Linea d'ombra - anno VIII - n. 53 - ottobre 1990

IL CONTESTO Disegno di Mogrille. solo con se stesso, di fronte a se stesso e alle proprie responsabilità. E questo vale per gli individui ma anche per le organizzazioni, i partiti, i sindacati, gli schieramenti. Cosa sarebbe stato, senza la prospettiva comunista, disincarnata, ridotta a puro riferimento simbolico ma tuttavia vigente, e senza le sue mediocri prefigurazioni (i famosi, invisibili "elementi di socialismo"), per esempio, il compromesso storico? Sarebbe apparso per quello che era: un governo con la peggiore Dc, ossia una soluzione politica insopportabile. Ora, la deformazione prospettica consentita dall 'orizzonte comunista ha fatto sì che quella insopportabilità non sia apparsa tale ai militanti del Pci-che infatti l'hanno speditamente digerita- mentre era chiarissima fuori da quel cerchio magico che era l'identità comunista - e la dimostrazione sono stati i milioni di voti che hanno abbandonato il Pci molto prima del trapelare della Cosa ... Opportunismi politici e intellettuali, carriere e fortune, debolezze e incoerenze della sinistra e dei suoi esponenti sono stati, in questi 50 anni, coperti e protetti dal mito della società futura. E se "quelli del No" temono che ammettere l'ovvietà - quel sole è tramontato - apra la strada a ogni degenerazione etica, io preferisco pensare che, ora, ogni alibi cade; e le degenerazioni passate e presenti non possono continuare ad autogiustificarsi in nome e alla luce del futuro. Il secondo nodo politico e culturale onsiste nella più o meno aperta negazione di un dato storico decisivo. Detto schematicamente, a molti del No sembra impossibile esprimere davvero critica e antagonismo se non si è comunisti. Sembra che qualunque elaborazione di· idee e programmi d'opposizione non abbia senso o forza se non è in qualche modo compresa o riassunta nella tradizione e prospettiva c_omunista.Sembra che non presentandosi come comunisti cada l'autentica garanzia di essere critici antagonisti, alternativi. Questa posizione rivela, oltre a un visibile rigurgito di settarismo, una spettacolare ignoranza (o, ancora, falsificazione) storica: nell'Italia del Novecento ci sono stati esempi altissimi, estranei o antagonisti alla tradizione comunista, di opposizione 18 rigorosa alle forme politiche e ai valori dominanti. La tradizione liberal-socialista, quella democratico-radicale, quella del pacifismo cattolico, quella del socialismo libertario e quella dei marxismi eretici, proprio sul piano di valori oggi ritenuti decisivi anche dai neocomunisti - il pluralismo, un rapporto aperto con la società e i suoi diritti, i suoi bisogni e le sue libertà, o la nonviolenza, per esempio -, hanno avuto pienamente ragione quando il Pci ha avuto pienamente torto. Se non altro per questo, quell'idea che fuori dal comunismo ci sia la perdizione dell'adesione acritica al capitalismo, dell'omologazione, del 1'craxismo", è ridicola. Tradizioni e singole esperienze non comuniste hanno mantenuto la loro rigorosa "diversità" anche quando l'antagonismo della tradizione comunista visibilmente declinava. Riconoscere che non si può semplicemente assumere quelk esperienze non è solo atto di onestà storica. È anche un gesto decisivo di consapevolezza e credibilità politica: solo la fusione e il superamento di quelle culture possono ancora lasciare loro qualche fecondità. · Questi mi sembrano le caratteristiche e i motivi più rilevanti nella subcultura del No. Ma se dovessi dire dov'è davvero il nodo di ima resistenza che se per certi aspetti è, come ho cercato di spiegare, perfettamente "razionale" e funzionale, per altri aspetti mi sembra sinceramente incomprensibile, metterei in primo piano elementi psicologici ed esistenziali. · Quelli del No mi sembrano mancare soprattutto di generosità e di fantasia e non riuscire proprio per questo a rinunciare a difendere a ogni costo la propria identità e il proprio patrimonio. Come se la piccola, incerta, sofferta consolazione di sentirsi dalla parte dei vinti valesse più della fatica, lo sforzo, il rischio di superare le ideologie che non hanno abbastanza aiutato quei vinti, non sono servite a evitare la sconfitta. È evidente che il motivo nobile di questa resistenza del No è la paura che il tramonto del comunismo (o meglio: la pubblica ammissione di quel.tramonto) lasci s~nza opposizione né alternative (e dunque abbandoni quei vinti). E strano che chi prova questi sentimenti ignori, o finga di ignorare, la paura giusta, l'ipotesi che si deve davvero temere: che proprio i ceti deboli, i gruppi sociali indifesi, i valori della sinistra, restino essi davvero senza difesa, per la mancanza di una forza credibile e coerente che li sostenga. Non potendo vantare questa credibilità e questa coerenza qualcosa che si senta o si dica comunista. La radicalità dell'opposizione che il comunismo ha suscitato tra i migliori cittadini dei paesi socialisti, i più impegnati, onesti, solidali (gli stessi che qui sono, o sarebbero, o dovrebbero essere, la sinistra), quella radicalità irriducibile che porta a manifestare ancora contro ogni residuo, rigurgito, ipotetico pericolo di neocomunismo, ha fatto definitivamente piazza pulita di antiche~sottili, abili distinzioni. Che poi, nonostante le buone intenzioni, finivhno più o meno tutte nel luogo comµneflell 'applicazione sbagliata di principi giusti (o "abbastanza ...", "almeno in parte ...", "a patto che ..."; insomma con le avvertenze e le limitazioni che abbiamo tutti imparato). Spiegazioni, ripari di fortuna, autodifese del genere sono rese impossibili anche dalla radicalità della sconfitta del comunismo italiano, alle prese adesso, di colpo, con tutte le ambiguità, le doppiezze, i cadaveri (non solo figurati, ahimé) sepolti nella s4a storia. Questa resa doi conti, insopportabile fino ali' oscenità per molti versi ma prevedibile e necessaria per altri, è il frutto di una sconfitta che si è comunque consumata. Rifiutarsi di prenderne atto e reagire con una pura esibizione di orgoglio (che è poi il rovescio speculare e complementare di quello che Gramsci chiamava "il 'piagnonismo intellettuale' di chi ha avuto gli ideali· infranti") non è solo sciocco e sbagliato: è suicida

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