Linea d'ombra - anno VIII - n. 53 - ottobre 1990

IL CONTESTO in recuperi e riabilitazioni sbalorditive, oppure in revisioni e condanne definitive. Da Einstein a Lancillotto, da Don Giovanni aPavese, da Togliatti ad Andreotti (ormai così celebre da risultare postumo), c'è un filo evidente di collegamento, quello di una gratuità che è conquistata e vissuta come il definitivo trionfo e superamento dell'antica "libertà" di pensiero. La gratuità e la vastità di un patrimonio di nomi, di titoli, di copertine, di figurine, che valgono più come estetizzazioni che come riduzioni dei contenuti cui ailudono: in mezzo alfl}azzo certamente si deve scegliere e 'lo si fa con sfacciata determinazione, tanto si sa che almeno una volta all'anno si può cambiare il proprio guardaroba. Eppure la coerenza non manca, né manca una certa divisione del lavoro al posto del vecchio "gioco delle parti". Il programma comune sembra essere quello di una ripulitura asettica del nostro piccolo mondo e della sua storia: le grandi forze politiche e il grande dibattito si occupano di revisionare e ripulire il Passato da ogni contraddizione e violenza, da ogni soperchieria e compromesso che non sia in linea con gli attuali traguardi del pacificato vivere civile, mentre in particolare i piccoli dibattiti e le forze di minoranza alternativa attendono alla delimitazione e focalizzazione del Presente, sviluppando ragionevolezze e buonsensi di facile uso e di pronta presa sugli innumerevoli aspetti del quotidiano, attraverso i. quali si intende "migliorare la qualità della vita". In questo secondo ambito il concorso e la concorrenza delle "idee" è esplosa già da tempo. Una volta rivendicato come "politico" il ménage della socialità e le piccole riparazioni che urgono nel quartiere, un esercito di candidati e di eletti si è già sbizzarrito in un'assalto partecipativo senza precedenti. Sono spesso però mancate le visioni di insieme, si sono spesso tradite 22 le vecchie "programmazioni", ma- sul piano ideologico- non manca più un manifesto che conforti e nobiliti questo tipo di impegno. "Pensarein piccolo. La disciplina del pensiero che lo rende efficace non è la generalizzazione, ma lo spazio circoscritto, . insieme all'azione personale. Mentre il governo e le regioni 'studiano' e organizzano i loro grandi piani, nessuno fa nulla. Ma il semplice uomo che, rifiutandola delegaalla tecnologiae agli esperti, è disposto e ha voglia di pensare con la propria testa alle cose che ha davanti sta già risolvendo ·il problema. Una persona che cerca di essere un buon prossimo per i vicini di casa avrà una concreta comprensione di cosa sia il lavoro per la pace e la fratellanza perché lo sta già facendo. Un uomo e una donna che rièscono a mettere insieme un buon matrimonio e a tvar su dei figli sani e moralmente competenti servono il futuro· del mondo in modo più deciso e sicuro di qualsiasi avanguardia politica, anche se non pronunciano nemmeno una parola in pubblico. Un contadino che si dedica con intelligenza a combattere l'erosione del suolo su mezzo ettaro di terra ha una compreqsione più chiara di questo problema e sta facendo di più per risolverlo di qualsiasi esperto che ne parla in generale. Una persona che si sottomette alla disciplina di migliorare il suo modo di vivere aiuta di più la natura e la gente di cento che non fanno altro che protestare affinché il governo e le industrie cambino i loro comportamenti. Il pensare in piccolo, a scala umana, il fare mente locale contiene oltre tutto la principale possibilità per rendere operante ogni visione universale, per scoprire nel microcosmo i riflessi, le radici, la parentela genetica éon il macrocosmo." La lunga citazione, completa di sottolineature e virgolette, è tratta dalla Mozione politica generale della XII Assemblea Federale Straordinaria delle Liste Verdi (tenutasi quest'estate a Trani e nota per l'apporto dato al processo di unificazione dei Verdi italiani) e si commenta da sola. Anzi non si commenta affatto e rende ingombrante e forse inadeguata la lunga premessa con cui si è invano tentato di introdurla. Certo non ci è possibile inquadrarla: certe Idee pesano come e più dei fatti, sono terminali e termini del pensiero e servono proprio a scoraggiare di ragionarci su. Quello che spaventa è che.l'ideologia non vi è «sottesa» ma «sovrapposta», cioè appena intravista nel cielo dove sono diretti gli sforzi e i proponimenti di questo nostrano "green/pensiero": le forme dogmatiche e apodittiche di cui l'intero documento abbonda - e altri numerosi e dolorosi stralci potrebbero essere esibiti come prova-sono piuttosto il risultato di una disperata esigenza di raggiungere le Idee che di far discendere norme e orientamenti da esse. Sono piuttosto risultati dell'urgenza di trovare ricette comportamentali e soluzioni positive immediatamente distribuibili e fruibili nel Mercato, e del complementare desiderio di evitare di perdersi nell'esercizio difficile di una cultura critica. Lo affermano gli stessi estensori del documento quando ammettono che "la nostra ribellionecontrola societàdel benessere è troppo viziata dalla mentalità consumista", e sperano di salvarsi nella riduzione e nella regressione del pensiero piccolo e della prassi tascabile, come fossero un gruppo di teatro. E l'arcipelago verde è difatti composto da "piccoli gruppi" che, isole per definizione e per compiacenza (se non per la convenienza elettorale come molti malignamente cominciano a suggerire), da troppo tempo contemplano il loro limite scambiandolo per un vantaggio. La produzione degli interventi utili e coraggiosi dei Verdi non ci sembra cresciuta, almeno non quanto il processo di logorante ed esaltante autocoscienza e non quanto le gratifiche elettorali e pubblicitarie ricevute. Forse proprio quel parlarsi addosso in isolamento e questi eccessivi applausi e riconoscimenti hanno insieme spinto verso la teorizzazione espe-

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