Linea d'ombra - anno VIII - n. 52 - settembre 1990

IL CINEMA EGIZIANO DEGLIANNI OTTANTA Anno MarioDiMarco, BiancoOionisi La cinematografia egiziana, che farisalire i suoi inizi al 1917 (leprime opere sono cortometraggi), con un bilancio di oltre 2000 pellicole in tre quarti di secolo e ormai con una produzione media di circa 70 film l'anno è, dopo quella indiana, indubbiamente la più importante dei paesi in via di sviluppo. Una cinematografia matura, dal solido passato, che ha sperimentato tutti i generi: dal sentimentale al musicale, alla commedia di costume; dal film politico al film comico, al film poliziesco e dell'orrore. Tutti questi generi sono rappresentati, in varia misura, anche negli anni Ottanta, con l'eccezione del film musicale, il filone forse più popolare in Egitto fin dagli esordi del cinema, e soprattutto nei fertilissimi anni Sessanta; esso ha consolidato la fama dei cantanti più amati dalle folle: dai ·leggendari Umm Kalsùme Abd al-Halùn Hàfez, aSabàh, Farìdal-Atra~h, Abd al-Wahàb, Shadia, LailaMuràd, Warda e tanti altri, tuttavia meno presenti sulle scene perché, per una ragione o per l'altra, hanno avuto una carriera breve come FaizaAhmad o Saad Abd al-Wahàb. Negli anni Ottanta, i film musicali sono assai pochi e, a parte qualche film commerciale con un cantante emergente, El Bakry Darwìsh, cui il successo è assicurato in quanto nipote del celebre compositore egiziano Sayyed Darwìsh di cui interpreta i popolarissimi motivi, non sono degni di menzione che un paio di titoli: al-Yawm al-sàai;, (Il sesto giorno), 1986, di Youssef Chahine, che musicale è solo parzialmente, e al-Aragòz (Il burattinaio), 1989, di Hàni Lashin, pluripremiato. Del film è protagonista Omar Sherif nelle vesti di un burattinaio-girovago. Novità a~soluta la "performance" anche canora del grande,attore. Accennando alla continuità dei filoni tradizionali, un discorso a parte merita il fi_lmstorico che, salvo pochi esempi, continua a risultare assente dalla gamma dei generi con éui la cinematografia egiziana si è fino ad oggi cimentata. Lo scarso rilievo dato a questo genere, così vitale e sfruttato dal cinema occidentale, deriva probabilmente da cause contingenti, legate soprattutto alla produzione e alle strutture, malgrado la ricchezza di spunti offerti dal patrimonio storico nazionale. Infatti il grande dispiego di mezzi, sia finanziari che tecnici, che il kolossal richiede, ha finito per scoraggiare, col tempo, ogni tentativo. Alle considerazioni appena fatte, rappresenta un' eccezi0ne, negli anni Ottanta, Adieu Bonaparte, 1986, ancora di Youssef Chahine, tuttavia realizzato in coproduzione con la Francia. I suoi costi (800 milioni di lire italiane circa), non eccessivi se rapportati ai parametri occidentali, rappresentano un record al confronto anche delle punte più alte finora registrare dalla cinematografia nazionale. In merito alla necessaria distinzione tra film commerciale e film d'arte sembra utile riferirsi alla schematizzazione tracciata dal critico Samìr Farìd che per il cinema degli anni Ottanta individua tre categorie: "Vi sono in Egitto-egli scrive("BulletinduCEDEJ", XXI, 1987)-come in tutti i paesi dalla forte produzione cinematografica, oltre ai film di consumo, ossia il primo cinema, dei film artistici, che tuttavia si rivolgon_oanch'essi al grande pubblico, ed è ciò che si potrebbe chiamare il secondo cinema; e infrne dei film di alto valore artistico che non si rivolgono a un pubblico già esistente, ma che tentano di trovare un loro pubblico, ed è quello che chiameremo il terzo cinema ... La maggioranza dei film sono commerciai i e solo una minoranza raggiunge un livello artistico. Le opere del terzo cinema, rare, sono rappresentate da alcuni lungometraggi di Kàmel alTilmisani, Tawfik Sàleh e Shadi Abd al-Salàm (dèl quale si ricorderà La mwnmia, 1968, N.d.R.) e dai documentari di Hàshem al-Nahàs, Samìr Awfc Khairi Bishàra". . Da uno sguardo d'insieme sulla produzione degli anni Ottanta, si ha la sensazione che la maggior parte dei film di un certo interesse si orienti verso argomenti di carattere sociale. Abbiamo chiesto il parere del critico Mustafa Darwìsh: "I motivi per cui buona parte dei film privilegiano le tematiche sociali sono molteplici. Primo fra tutti, il reale bisogno di una riflessione su fenomeni socio-economici che in un breve arco di tempo, appena due decenni, hanno profondamente modificato la struttura della società egiziana; una nuova classe è emersa grazie all'apertura verso l'Occidente (infitàh), i cosiddetti "nuovi ricchi", che dell'Occidente hanno adottato in blocco modelli comportamentali che si innestano su un background inesistente, modelli, cioè, che sono estranei alla società tradizionale. Inoltre, il successo raggiunto da questa classe, che si inserisce diprepotenza nel tessut? sociale, sembra alla portata ~i tutti e diventa spesso punto di riferimento per le aspirazioni di strati più ampi. Secondo motivo, ma in stretta connessione con,il precedente, è che il regista che voglia trovare i finanziamenti, in un contesto produttivo che non lascia. spazio alla sperimentazione, sia pure d'autore, deve necessariamente proporre un soggetto che incontri facilmente il favore di una larga fetta di pubblico e preveda costi contenuti ..Il film di "denuncia sociale" si rivela il genere più adatto: per gli esterni si utilizzano, infatti, senza particolari difficoltà, spazi pubblici, e, per gli interni, pochi ambienti reperiti in affitto [saràutile qui ricordare che i teatri di prosa, sorti tra gli anni Cinquanta e Sessanta, oggi in stato di degrado, sono poco utilizzabili,N.d.R.]. Il genere, inoltre, suscita interesse non solo tra gli intellettuali, ma anche nel grande pubblico che si riconosce nelle situazioni rappresentate. Le tematiche sono, direttamente o inairettamente, collegate con la politica economica dcli' infitàh, instaurata negli anni Settanta. Passata l'euforia delle illusioni e delle promesse prospettate dall'infiiàh .e allentatesi le maglie della censura, la cinematografia degli anni Ottanta è sollecitata da fenomeni che coinvolgono tutti gli strati della popolazione e tenta di tracciare un · bilancio dei reali risultati di quella politica''. La centralità del tema dell' infitàh è d'altronde sottolineaça anche dal critico Ahmad Kassem ("Bulletin", op. cit), che nelle opère dei migliori registi emersi nell'ultimo decennio vede raccolta l'eredità delle premesse poste negli anni Settanta dai cineasti del gruppo "Cinema nuovo" (sorto La mummia di Abdes-Salam, un capolavoro del cinema egiziano. 85

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