Linea d'ombra - anno VIII - n. 53 - ottobre 1990

• UN ANGELO ALLA MIA SCRIVANIA Incontro con Janet Frame a cura di Liuba Songini Janet Frame è forse il caso più sorprendente di una scrittrice tra le più importanti della letteratura contemporanea, indicata anche come candidato al premio Nobel per la letteratura, ma ancora pressoché sconosciuta al pubblico occidentale. Scrittrice molto prolifica, inmeno di quarant' anni di attività si è cimentata nelle più diverse forme letterarie, con notevole successo di critica: dai racconti ai romanzi, dalla poesia ai racconti per bambini.all'autobiografia. La narrativa della Frame si inserisce nella migliore tradizione letteraria neozelandese, vale a dire quella iniziata da un'altra scrittrice, Katherine Mansfield, e proseguita da scrittori contemporanei come Frank Sargeson, Maurice Gee, Charles Brasch, Fiona Kidman e appunto Janet Frame. All'interno della narrativa femminile, la Frame si presenta come una scrittrice di grande spessore intellettuale, che pur traendo forza dalla letteratura e dallo studio dei classici come Shakespeare, Hardy, Rilke e soprattutto Virginia Woolf, possiede tuttavia una propria originalità creativa e la capacità di trasferire nelle sue opere un universo immaginativo complesso e problematico. Il mondo dell'immaginazione è la dimensione vitale di questa autrice, forza propulsiva e creatrice che permea e attraversa i suoi romanzi e trasferisce il significato dell'espressione linguistica ai margini dell'alfabeto, oltre il semplice valore denotativo della parola. Il suo è un mondo variegato, in cui i personaggi e la storia narrata trasmettono un significato metaforico in bilico tra narrativa e lirica. L'attenzione di questa scrittrice si è da sempre focalizzata sul processo creativo e sui suoi meccanismi e sul ruolo dello scrittore; i I vero soggetto della sua narrativa, al di là dei temi tradizionali dell'amore, della vita, della morte e della guerra, è la scrittura stessa e la parola che ne è lo strumento primario: la parola scritta è parte integrante della vita di Janet Frame, e l'autobiografia da lei pubblicata in tre volumi può essere considerata anche come l'itinerario che essa ha percorso per giungere all'affermazione della propria visione artistica. Conversando con Janet Frame emerge in modo evidente la sensazione che scrivere sia per una condizione essenziale, senza la quale non potrebbe esistere come persona. Ci si trova di fronte, dunque, a un•artista che pur non perdendo mai il contatto con la realtà quotidiana e con i problemi che coinvolgono l'umanità, vive in una sua dimensione immaginativa (che lei di volta in volta definisce come Mirror City, third eye, o Room two inches behind the eyes), nella quale esplora le sue possibilità creative e analizza al contempo l'animo dell'individuo mettendone a fuoco sogni, desideri, sofferenze, debolezze, prospettive. Janet Frame abita nel villaggio di Shannon, circa cento chilometri a nord di Wellington, fra Levine Palmerston North, due fra i maggiori centri dell'isola. La casa, un vecchio cottage in stile coloniale ben tenuto, si trova appena fuori dal paese, immerso nel verde dei prati della vallata, circondata unicamente dai campi di alcuni contadini. Durante il colloquio la Frame mi mostra una poesia, composta anni fa, che descrive in modo esatto il luogo in cui vive dal 1988. Si intitolaTheP/ace: Theplace where the floured hens/ sat laying their breakfast eggs,/ frying their bacon-coloured combs in the sun/ is gone./ You know the place - in the hawthom hedge/ by the wattle tree/ by the railway line./ I do not remember these things/ - they remember me,/ not as a child or woman but as their last excuse/ to stay, not wholly to die. (The Pocket Mirror, 1967, pp. 11) Nel momento in cui cominciamo l'intervista mi rendo conto che la · scrittura rappresenta per Janet Frame il suo unico modo di comunicare. Gli inizi sono molto indecisi, la sua voce evanescente, quasi un sussurro, le sue risposte lapidarie. Sovente durante la conversazione mi ripe tè: "I feel inarticulate". E in un certo senso tanto quanto la sua scrittura è potente, sicura dei propri mezzi, ricercata, tanto la sua espressione 66 verbale è traballante, lenta, diafana e con lunghe pause. Ma trascorsa la prova di fuoco delle prime domande, pian piano il colloquio prende una forma più decisa e Janet non si nasconde più dietro la su!iinarticolatezza. Con molta pazienza si sottopone al mio "interrogatorio", che durerà ali' incirca quattro ore, con una sola interruzione per dar da mangiare alle galline e alle oche e raccogliere le uova. Per due volte mi chiederà di spegnere il registratore, riemerge la sua insicurezza per il giudizio degli altri. Dopo aver spiegato a Janet Frame gli argomenti di cui avremmo parlato nella nostra intervista posso finalmente accendere il registratore. Alle prime domande risponde alquanto evasivamente, poi quando si comincia a parlare della sua terra, la tensione si scioglie. Jonel Frame ·in·uno foto di liubo Songini. Il suo legame con laNuovaZelanda è moltoforte, specialmente con l'Isola del Sud, dove è nata, più primitiva e selvaggia dell'Isola del Nord. Da giovane ho abitato nella selvaggia Isola del Sud, dove mi sembra di aver realmente vissuto. Il paesaggio era molto simile a questo, senza gente, solo gli animali, il cielo, gli uccelli e i campi. Da bambina ero abbastanza felice, passeggiavo da sola, trascorrevo il tempo osservando, ascoltando le creature intorno a me e guardando gli insetti. Se fossi stata in una città avrei osservato le auto e i colori delle auto, e la gente.

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