Linea d'ombra - anno VIII - n. 53 - ottobre 1990

Quando mi laureai a Vassar nel 1934, durante la Grande Depressione, il lavoro era mal retribuito e difficile da trovare. Forseproprioper queste ragionia me e a moltemiecompagnedi studi sembravadoveroso trovarneuno, che ne avessimoo no la necessità.Lo spirito dei tempi e, naturalmente,quellodella mia classe al college, era radicale; eravamopuritane e politicamente color rosa.Forse ci sembravavirtuosolavorareguadagnando,in un anno, assai meno di quel che la nostra educazioneera costata alle nostrefamiglie.Per questomotivo,per il bisognodi avere un po' più di denaro, per una sorta di oziosa curiosità e, temo, per puro masochismo, avvenne che rispondessi a un annuncio del "Time~"e accettassi un lavoropressouna scuola per corrispondenza, la U.S.A. School of Writing. Per prima cosa ebbi un colloquionellà sede della scuolacon il direttore, o presidente - così egli definiva se stesso.La sua primae inauguraleosservazionefucheU.S.A.SchoolofWriting stava a significare "The United States of America School of Writing".La sua spiegazionemi incantò e mi fece immediatamente cadere nella trappola. Ma ora capisco che ero fatta su misuraperMr.Blacke che lui si deveesserementalmentefregato le mani e leccato i baffi per tutta la durata del nostro breve colloquio.Non sapevo battere a macchina- almenonon bene; volevo'fumarementre lavoravo,il che era contro il regolamento anti incendio;e non c'era cosadi cui fossi esperta.Ma venivoda Vassare mi avevanopubblicatounraccontoe trepoesie.Nonero affatto consapevole dei miei punti di forza; probabilmente il direttoremi avrebbeassuntoanchese avessi chiestoventicinque dollari alla settimana invece dei quindici cne mi offriva, ma naturalmente l'idea non mi sfiorò affàtto. ProbabilmenteMr. Black stava già pensando a come inserire il mio superlativo curriculumscolasticoe lamia carrierapubblicisticanelleprossime circolari. · C'era tuttavia una piccola condizione. Almeno per qualche tempo avrei dovuto adempiere ai miei doveri nella scuolacon il · nome di Fred G. Margolis, che era stato il nome, non del mio predecessore, ma di uno di quelli che l'avevano preceduto. Risultò che alcuni degli studenti di Mr. Margolis seguivano ancorail corsoe dovevanoriceverei compiti correttie firmatida lui, e che io sarei stata Mr Margolis fino a che costoro non avesseroottenuto il diploma.Allora sarei potuta ridiventareme stessa, e guidare nuovi studenti. Io penso che se fosse stato possibilemi sarebbe piaciuto continuarea essereMr. Margolis. Anche a lui avevanopubblicatoqualcosa, sebbenenon riuscissi a scoprirecosa. E lui, o loro, dovevanoessere stati bravi scrittori di lettere, oppure persone ancor più oziosamente curiose·di quanto non lo fossi io, oppure semplicemente uomini di buon cuore, a giudicare dal tono delle lettere che ricevetti a nostro nome.E infattidopo di allorae ancoraper molto tempocontinuai a pensareche Mr. Margolis era il lato nevroticamente"gentile" della mia personalità. La scuolaera al quartopiano, l'ultimo, di un vecchioedificio in rovinavicinoa ColumbusCircle.Non c'era ascensore.Avevo accettato- ma "accettato" non può ;ssere la parolagiusta- il · lavoro a fine autunno, e ora mi pare di ricordare che quando emergevodalla metropolitanaa Columbus Circle stava sempre piovendoonevicandoemi vedoconsempreindossounvestitodi STORII/BISHOP lananero,unimpermeabile,legalosceel'ombrello. Dall'androne buio partivano·tre rampe di scale cedevoli e maleodorantiche sapevanodi ferro caldo, sigari, stivali di gomma o noccioli di pesca- ultimi rantoli, questi,delle attività - quali che fossero - languentidietro le porte e le insegne. La U.S.A. School consistevadi quattro stanze:una piccolissimaanticameradove un'unica ragazza sedevada sola,battendo amacchina- battendoamacchimiesattamentequelche stavano battendoa macchinale suecolleghenella grandestanzadietrola sua,comescopriiin seguito,masuppongoche fossestatap~ata lì per tenere lontano un qualche inaspettato allievo che avesse decisodi visitare la scuola di persona. Alla parete dell'ingresso c'erano alcune foto: ritratti di Sinclair Lewis e di altri scrittoriprivi di laurea. Poi c'era la stanza grande, illuminatada una luce grigia a causa di alcuni lucernari carichidi fuliggine e di nevè,ma con le luci sempre.accese,una stanzain cui c'erano da sei a dodiciragazze. Il numerocambiava ogni giorno e le ragazze erano sedute davanti a macchine da scrivere di vecchissimo modello, e battevano a macchina le "lezioni" della scuola. All'altra estremità cli questa stanza, che dava sulla strada, c'erano altre due stanzetteminuscole;una era l'ufficio di Mr. Blank e l'altra l'ufficio di Mr. Margolise di Mr. Hearn. Mr. Hearn era una donna alta, molto grossa, bella, di circa trent'anni, di nomeRachel,conocchialicerchiatidi cornoneroe una voglia nera sulla guancia. Rachel e io eravamo alquanto costrettenei nostri posti di combattimento.Lei fumavafuriosamente, in continuazione, e io fumavo moderatamente, e non avevamoilpermessodi tenereapertalaporta a causadellepovere transitorie dattilografe, che non potevano fumare e che se ci avesserovisteavrebberopotutodichiararesciopero,odenunciarci allapiùvicinastazionedeivigilidel fuoco.Conpioggianebbia e nevefuori,e fumodentro,vivevamo in un soffocanteisolamento grigio e lanoso, come se fossimo in un bozzolo.L'odore era quello di una vettura ristorante alla fine di un lungo viaggio. Lavoravamovoltandoci le spalle, ma avevamo sedie girevoli e passavamogran parte del tempogirate l'una versol'altra, con le ginocchiache quasi si urtavano, e due sigarette•accese sotto il naso dell'altra, a parlare. Ali'inizioRachelfumoltovillanaconme.Nellamiaingenuità nonmi rendevoconto che era a causa delle stimmatedi Vassar e dellamia carriera letteraria,ma i suoi modi prestomigliorarono e arrivammoperfino a piacerci,conmoderazione.Erasoprattutto Rachela parlare.Avevamoltoda dire;volevacorreggeretuttigli erroridellamiaeducazionescolasticae, cometantialtria quell'epoca, voleva che mi iscrivessi al Partito. Per evitare il tragitt~ insiemea lei fino al quartiergenerale, e la "tessera", cosa che s1 sarebbepotuta facilmentefare durante la pausa per il pasto, una volta deciso di metter fine a quell'assurdità, le dissi che ero anarchica~Ma non servì a molto.Nonostante i miei principi,mi trovai alle corde a cercar di difendere il tentato assassinio, da parte di Berkam,'del socio di AndrewCarnegie,HenryFrick,_e . dopodi allorapassavole sereallabiblioteca~ellaquaranta~ues1: ma strada tra i libri catalogati sotto An nel disperatotentativod1 chiuderelabocca a Rachel.Per qualchetempofui incontattocon una organizzazioneanarchicadel New Jersey (scopriiche sono 61

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