Linea d'ombra - anno VIII - n. 53 - ottobre 1990

reazione:la falsificazionepoliticadiventa immediatamentefalsificazionestorica,conlapurainvenzionedi unPcimaiesistito,per esempiocheha difeso"da almenovent'anni...lapienaespressionedellelibertàpolitiche",comesostenevaundocumentofirmato da alcuni storici (!) sul "Manifesto"del 2 dicembre '89. La cifra politico-culturaledella tesi di una svolta a destra è tipicamenteterzintemazionalista,secondo il ritualeche prevede accuse ideologiche virulente e non provate, demonizzazione delleopinionialtrui, trasformazionedell'avversarioin nemicoe suadistruzione.E bisognadirec.hequi il nemico- laCosa- sta per uscire distrutto anche dalle lacerazioni e falsificazioni di questosuo primo anno di quasi vita. Ma questimetodi,questiargomentie questocostumepolitico sonol'espressionedi unaculturadecaduta,insterilita,ossessionata dalla propria autoconservazione.Tre elementi mi sembrano caratterizzarla.Il primo è cheessàrispecchiaunaabitualereazionepiùpsicologicachepoliticaalla sconfitta:laderivaestremista. .. Alla radice c'è - ecco l'elemento psicologico- il rifiuto di ammettereil rovescioe di riconoscerei pr9pri errorie leproprie responsabilità;il rifiuto, insomma,di mettere in discussionela propria identità. È un meccanismo che chi ha partecipato ai movimentidegli anni Sessantae Settantaha potutoosservarepiù volte.E inmodoesemplaredopola sconfittapost-'77, quandola scelta terroristaesprimevachiaramente,più che una prospettiva politica evidentemente impossibile, l'esigenza individuale di riaffermare le proprie ragioni e di ribadire la propria identità. Fatte (fortunatamente)le debiteproporzioni, si assistenel Pci a una derivasimile:quandosi odonoinsignie sempiternidirigenti lamentarela mancanza,oggi, di "una critica generalee organica al capitalismo",oppure si vedonomilitanti.abituatia millecompromessie mille consociazionirivendicare la propria tetragona "diversità", si-provasmarrimentoe stupore,ma anche,·aessere sinceri,disgusto. Non solo per il residuo e ormai tenue rimpiantodi chi si è trovato di fronte e contro proprio quei dirig~ntiquando quella · "critica generale e organica" ha provato - anche sbagliando, s'intende- a farla, in periodie dentromovimenticollettiviche sembravanorenderlaattuale(mentreora, soprattuttocomeparola d'ordine generica e polemica, è totalmente priva di senso e prospettiva).Non tanto per questo, dunque, anche se quel sentimento va onestamenteconfessato. Ma perché quella riscoperta dell'estremismo nasconde un vizio ideologico e intellettuale sommamenteitaliano: il rifiuto della realtà, alle cui lezioni si reagisceaffermandoenfaticamentei dirittie imeritidellapropria identità. Quasi che questa identità,così faticosada raggiungere e cosìutileper affrontarelebuferepubblichee privatedellavita, Pietro lngrao in una foto di F. Garufi (LuckyStar da "Panorama"). ILCONTESTO fossetroppopreziosaper esseremessain discussione,qualunque sianole lezioni dei fatti e le necessitàdella politica. Maevidentementeè proprionel tipodi reazionealla sconfitta il segretoche spiega questapsicologia politica.La sconfittasembradipoterdire-appare più leggerase si hala consolazione di conservarele proprie certezze e la propria identità,.di poter "ribadireèocciutamentele proprie ragioni". Esempioanche,questaorgogliosaespressionepiù volteripetuta, di un interessanteversantelinguisticodegli argomentidel fronte del No. Ma ancora più significativoè un altro esempio fraseologico:il sublime"Nonabbiamonulladi cui vergognarci",· davantial qualeil fairplay di unnoncomunistasimpatizzantedel nuovoPci non può che vacillare:nulla di cui vergognarsi!? Eppureè proprio questa frase, dilagante nei dibattiti e nelle lettereai giornali,nelleconversazionipubblichee in quellesotto forma di autocoscienza,a rappresentare lo specchio forse più fedeledella cultura dell'area del No. Anche qui credo di poter risparmiareai lettori un elenconon solo di idee,principi,valori, mapropriodi uomini,del destinodi persone in carnee ossa, del quale ìl Pci (e non solo il Pci, ma tutti i comunistiin tutte le loro varianti,eresiecomprese)dovrebberovergognarsi.Ma, datoche questaritrosia a provareo mostrarevergognaè attitudinetipicamenteitaliana,nonvi risparmieròla citazionedelLeopardidello Zibaldone: "Se noi dobbiamorisvegliarci una volta... il primo nostromotodev•essere, non la superbia né la stimadelle nostre cose presenti, ma la vergogna. E-questo ci deve spronare a cangiarestradadel tuttoe rinnovellareognicosa...". Inquel"Non abbiamonulladi cui vergognarci",insomma,c'è tuttal 'appartenenzaaquelladoppiatradizione,comunistae italiana,di cui ilPci ha sempremenato vanto. E invecela cultura comunistaha.più delle altre culturedella sinistrada vergognarsialmenodella liquidazionedelle speranze di trasformazione, dell'investimento di passione civile e di mobilitazionecollettivache il Pci degli anni Settanta ha dissennatamentedisperso. Ma in realtà è inutile dilungarsisu questo: non è difficile per nessuno, ormai, stabilire di cosa il Pci può andarefiero e di cosa no. E alloraperché ripeterelo slogan "Non abbiamonulla di cui vergognarci"?Ma perchéè il più popolare, facile,comodomoto di reazione alla sconfitta, agli smascheramentie alle vendette della storia. Salva la continuità, lascia la coscienza tranquilla, riduce ogni trasformazione a una più rassicuranteoperazione trasformista.E infatti nella storia d'Italia non si è vergognato ,quasinessuno: né i fascisti,né Scelba, come abbiamo letto nei panegiriciper il suocompleanno:perchédovrebberovergognarsi i comunisti?Se lo facessero, sarebbero diversi - e invece la "diversità" è meglio lasciarla dov'è, ·a interpretarela parte del mito fondatoredi quella curiosa civiltà comunistaitaliana, che come tutte le fedi e le chiese non può, di quel mito fondatore, esserechiamataa rendereconto,non vuoJerenderlocoerentené provarearazionalizzarlS.Altrimentirischierebbeil dissolvimento, lo vogliao no il suo segretariogenerale. Ma per tornare ai nodi di cultura politica che stanno dietro posizionie opinionidel frontedelNo, ce ne sonoaltridue chemi sembranorilevanti. Il primo è che la difesa delle prospettiva (o dell'orizzonte, come capita di sentirlo liricamentedefinire) comunistaè, tra le altrecose,capacedi illuminaredi una luce diversa,un tempo-più gloriosa,oggi forsesolopiùgratificantenarcisisticamente,quello che si fa ogni giorno.Ossia,fuordi metafora,di nobilitarescelte privateepubbliche,compromessiquotidianie storici.Liberatoda quellaprospettiva,su cui si proietta l'identità comunistama che è d'altro canto il vero alimentodi quell'identità, ognunosarebbe 17

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