CINEMA quindici paesi, non vedo linee di demarcazione fra un paese e l'altro: si parlano delle lingue diverse? Benissimo, ci si arma per quanto possibile di più lingue. Ma i problemi che derivano oggi da un capitalismo deregolamentato e selvaggio disuniscono la gente, e bisogna trovare un sistema finanziario che sia un poco più umano e generoso. Perché oggi è l'Europa che approfitta del· Terzo Mondo: comprate delle cose per poco o niente e ce le rivendete poi a un prezzo che non possiamo più pagare. E il. fossato che ci separa diventa sempre più ·grande. Non penso che questo convenga né a noi né a voi. Alessandria si è svuotata dei suoi kbawaga: i suoi greci, i suoi francesi, i suoi italiani, dopo la rivoluzione, le grandi nazionalizzazioni nasseriane. Lei come giudica l'esperienza nasseriana? Era un'esperienza inevitabile. È arrivatq un momento in cui l'Egitto ha vol~to essere governato dalla propria gente. È carino dire che Alessandria era meravigliosa: ma non bisogna dimenticare che eravamo governati dagli inglesi. E questo era poco naturale. L'epoca nasserianaèstatapositivadal punto di vista del diritto. Perché dipende di che diritto si parla. Se infatti gli alessandrini rispettavano reciprocamente i diritti altrui, al livello politico, le cose non stavano più così. Una sola classe sfruttava le altre in maniera incredibile. Se qualcuno di noi ha potuto uscirne, è solo perché non faceva parte dei più diseredati. Se siamo diventati cosmopoliti, ia maggioranza non lo era affatto né avrebbe potuto esserlo. E Alessandria non era certo l'Egitto. Ogni esperi~nza in cui si cambiano i rapporti di forza è positiva. Non mi metterò certo.a piangere stupidamente la partenza degli italiani. Mi dico solo che è peccato, ma avrebbe potuto essere altrimenti? Non penso. O comunque difficilmente, perché in Egitto gli europei avevano uno statuto particolare, privilegiato. Stiamo attraversando periodi di mutamento, periodi difficili. E non voglio piangere sul passato. Ecco, vorrei che ci fosse una nuova Alessandria, in cui tutti e non solo una minoranza avessero i dirilti che ha saputo far vivere in passato. Se questo si potrà realizzare, sarà stupendo. Nel frattempo bisognerà lottare contro l'integralismo, sia internazionale che locale. Bisogna veramente creare un movimento internazionale: ci sono un po' dappertutto ·persone che parlano con un fanatismo che fa impressione. È un fatto che non riesco a capire. Preferisco evitare di frequentarle, ma esistono. La nostra esperienza di self-rule, di auto-governo, non è certo la più riuscita, ma non bisogna dimenticare che l'Europa quarant'anni fa non era certo il paradiso. Si è buttata la gente nei forni, si sono distrutte intere città senza porsi molte domande. Era una catastrofe. Quando oggi l'Europa incoraggia certe forme di fascismo, perché è più facile discutere con dei dittatori che con dei liberali, con dei democratici, commette lo stesso errore, per non dire la parola peccato. È un fatto gravissimo. Ma non è neppure un caso che in Luttii paesi del terzo Mondo. ci siano dei dittatori ... Ma come mai.il cinema? Quale il nesso con il suo ambiente? Non avevo nessun dubbio che volevo fare del cinema. Da quando avevo quattro anni, e da sotto il tavolo facevo le ombre cinesi, e guai se la mia famiglia non guardava il mio spettacolo. Poi c'è stata la scuola, e poco per volta è maturato in me uno sconvolgimento interno, che all'epoca non era né religioso né aveva a che fare col fanatismo nazionalistico. Era uno sviluppo psicologico. Noi facevamo parte della piccola borghesia, e la piccola borghesia sogna sempre di far parte dell'alta borghesia. Così sognavamo di essere fra quelli che noi chiamavamo la gente per bene. E non perché si è ricchi si è per bene. È stato un periodo -82 molto repressivo, non degli altri nei miei confronti, ma di me verso me stesso. Non avevo capito cosa volesse dire essere delle persone per bene. E parlo di questo in tutti i miei film. Diceva prima che non ha la preresa di inventare delle storie, ma di raccontare ciò che ha visto, ciò che ha vissuto. Qual è il suo rapporto con gli altri narratori: gli scrittori, non solo i cineasti ... ? · Ci sono sempre stati dei problemi. Gli autori egiziani sono autori letterari. Molto spesso abbiamo un percorso parallelo, quelli della mia generazione hanno vissuto le stesse cose che ho vissuto io: avrebbero cioè delle cose da dire che potrebbero profondamente toccarmi. Ma sono dei pigri: Prima di tutto restano degli autori letterari, non diventano dei dramma.turghi, neanche un poco, non esplorano il linguaggio visivo, che ha una sua sintassi, assai speciale. Per passare dal romanzo alla drammaturgia ci sono delle regole che non si può fare a meno di conoscere. Si possono poi buttare dalla finestra, ma solo dopo averne preso conoscenza. E gli autori non vogliono fare questo sforzo. Solo pochissimi lo fanno. E io non ho assolutamente nessuna voglia di fare dei film letterari, i cosiddetti film intellet 0 tuali. Ho trovato solo un autore o due che ha avuto l'abnegazione necessaria per scrivere. Si può restare per delle ore a comunicare l'uno con 1'al tra, per capire come, dalla sua visione che proba0ilmente ·non è visiva, l'autore deve piegarsi a quelli che non sono certo, da parte mia, dei capricci. Se posso dire una cosa con un'immagine non ho bisogno di centocinquanta parole. Con due o tre ha funzionato. Con altri' due o tre no. La situazione è stata aggravata dal fatto che credevano di°poter scrivere una sceneggiatura con una piccola idea. È un modo di vedere un· po' semplicistico. È perché non si sono mai messi a scrivere una sceneggiatura, non sanno quanto è difficile, che ci vuole almeno un anno e mezzo, anche se l'idea iniziale è brillante. Certi mi hanno anche fatto dei processi. È successo un po' come se lei fra quattro giorni tornasse da me dicendo: attenzione, nella tua sceneggiatura hai rubato qualcosa di mio. E io cercando trovassi che nella mia sceneggiatura c'è la frase "prego, si accomodi". Uno scena di lo lena.
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