria comune, d'inverno importate ciliege dalla Nuova Zelanda, sventolate la bandiera nera oro e rossa, neri dalla rabbia, rossi dalla gioia, gialli dalla sorpresa, verdi e blu di speranza - io non vi seguirò. Non inghiottirò nemmeno più una sola cuçchiaiata di simili rancide speranze.-Non tremerò più per questo dilaniato paese. La Germania non è la tragedia dell'umanità. La ferita si chiude, altre se ne aprono e più profonde. Presto i tedeschi si rimetteranno in sesto e ritroveranno se stessi. Sulla Terra vegetano cinque miliardi di persone e noi facciamo comunque sempre parte di quel gruppo di cinquecento milioni di esseri umani che vivono nel benessere economico. In quesfi giorni la Ddr sta vivendo in uno stato di continua caduta libera. "Lo stato federale di Sassonia saluta il nostro cancelliere Helmut Kohl" recitava uno striscione a Dresda. La gente di Sassonia, Mecklemburgo, Turingia e Brandeburgo precipita sul suolo della legge fondamentale della Repubblica Federale di_Germania. L'occidente discute freddamente le modalità dell'impatto. E quando questo testo vedrà la I uce, forse la Rdt sarà già stata liquidata. Con la stessa ebbra cecità con cui i tedeschi sono andati . incontro al Reich millenario per poi marciare verso la guerra, così più tardi si sono divi_siper continuare a scontrarsi storditi e resi ciechi dalla rabbia. Ora Gorbaciov ha sollevato la cortina di ferro ed ecco i fratelli e le sorelle che tanto si odiavano gettarsi uno nelle braccia dell'altro resi ciechi dall'amore. E noi, gente di sinistra dell'Europa occidentale e orientale, stiamo a guardare con un sorriso ebete sulle labbra: Certamente al tempo di Ulbricht e di Honecker non sono mancati individui ribelli, isolati facinorosi, dissidenti, insoddisfatti e silenziosi oppositori. E alcuni di loro, in quella notte senza fine, sono stati, per la popolazione, simili a uria luce nel buio - come il pastore Brtisewitz che si diede fuoco sulla pubblica piazza. O come Havemann che con la sua provocatoria mancanza di paura rappresentò un esempio e uno stimolo per quanti sembravano perdere coraggio. O come le mie proibite canzoni che si aggiravano per il paese, copie di copie di nastri fantasmi, come lucciole nella oscurità. I conflitti interni del socialismo sono ora "neve dell'anno scorso". La via tedesco-orientale al socialismo non esiste più. Esistono solo due minoranze' ancora realmente interessate a un modello di vita socialista: i padroni di ieri e le loro vittime di elezione: cristiani di sinistra e sinistra radicale. La minoranza di opposizione degli anni bui già da tempo è ritornata a essere solo minoranza. Da quando a oriente è sorto il sole, il popolo risvegliato si stro7

IL CONTISTO Wolf Biermann nasce ad Amburgo nel 1936 da padre ebreo e comunista deportato adAuschwitz, dove morirà, per aver compiuto atti di sabotaggio contro il regime hitleriano. Nel 1953 Biermann si trasferisce nella Rdt. Studia filosofia, economia e matematica a Berlino. Lavora come assistente regista al Berliner Ensemble. A partire dal 1962 l'occhio vigile del regime lo controlla vietandogli di prodursi in pubblico, nel 1976 viene espulso dal paese e privato della cittadinanza. Il "caso" Biermann diventa il banco di prova del cç>raggiodi colleghi e amici, in un momento in cui il governo pone fine a quella linea "morbida" verso gli intellettuali seguita, più o meno, a partire dal XX congresso del Pcus. Dal 1976 Biermann vive ad Amburgo. Le sue opere, saggi, canzoni,' ballate e liriche, sono una straordinaria mescolanza di · raffinate memorie letterarie e Foto di Giovanni Giovannetti. dirompente presenza di una tradizione culturale plebeo-popolare, ripresa evissuta senzacompiacimenti di maniera. Di lui è reperibile in italiano la raccolta Per i miei compagni, a cura di Luigi Forte,,Einaudi 197/Y. piccia gli occhi per cacciar via il sonno. La maggioranza silenziosa ha finalmente la parola. Coloro che peJ quarant'anni hanno sempre inghiottito tutto, ora vomitano parole grosse. Brava gente che è sempre andata a votare in quelle che si defi_nivanoelezioni, come vitelli alla cavezza, oggi ruggiscono come leoni. Conigli che per tutta la vita avevano taciutò, e a ragione, urlano oggi Hel-m ut. Il giorno della visita del cancelliere a Dresda un gruppetto di persone reggeva per strada questo striscione: "Dallo stalinismo al capitalismo: no, grazie!" Circa tremila compatrioti li hanno insultati, sputacchiati e pestati. A reggere lo striscione éra il mio vecchio amico Bemhard T., un operaio sorvegliato e perseguitato per anni come appartenente alla opposizione di sinistra e detenuto nella prigione della Stasi nella BautznerstraBe aDresda. E proprio lui è stato gratificato del titolo di "troia della polizia rossa" e coperto di urla: "fuori i rossi", da una banda di fanatici della Germania-Germania. Un vero e proprio manicomio. Genté che ancora ieri accorreva a:ogni fischio del partito, fischia oggi sulla piazza di Lipsia chi osa anche solo esprimere qualche perplessità sul sacro morbo della ri1,mificazione. Le vittime più che pazienti del regime totalitario esigono ora una annessione totale e immediata alla Repubblica Federale. E chi, a gran voce, invoca ora vendetta, è chi ha sempre accettato tutto - chi non aveva mai aperto la bocca, ora schiuma di rabbia. L'odio per la Stasi è più profondo dell'amore per la libertà, e del resto ha solide fondamenta. Conosco molte brave persone torturate e incarcerate dalla Stasi. Tutti ne parlano con disprezzo, con amarezza e malinconica ironia, quasi come psicoterapeuti stremati. Ma toni da linciaggio contro quella odiata istituzione li ho sentiti solo da chi non si era mai ribellato. È la vergogna per la propria debolezza, l'orrore per la propria viltà, la furia contro la propria assassina pazienza nei confronti di quegli assassini a farli parlare. Quante volte questi che ora 8 sbraitano si sono morsicati la lingua, invece di· protestare, in quante riunioni hanno taciuto o addirittura hanno ingiustamente accusato gente innocente, quante volte hanno preferito non vedere quando invece avrebbero potuto aiutare qualcuno. Quanti innamorati si sono lasciati, quanti amici si sono vicendevolmente traditi. In quarant'anni si consolida un bel po' di miseria quotidiana. La barzelletta su Ulbricht rimasta a metà, perché uno sconosciuto si siede al suo tavolo. Quasi tutti si sono sporcati le mani, fosse anche solo per piccole delazioni molti simili a una spiata e spesso solo in nome di piccoli privilegi. Un siffatto sistema di sorveglianza totale non può funzionare senza la sporadica partecipazione degli stessi sorvegliati.L'odio per la Stasi è l'odio inconfessato per se stessi, per il piccolo dçlatore nascosto nel petto di ognuno, è l'odio verso se stessi in ogni sua possibile stortura, è la vergogna rimossa del servitore perfetto per la sua colpevole sottomissione. Le coscienze della gente, come le case, sono in ·uno stato di completa rovina. . Certo, si tratta dei servitori. Ma i padroni non_harinoun aspetto migliore. Tutta questa improvvisa sorpresa, questo infantile sgomento della Rdt nei confronti dello sperpero e del lusso in cui vivevano i rappresentanti del vecchio potere, mi sorprende. Non è questione dei dieci videoregistratori messi al sicuro in un congelatore da Willi Stoph 1 e Harry Tisch 2 • Non vorrei mai andare a ficcare il naso nel comodino di Margot Honecker per recuperare uno stock di arricciacapelli occidentali e dieci bottiglie di very old scotch whisky. E non mi turba nemmeno che i miei compatrioti, destatisi dal loro lungo sonno, manifestino tanta meraviglia. Ma quei gangster dei mezzi di comunicazione di. massa occidentali, gente priva di scrupoli, dovrebbero sapere quale è il vero lusso in questo mondo. Lo "Spiegel" ha avuto il coraggio di· pubblicare la fattura di un gioielliere svizzero, a testimonianza dell'acquisto di una parure di gioielli completa di bracciale, collana, anello, orecchini e spilla ... destinati a ornare il collo vizzo di Margot Honecker, per la somma- che non ricordo esattamente - di circa novemila marchi o forse franchi svizzeri, il che poi non cambia molto. Paccottiglia a buon mercato, se è stata pagata così poco! Qui da noi, in occidente, qualsiasi dentista è solito fare lo stesso regalino alla moglie offesa per farsi perdonare di aver portato l'amante nella casa di Maiorca. Sarà anche vero che il vecchio Honecker aveva una piscina di IO x 17 i:netri, ma è roba da far ridere i polli. Ad Altona un farmacista su due; e ad Amburgo un commerciante su tre vive con più lusso. Hanno predicato acqua, mentre di nascosto bevevano vino? Osservazioni del genere sono scopiazzamenti tardivi e mediocri da Heinrich Heine. Personalmente trovo molto più grave il fatto che la classe al potere predicasse apertamente vino, per ingozzarsi di sangue in segreto. Se è vera la mia falsa lettura di Marx, eccomi di fronte a una modifica di quella fondamentale legge politico-economica della storia per, cui in ogni socÌetà ciò che importa è distribuire la ricchezza raggiunta nella maniera più in}quapossibile, e, al tempo stesso, evitare che la gente protesti. E così sarà anche per il futuro. D'altra parte applicare questa legge con successo è una operazione da equilibristi provetti, perché il livello di sopportazione di coloro che vengono sfruttati è una grandezza variabile. Ma gli stalinisti non hanno fallito per simili, correggibili errori. Le ingiustizie sociali noll' hanno avuto effetti disastrosi, devastante è stato il fatto che i nostri bonzi, con il loro sistema politico, hanno fatto in modo che non si producesse più nessuna . ricchezza da distribuire pQi secondo giustizia. La stessa cosa è avvenuta con il lusso che i padroni feudal-socialisti sapevano strappare alla miseria generale, un lusso povero, pi_ccoloborghese.

/ E proprio queste ricchezze straccione sono l'indice del loro fallimento anche come sfruttatori. I nostri bonzi avevano barche lussuose? Andavano a caccia? Adoperavano Omo per i loro. bucati a Wandlitz 3? Coprivano di privilegi la loro progenie? Una dacia per il week-end di una figlia viziata? Una bella macchina per un figlio poco intelligente? Banalità risibili. In occidente i ricchi fanno le stesse cose, solo molto più in grande, con più stile e senza rimorsi di coscienza. Del resto hanno avuto più tempo per elaborare una cultura del potere, non sono neofiti del soldo e del potere come i nostri. Il socialismo non rappresenta più un fine cui tendere. E la gente non vuole più sentir parlare di un socialismo da] volto umano. Nel 1968 Dubcek aveva infiammato i nostri cuori proprio con una tautologia del genere. Anche quysto è passato. Si è concluso un vasto esperimento su cavie umane. Peccato, ma in fondo è stata anche una fortuna. Persino la più volgare delle annessioni alla Repubblica Federale è sempre meglio di tutto quello che è stato. lo, a direi I vero, avevo in mente cose tutte diverse. Ma il compito della storia non è certo quello di esaudire i desideri del povero Biermann. E io desideravo chiaramente l'impossibile: una nazione tedesca in grado di soddisfare non solo i propri miopi bisogni, ma anche di trovare, proprio grazie a1lasua sperimentala capacità di fare, un modo per evitare la pacifica autodistruzione del genere umano. Ma visto come stanno e come andranno avanti le cose, la mia gioia può solo èssere tutta negativa. Sono contento che i miei vecchi nemici abbiano subito una tale sconfitta, e auguro ai criminali <lollaStasi tempi durissimi. Sono felice e non provo nemmeno un'ombra di compassione se penso a11'idiozia di Mielke 4, ali 'impudenza di Markus Wolf 5, al rimbambimento di Hager 6 e a11e'menzognedi Hermann Kant. E auguro tutto il male possibile a Gtintc~Mittag 7 , nazista che ha saputo prontamente riciclarsi, e al suo temuto Wolfgang Biermann, direttore generale delle officine Zeiss di Jena. Ma che accadrà al popolo, c~e improvvisatosi poeta in dialetto. sassone ha saputo urlare una frase veramente originale come questa: "Il popolo siamo noi!" E anche la variante successiva era destinata a piacermi: "Siamo un solo popolo!" "Germania, Germania!" urlava a mo' di saluto la gente venuta ad ascoltarmi sulla piazza del duomo di Erfurt. Certo siamo un solo popolo e tale vogliamo essere. Ma che tipo di popolo? Questa è la domanda cruciale. Nella mia nuova canzone Ballata dil an Gat sotto il cielo di Rotterdam dico: Due mezzi porci non fanno ancora una patria intera. Sto vivendo la riunificazione come un'infame commedia rosa, un grossolano, rozzo matrimonio d'amore. Un disgustoso bellimbusto tedesco carico di soldi sposa la cuginetta povera e maltrattata, appena uscita daJI'ospizio. Eppure, qualcosa c'è che non funziona! La povera ragazza,dell'est, in realtà, non è .poilanto povera. Infatti, tra tutti i paesi del blocco socialista, la Rdt rappresentava fino a poco tempo fa un paradiso di benessere. E adesso, proprio in un mondo che muore di fame e di sete, la Rdt appartiene a1piccolo ed esclusivo Club dei super ricchi. Chi fugge con la sua Trabant nel paese della Mercedes scappa forse da11'ottavo paese più ricco del mondo per andarsi a rifugiare nel terzo paese della terra in ordine di ric~hezza. Honecker e i suoi ipocriti seguaci avevano avuto l'impudenza di dire la metà della verità definendo la Rdt un paese prospero. Ma il Cancelliere Kohl e gli squali della riunificazione che gli fanno corona sono ancora più impudenti con l'altra me'tà della verità, quando affermano cioè che la Rdt non è altro che un mucchio di rottami privo di valore e che non potrà salvarsi senza l'annessione immediata alla Repubblica Federale. E la Cecoslovacchia? Un paese ancora più IL CONTESTO malridotto della Rdt! Si annetteranno anche quello? L'Ungheria continua imperterrita ad andare avanti appoggiala a1suo bastone. La Polonia fedele è il ritratto della miseria e l'Unione Sovietica è ridotta a dover rosicchiare la sua falce e martello. Tutti questi paesi si salveranno solo se Helmuth Kohl deciderà di adottarli al più presto? Tutto ciò, osservato dalla prospettiva dcli 'Etiopia, appare come un cinico gioco. La mia fantasia politica arrivava a malapena a11afine di questo meraviglioso·anno '89: cacciare i bonzi, va bene. Spodestare la ·Stasi, ancora meglio. Abbattere il muro, benissimo. Arrivavo addirittura a immaginare una rivoluzione senza spargimento di sangue e obsolete barricate. Per anni e anni ne avevano parlato e · cantato. Oggi la realtà ha fatto schiudere i nostri sogni. E dalle uova sono sgusciati fuori animali tutti diversi da quelli che avevo sognato: più coccodrilli che usignoli. Ancora una volta la realtà ha dimostrato di possedere più fantasia di qualsivoglia creazione poetica. Le pasquinate insolenti a' commento delle quotidiane polemiche politiche, tutte le · allegre canzoni fatte di veleno e bile che ho gettato nella mischia, tutti i versi cbe ho scritto nel dolore o nel riso scivolano adesso dalla storia attuale nella storia della lètteratura. A novembre la Ballata del poeta proletario Max Kunkel del/' azienda di Stato Leuna aveva ancora la forza di un urlo. Adesso, due mesi più tardi, non è altro che un appuntino da studenti in vena di copiato, a uso di una coscienza storica che voglia difendersi da un troppo disinvolto oblio. Hans Modrow: chi era costui?. e chi erano Honecker e Ulbricht, Axen 8 e Schnitzler 9, e che cosa fu mai la Stasi? Può darsi che un giorno, quando avremo raggiunto tutto, io non avrò raggiunto altro che un nuovo inizio, da capo. Il mio concerto di Lipsia cominciava con questa canzone. E così dovrebbe essere anche per la Rdt, un inizio, nuovo davvero. Ma l'inizio da capo si rivela oggi come una annessione in coda. Non per me. Io ricomincio da capo. Adesso non ho più . bisogno di fare il grillo parlante. Adesso non posseggo più la verità di chi è nell'opposizione, e finalmente ho smesso di avere ragione. La vecchia commedia è finita. Escono dal palcoscenico, insieme, i soliti cattivi e i loro oppositori, la nuova commedia è ancora tutta'da scrivere. Questa rivoluzione mi ha liberato da un personaggio e da una parte sempre uguali. La voce nel deserto può ora smettere di urlare, anzi può addirittura balbettare o ~cere. Non mi resta altro da fare che un 'ultima verifica di cassa intellettuale e raccogliere gli ultimi spiccioli di utopia comunista. In mano mi rimangono monete senza valore, un po' di soldi messi da parte facendo la cresta. Malgrado tutto è chiaro che resto sempre della mia opinione: Non riesco a soffocare il mio sogno di una società più giusta. Un sogno più antico di tutto quanto si sia mai chiamato comunismo. Antico come l'umanità, un sogno che è stato continuamente soffocato perché continuava sempre a risorgere. Alla ricerca di un futuro possibile, c9me tanti altri, anch'io, in tutta la mia insicurezza, vado scavando esempi dal passato. Sgomento come sono ho riesumato dalla naftalina della storia i comunardi, l'eroico popolo parigino massacrato nel 1871. L'ho fatto senza pensarci, eppure non può essere stato un caso: nelle mie nuove canzoni mi è capitato di citare tre volte questa vecchia sorgente di speranza. Come un bambino nel buio canto la Commune de Paris e la sua democrazia radicale. Forse il cimitero del Père Lachaise è il nostro ultimo spazio, forse la mia utopia sente sotto i piedi un terreno solido solo dove esso è imbevuto dal sangue dei Comunardi. E forse un camino del crematorio di Auschwitz è l'unico sul quale un barbaro come me è ancora in 9

IL CONTESTO grado di scrivere ùna poesia. Avrei tanto voluto far parte della maggioranza. 'Costellazioni storiche assai poco frequenti possono rendere possibile il godimento di una ~e limitata, ingenua felicità. Vaclav Havel la sta vivendo in questi giorrii. Il primo di dicembre, dopo venticinque anni di interdizione e dopo tredici anni di permanenza in occidente, mentre stavo andando a Lipsia per il mio concerto, ho respirato l'aroma di questa fuggevole felicità. La felicità di una contradditoria euforia. · Ero agli ultimi mesi di gravidanza. Gli ultrasuoni avevano detto a me e a mia moglfo che sarebbe stato solo un maschiettò. Il bambino sarebbe dovuto nascere il giorno del concerto ma la mia bella consorte dal pancione rotondo fu irremovibile. Con dolcissima ·irragionevolezza affermò la sua decisa volontà di voler essere al mio fianco nel giorno in cui, dopo tanto tempo, sarei tornato a cantare nel mio paese. Avevamo già scelto il più bello dei nomi. Ma dove sarebbe nato questo nostro David? Quel primo di dicembre partimmo per Berlino orientale. Arrivati ali' Adlershof, corsia di sinistra, poi a destra sino all'incrocio con l' Adlergestell. L'autostrada intorno a Berlino mi sembrava simile a una pista, ogni buca, ogni scossone ripòrtava in vita un ricordo. Rangsdorf: Ronald Paris, il pittore. A destra la strada per Wilhclmshorst dove aveva abitato il poeta Peter Hu- . che!. Mi venivano in mente memorie antiche. Peter Huchel è morto. E Ronaldo Ronaldini 10 col suo pennello di regime, che oggi avrà voltato gabbana cercando di riverniciare la sua miseranda cahie.ra. Passiamo davanti a Michendorf, il famigerato Motel della Stasi sull'autostrada. Poi a sinistra in direzione di Lipsia, verso sud sino alla familiare pubblicità sul Teutscher Turm: plasticaelastica. E subito prima di Dessau, il ponte sull'Elba, malandato come sempre e come sempre a una sola corsia, e come sempre in lentissima, impercettibile riparazione. (Come nella barzelletta: Perché le autostrade della Rdt-sono così disastrate? perché dal '45 Hiller e i suoi maledetti nazisti non le hanno mai più ripar~te ...). Orinai ero preparato all'idea che il bambino sarebbe venuto al mondo a Lipsia, perché no? Lipsia, città di eroi famosa e fatiscente. All'altezza di Halle-Bitterfeld una fermata per sgranchirèi le gambe e fare il pieno. Stato di allerta a causa dello smog. La gente comelopi in un grande esperimento chimico. Una cappa di nebbia gelida teneva fermo al suolo il fumo acido delle officine Leuna. In principio dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso. E poi l'uomo creò le aziende chimiche di Halle-Bitterfeld. E la terra ne fu devastata, coperta di umori fetidi, gli uqmini tossivano sino a sputare l'anima e l'aria era tenebra nel comunismo. Alla fine arrivammo a Lipsia e faticosamente, nel buio, raggiungemmo il capannone n.2 sul terreno della Fiera. Un cubo di cemento enorme, 5 gradi sotto zero, niente riscaldamento, non una sedia, non una panca, niente di niente. Da una parte una specie di scena con un podio e un altoparlante a destra e uno a sinistra. Provai i suoni e pensai con raccapriccio al concerto. Nel capannone era tutto un'eco. Qualsiasi chiesa, al confronto, era un ambiente dall'acustica ideale. Orologio alfa mano, avevo calcolato. che ogni suono, come una palla da biliardo, rimbalzava fischiando contro le pareti di cemento, per sei secondi. Le parole si accavaliavano, i suoni si sovrapponevano uno all'altro. E sapevo che la situazione non sarebbe migliorata con la salà piena di pubblico. Avrei pianto di autocommiserazione sl!lla mia pietosa figura, se non fosse stato invece tutto così ridicolo. Quello spazio immenso si riempì a poco a poco di una massa enorme di gente. Pieno, pieno, pieno. Cinquemila spettatori con 10 regolare biglietto, tremila portoghesi. Le luci piantate sulla mia testa, erano state prese in prestito da un complesso rock: una specie di grill. La gente era imbacuccata, con cappotti e berretti; io, in maniche di camicia, sudavo. Il concerto: bello da spezzare il cuore, sentimentale e aggressivo e amaro e allegro - per me il pendant di un altro concerto, quello di Colonia il 13 novembre del 1976. La gente di Lipsia mi testimoniava il suo entusiasmo e io la ricambiavo ..Fu quello che si definisce un trionfo, se non si tiene conto di quanto era costato il tutto. Vecchie canzoni, canzoni nuove. Krenz era ancora al potere, per poco. La Ballata dei vecchioni corrotti sotterrata da applausi e risate: urla scatenate a ogni frecciata contro le odiose canaglie di prima. Ma nel corso di quelle tre ore e mezzo la sala si vuotava senza che una sola persona si allontanasse. Un miracolo! Come nell'esperimento di fisica con le figure sonore di Chladny, la gente si ammucchiava dove iJ•suono era meno violento. Tutti stretti uno all'altro, come pecore infreddolite su un prato. E Wolf, il lupo, urlava nella notte gelida. Invece avrei dovuto cantare col gelo di un professionista per l<:;masse dell'est e dell'ovest sedute comodamente davanti alla televisione nelle loro case, ignare di quel fracasso infernale. Ma non ne sono stato capace. Capivo che un paio di migliaia di derelitti intirizziti hanno molta più forza di un paio di milioni di ascoltatori anonimi seduti davanti al video al caldo delle loro càse. ·E così ho cantato per quelli che avevo davanti in quella ghiacciaia. Ho cantato malissimo: in maniera grossolana, troppo forte, ostentata, eccessiva. Ho urlato sino a diventare rauco. Non suonavo, tempestavo quella povera chitarra, una piccola Weissgerbcr che di solito suona da sola, accompagnando la mia voce con un capriccioso contrappunto tutto suo personale. Adesso invece la chitarra mi veniva dietro trottellerando, uno spettacolo pietoso. Me ne rendevo conto benissimo e questo peggiorava le cose. Volevo forzare la situazione al massimo. A nessuno piacciono le figuracce, e poi dopo tanto tempo! Maledetto concerto! Ero furioso contro il compagno destino che mi aveva cacciato in quel capannone miserabile. Certo, dopo, gli amici mi hanno consolato con tutte le parole che un artista vanitoso ama ascoltare dopo un concerto. Ma il disagio mi appariva esagerato, come la carie di un molare che alla lingua appare però come una scalfitura. · La sera seguente presi parte; come ultimo dei sette nani, a una "cantata" nella casa dei giovani artisti a Berlino orientale, cosa buona e giusta. Bettina Wagner e Stephan Krawczyk e Gerulf Pannach e a.Itri cantautori della Rdt, tutti insieme sullo stesso palcoscenico, una piccola imbarazzata riunificazione canora pantedesca. Ah, e Eva-Maria Hagen, madre terrena della celeste· Nina. La migliore di tutti. Eva cantò la Ballata dei tanti aborti e Sarò sempre quella dell'est - e la gente dell'est drizzò le orecchie, il cuore ci saltava nel petto, e tutti insieme ascoltavamo cantare gli angeli. li 3 dicembre, giorno di riposo, decisi con mia moglie di passare d,ùl'altra parte della città attraversando il confine della Invalidcnstrasse. Solo per fare un giro, dare uno sguardo, abbandonarsi ai confronti e ai ricordi. Un capitano della Sicurezza di Stato infilò i nostri 'documenti nella macchina apposita e la cosa prendeva troppo ttmpo. Quasi per scherzo dissi: - Che fine farete, se le cose vanno avanti così? L'uomo rispose come avrebbe parlato un bambino. - Signor Biermann, ci hanno raccontato tante bugie ... già ... e per questo ho sacrificato otto anni della mia vita ... _:_Che lavoro faceva prima?_:. ho chiesto. - Meccanico. _: Un buon lavoro ...

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