lsaach De Bankolé nel film di Claire Denis. smanie pedagogiche e cattolicheggianti. Filmato con precisione e freddezza da cinemaverité, con Wla sènsibilità e un'attenzione utilmente rivolte a cogliere e a far parlare le differenze invece che a costruire il caso umano con tutti i derivati rischi di patetismo, S' enfouJ la mort è un film bello e importante. Un film che parla di dignità e di fedeltà alla propria identità culturale, ma anche- fuori da false autoco lpevolizzazioni o sbrigative vie d'uscita- della problematicità di far convivere passato e presente, ,i propri e gli altrui, e modelli di esistenza inconciliabili, senza imporre cancellazioni adattive e anestesie del sentimento. A differenza del per altro apprezzabile Pummarò nazionale, di cui riconosciamo le buone intenzioni, nell'universo della Denis non c'è spazio per i santini né per quei viaggi all'inferno in cui l'inferno è tutto e solo esterno a chi lo attraversa. (Maria Nadotti) MARIA LUISA BEMBERG: YO, lA PEORDETO0AS Nel prologo del suo bel saggio Suor J uana Inésde laCruzoLastrampasde lafe, uscito in Messico nel 1982, Octavio Paz scrive: "Il mio è W1 tentativo di restituzione: voglio restituire alloro mondo la Nuova Spagna del diciassettesimo secolo, la vita e l'opera di Suor Juana. A loro volta, la vita e l'opera di Suor Juana restituiscono a noi, lettori del ventesimo :;ecolo, la società della Nuova Spagna del diciassettesimo secolo. Restituzione: Suor Juana al suo mondo e noi al suo. Esperimento: questa restituzione è storica, relativa, parziale. Un messicano del ventesimo secolo legge l'opera di una monaca della Nuova Spagna. Possiamo cominciar.e." Presentando il film Yo, la peor de todas, adattamento da lei curato e diretto del testo di .,Paz, la regista argentina Maria Luisa Bemberg (suo anche il bellissimoCamila; mai distribuito in Italia) ha detto: "Da quando iniziai a dirigere film, nove anni fa, presi la risoluzione, . o l'impegno se si vuole, di cercare di cambiare, anche solo minimamente, l'immagine spesso negativa che si dà delle donne· nel cinema, attribuendo loro ruoli quasi sempre secondari e stereotipati. Quando lessi lo stupendo saggio di CINEMA Octavio Paz su una monaca messicana poetessa del diciassettesimo secolo, rimasi abbagliata da questa persona fuori dal comune che pensava come una donna del ventesimo secolo, precorrendo i tempi e anticipando Virginia Woolf nel reclamare per sé 'uno spazio proprio'. In piena Inquisizione fu uno spirito libero. Il suo talento, la sua lucidità, la sua bellezza, m1iti a un'insaziabile sete di conoscenza e ali' audacia di pensiero, fanno di lei m1'autentica eroina contemporanea, di una solitudine tremenda". Yo, lapeor de todas, presentato fuori concorso· a Venezia come omaggio alla Bemberg (m10 degfi otto giurati di quest'anno), nasce dunqll_eda W1 corto circuito. Il limpido, dotto e fluviale testo di Paz (certamente non la più politica tra le molte biografie dedicate di recente alla poetessa messicana; mal' elenco dei testi alternativi, quasi tutti nordamericani e dichiaratamente femr1?-inisti,e soprattutto dei pesanti giudizi critici - sempre femministi-riservati all'operadelmessicano e alla sua oggettivante passione per la ricostruzione storica, li rimandiamo a un altro momento) fa da esca al discorso della regista argentina. Gli ingredienti ci sono tutti, a partire da W1 personaggio esem- . plare, Juana Ramfrez che, ventenne e dotata di tutte le possibili virtù, va, di sua volontà e in assenza di vocazione religiosa, a rinchiudersi in convento, per sfuggire al normale destino di matrimonio e maternità che altrimenti, come ·donna, la attenderebbe. Ciò che la persuade a quella che, più che una rinuncia o un sactificio, sì presenta come una lucida e felice scelta dì libertà è la passione per ciò.che solo "nell'alto silenzio della solitudine" sa e può darsi: la concentrazione del pensiero e la forza creativa. Suor Juana è infatti mossa dalla "curiosità" eche nessuno ci venga a parlare dì narcisismo - 'dal gusto dell 'esplorazioné intellettuale, dello studio, della ricerca. In altre parole, Suor Juana non ha paura del suo desiderio dì conoscenza, né conosce alla curiosità contropartite suffi- . cienti. Condensando molto (la durata del film è di un'ora e quarantacinque minuti contro le.seicento pagine del saggio) e scegliend_odi raccontare soprattutto "per immagini", la Bemberg ha fatto un film colto e popolar!! insieme, un film - per citare le parole della regista - "per qualsiasi tipo di pubblico. A me non piace lavorare per le élites. Per capire la mia Suor Juana non c'è bisogno di essere gente di cultura". E a ragione. · Esclusa la via del pamphlet ideologico, ma anche quella del melodramma a sfondo psico-. logico, della biografia romanzata o del romanzo storico (pur avendo inantenuto il marchio d'epoca dei costumi e di una rigorosa se pur essenziale ricostruzione d'ambiente), la Bémberg ha scelto di raccontare la vicenda di Suor Juana attraverso una serie non lineare di sequenze deliberatamente stàtiche, minimali, povere e stilizzate ai limiti dell'astrattezza. Una carrellata fredda di· tavole pittoricamente appiattite e compresse, mai naturalistiche, che fanno da contenitore volutamente stretto alla . sovrabbondanza del personaggio e da controcampo severo, disegnato sui principi di economia, equilibrio e simmetria, ai turgori e agli eccessi dell'età barocca nella Nuova Spagna dell'Inquisizione e degli autodafé. (Maria Nadolli) AKI KAURISMAKI: HOASSOLDATOUN KILLER Jean·PierreLéaud e Aki Kauri~maki. Sarà questo il periodo blu di Kaurismaki, depurato per il suo ultimo film dei lasciti postpunk e a contenuto modernista di Leningrad Cowboys Go America ? Blu elettrico è la Londra in cui si muove 1'. automaJean Pierre Leaud (un ritorno straordinario), blu le pareti delle case disagiate, blu turchese le coperte, ancora blu gli oggetti che accompagnano l'odissea del protagonista. Il quale, dopo il licenziamento e uno sguardo desolato all'agendina vuota di indirizzi, vorrebbe darsi la. morte. E ci prova, con la corda che si stacca e il gas. che · finisce per uno sciopero improvviso. Pez:WlO che vive l'orrida Inghilterra della Talcher, non resta altra soluzione che quella di assoldare un killer che lo ammazzi a tradimento. Ma appena stipulato il contratto, ecco ché, vistò che non c'è nulla da perdere, il nostro omettoBristow può concedersi il fumo, l'alcol e l'amore per la bella fioraia. Aki Kaurìsmak:i, WlO che non scherza, lo dice sempre: "Finché c'è da bere, c'è speranza". Il protagonista del film 'scopre la verità di questa affermazione, ma è troppo tardi per sciogliere il contratto di morte: sarà costretto a fuggire all'inseguimento del suo killer, già pagato e ansioso di portare a temiine il lavoro prima di morire di cancro. Raggiunta la sua preda, si ammazzerà davanti a lui con un colpo in bocca. Incontro sublime tra due sfigati, insomma, com'è nella logica di · Kaurismak:i, marginale per scelta e per gusto. Si ride freddo, con certi brividi lm1go la schiena, al gioco cinematografico del finlandese. Ma si ride per l'assurdo che è la vita negli strati bassi della società. E persino la morte. Al di là del meccanismo serrato della sceneggiatura, la grande idea di Kaurismaki è stata quella di affidare il ruolo principale a un Jean Pierre Leaud ingessato· e immoto, inespressivo alla maniera di Buster Keaton, raggelato di disperazione insensata. E come sempre, nel cinema di Kaurismaki, i derelitti della società postin- •dustriale diventano nuovi eroi bogartiani. Perché Humphrey, in ogni film, veniva dal basso e si vedeva. (Piera Detassis) 01
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