STORlli/BISHOP Se cercavo di suggerire, con i miei modi da aula scolastica, che c'era "realismo" e "realismo" o di chiederle cosa volesse dire con la parola "realismo", mi guardava con aria torva, ferocemente ... verso la luce una negativa fotografica: ci si chiedeva come si sarebbero poi sviluppate le sue opacità e le·sue trasparenze. Il corso che offrivamo si intitolava Come Scrivere ed era reclamizzato nelle riviste meno care di agricoltura e di cinema che si vendevano nell'Ovest Era del tipo "Anche voi potete guadagnare scrivendo", con frasi entusiastiche, ma le parole erano scelte con cura. Potevamo insegnare a tutti, quale che fosse il livello di istruzione, qualsiasi ramo dell'arte della scrittura, dai · reportages alla pubblicità, al romanzo e ogni studente riceveva la personale attenzione e l'esperto consi'glio di autori di successo, capaci di far soldi, come Mr. Hearn e Mr. Margolis. C'erano otto lezioni e l'intero corso, da pagarsi in anticipo, costava quaranta dollari. All'epoca in cui ci lavorai la scuola aveva soltanto circa centocinquanta "studenti" iscritti, ma e' era stato un periodo poco prima in cui gli iscritti erano stati molti, molti di più, e molti erano nuovamente previsti, mi sembrò di capire, non appena i corsi fossero stati "revisionati". C'era stato un gran rivolgimento nel recente passato, che aveva provocato la perdita della maggior parte degli studenti, e per qualche motivo, ogni cosa, tutte le circolari, i moduli dei contratti e le "lezioni" dovevano essere immediatamente revisionate e nuovamente ristampate. Ecco perché, in modo saltuario, si dovevano impiegare tante dattilografe. Tutte queste revisioni, comprese le otto lezioni nuove, le faceva Rachel. Se ne stava seduta con tutt'intorno a lei il "materiale" precedente della scuola tagliato in strette strisce tenute insieme da una molletta. C'erano anche mucchi di circolari di scuole per corrispondenza rivali e alcuni strani libri cii testo su come comporre o sul genere del racconto, dai quali lei estraeva le frasi più dogmatiche, o anche para,grafi interi. Quando lavorava sul serio, lavorava con estrema rapidità. Sembrava di sentire due o tre macchine da scrivere invece di una, e le tesissime dattilografe continuavano a entrare correndo e a ritornare nella stanza illuminata dal lucernaio con il nuovo materiale come velociste della staffetta. Ma Rachel passava gran parte del suo tempo a parlare con me o a guardare cupamente fuori dalla finestra la neve che cadeva. Una volta disse: "Perché non scrivi una bella poesia su quella neve?". Qualche rara volta, spandendo un gran odore di whiskey, si seppelliva cupamente per tutto il pomeriggio in un nuovo romanzo proletario. Non vedevamo quasi mai Mr. Black. Riceveva i numerosi visitatori- uomini che gli somigliavano molto- nel suo ufficio. Offriva loro il caffè istantaneo George Washington che scaldava su di una stufa di marca Stero, da cui proveniva un odore sgradevole attraverso il muro divisorio. Ogni tanto portava il caffé anche a noi, in tazze comprate ai grandi magazzini per dieci centesimi di vetro verde opaco dagli orli molto ruvidi, tanto che ci si poteva tagliare. Chiedeva: "E come va la ragazza di Vassar?" E guardava da dietro le spalle la lettera che stavo lentamente producendo con tre o quattro dita sulla macchina da scrivere e diceva: "Bene! Bene! Va benissimo! Agli studenti piacerà molto! Agli studenti piacerà molto!" e mi dava una poco gradita pacca sulla spalla. A volte diceva a Rachel: "Dia un'occhiata a questo. Lo.metta da parte; metta la copia nell'archivio. Lo adopereremo di nUovo." Rachel emetteva allora un udibile gemito di esasperazione. . Fu qui, in questo posto rumoroso, nonostante tutto quello che avevo letto e che mi avevano insegnato e che avevo creduto di sapere prima, che il misterioso temibile potere della scrittura mi· apparve per la prima volta. O forse, poiché "scrivere" significa tante cose diverse, il potere della parola stampata, o perfino di quella Parola con la maiuscola il cui significato mi era sfuggito fino ad allora, ma che mi fu poi improvvisamente, se pure sporadicamente, chiaro. I nostri annunci specificavano che quando qualcuno scriveva per avere.informazioni sul corso, doveva mandare un esemplare della sua scrittura, una "storia" di qualsiasi tipo, di qualsiasi lunghezza, per la nostra "analisi" e un mandato di pagamento di cinque dollari. Noi gli mandavamo la "analisi" e gli dicevamo se aveva o no la stoffa per diventare uno scrittore di successo. Tutti quelli che ci scrivevano, a meno che non fossero analfabeti, avevano la stoffa. Poi lo studente doveva completare la prima lezione - credo che fosse "Chi/lfO Resoconto" o "Scrittura Descrittiva" - entro un mese e rimandarcela con i successivi irentacinque dollari. Noi "analizzavamo" quel che rei aveva mandato e lo rispedì varn0 insieme alla lezione numero due, e così chi .lo richiedeva era ammesso al corso. Ora non ricordo tutte le lezioni, ma ce n'era anche una di "Pubblicità" da qualche parte. Gli studenti dovevano scrivere degli slogan per reclamizzare pompelmi, pane e liquori. Perché si insistesse sui cibi e sulle bevande non so, a meno che anche questo non fosse un segno dei tempi. TIcorso prevedeva anche un racconto e una "Confessione Veritiera". Quasi tutti gli studenti confondevano irrimediabilmente i due generi. Anche i loro primi esemplari di scrittura tendevano a ricadere nella forma della "Confessione Veritiera". Questo primo esemplare, allungato e tagliato, censurato o ravvivato, e la prima lettera a Mr. Margolis che lo accompagnava, costituivano il compito più interessante per · tutte le persone coinvolte. Il mio lavoro consisteva nello scrivere una analisi di ciascuna lezione in cinquecento parole, se ci riuscivo, e quante più analisi mi riusciva di fare al giorno, con l'aiuto di una collezione di lezioni e di analisi precedenti da tenere come modello. Dovevo anche scrivere una breve risposta personale alla inevitabile lettera che arrivava insieme a ogni lezione. Dovevo incoraggiare lo studente se perdeva ogni speranza e scoraggiarlo fermamente se mostrava un qualche desiderio di volere indietro i suoi soldL Henry James ha detto una volta che chi voglia aspirare a essere scrittore deve scrivere sul suo stemma una sola parola: "Solitudine". Nel caso dei miei studenti il loro desiderio non era quello di tenersi alla larga dalla società, ma quello di entrarci. Il loro problema era che sul loro stemma la parola "solitudine" era stata iscritta a loro dispetto, e dunque essi aspiravano a diventare scrittori. Le lettere che ricevevo erano scritte senza eccezione da persone che soffrfva'no di una terribile solitudine in tutte le sue forme più conosciute e in altre alle quali non mi ero mai sognata di pensare. Scrivere, specialmente scrivere a Mr. Margolis, era un modo.per essere meno soli. Essere stampati e essere "famosi" sarebbe stata una scorciatoia istantanea verso l'identità e una fuga dalla solitudine, perché allora ci sarebbero stati ammiratori, amici, amanti,-corteggiatori eccetera. Nei moduli che riempivano, gli studenti scrivevano la loro età e la loro occupazione.C'erano molti ragazzi che lavoravano nelle fattorie come mandriani o braccianti. Uno di loro scriveva le sue lezioni in stampatello, non lo stampatello che si insegnava nelle 63
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