Linea d'ombra - anno VIII - n. 52 - settembre 1990

soccorso organizzato dall'Imac). Tutti e tre i manifes.tanti feriti descrilli dal rapporto hanno avuto il referto di trauma cranico, compresi gli onorevoli Castellina e Serafini. Quest'ultimo, eletto da poco deputato, aveva_tirato fuori il tesserino per farsi identificare, nella speranza, • subito delusa, che potesse proteggerlo dalla furia dei tutori dell'ordine pubblico. Ma visto che la polizia mi ha tirato in ballo, vediamo gli stessi fatti come vissuti da me. Il gruppo dì affinità dei toscani, di cui facevo parte, mi aveva incaricato di tenere i rapporti con la polizia. In tale veste ero già, una o due volte, andato da questa per discutere alcuni aspetti organizzativi, quando ancora la situazione non si era riscaldata e non erano venuti alla luce gli idranti. Durante il blocco stradale che porterà al mio arresto io, con Stefano e altri, avevo trovato rifugio dietro il potente striscione del consiglio di fabbrica della Zanussì dì Pordenone, che ci aveva egregiamente difeso, non certo dall'acqua, che penetrava dovunque, ma dalla forza del getto, notevole. Quarido gli idranti furono spenti, probabilmente per esaurimento della provvista di acqua, e il comandante della polizia, con la striscia tricolore, stava dando l'ordine di caricarci, io, che mi trovavo in prima fila, strillai ad alta voce: "Voi non avete alcun diritto di picchiarci, se stiamo commettendo un reato lei ha l'obbligo di arrestarci, non di picchiarci!". Che'avessero capito quello che ho detto, che probabilmente hanno interpretato come una "minaccia", è dimostrato dal fatto che, mentre hanno picchiato tutti gli altri, io sono stato l'unico ad esser~ fermato, e trattenuto in stato di fermo per varie ore. Probabilmente speravano, fermandomi, che i blocchi cessassero, ma sono stati amaramente delusi. Ma invece di portarmi al commissariato, com'è detto nel rapporto della polizia, per prima cosa mi hanno caricato in una loro vettura e port~to all'interno della base. Qui, per urtcerto tempo, mi hanno tenuto nel gabbiotto dell'entrata sotto la sorveglianza del poliziotto che aveva ·guidato l'idrante proprio di fronte ame. Ricorderò sempre l'aria sconcertata di questo poliziotto. "Ma perché si è messo in prima fila? - continuava a ripetermi, -10.000 litri di acqua le ho scaricato addosso! .... E io a spiegargli che se una persona crede in una lotta, non sta di dietro, ma davanti, senza paura delle conseguenze. Le m"ierisposte lo devono · aver colpito molto; tanto che a un èerto momento ha esclamato: "Certo che è bello quello che fate!", ma poi ha subito aggiunto: "Peccato che non serva a nulla!". A pafte il giudizio sull'inutilità dell'azione - che è comunque un giudizio molto diffuso, anche se discutibile - quella esclamazione del poliziotto fu il più bel riconoscimento dell'importanza, . nella nostra azione, dell'essersi mantenuti rigorosamente nonviolenti. Tonino mi ha detto che quel giorno anche gli autonomi, che non hanno certo molta simpatia per la nonviolenza, con cui s·iera trovato durante i blocchi, si erano comportati senza violenza - e dell'aver subito getti d'acqua e manganellate senza reagire, e senza scappare. La conferma del nostro atteggiamento nonviolento, oltre che dalla dichiarazione dei vice questori, citata, che parlano di "comportamento pienamente rispettoso della legalità", mi è venuta tempo dopo dai commissari della stazione di polizia di Comiso. Per le mie ricerche universitarie, era l'estate 1985, avrei dovuto recarmi all'Università di Harvard, Usa, per lavorare con Sharp, studioso di fama mondiale della lotta nonviolenta (delle "sanzioni nonviolente", come da lui definite). Ma non mi volevano rinnovare il passaporto perché pendevano su di me -lo scoprii in quellt! circostanze- le incriminazioni che porteranno più tardi (4 anni!) al processo. Dovetti perciò andare a Ragusa e a Comiso per ottenere l'autorizzazione ad avere il passapprto. Di fronte alle mie rimostranze: "Sul fatto che mi incriminiate per blocco e occupazione non ho nulla da obiettare, ma che io venga incriminato per violenza e per minacce è un insulto alla mia figura di nonviolento che voi conoscete STORIE/L'ABATE bene!" Fin dal Nalale 1981, con mia moglie e pochi altri, avevamo fatto un atto di disobbedienza civile all'ordine di non fare manifestazioni pubbliche, presso il monumento alla,Resistenza di_Comiso, leggendo pubblicamente brani nonviolenti, e dimostrando contro la prevista costruzione di una base di missili in que_llacittadina. Quando lo ricordai, essi si misero a ridere dicendo che a loro non risultava fosse stata fattain quel giorno - alcuna violenza alle forze dell'ordine! Questo çolloquio avverrà proprio nella stanza in cui fui portato, dopo un certo tempo passato ali' interno della base, e dove sono stato trattenuto come "turbatore dell'ordine pùbblico" fino a quando l'intervento di Adriana, l'avvocatessa che accetterà poi di difendermi, e di mia moglie, li hanno convinti dell 'opportui:iità di liberarmi (verso le 13). La morale Ogni fiaba, e ogni racconto potremmo dire noi, ha la sua morale. Molte volte questa non viene esplicitata, viene lasciato al lettore il compito di scoprirla. Ma talvolta l'autore preferisce esprimerla, come farò anche io. Gli elementi della morale che restano da chiarire mi sembrano due: 1) Che senso ha aver bloccato le entrate ai cancelli della base di Comi so pe:rsei ore, dalle 5 alle 11, come scritto nel rapporto della polizia, se tanto risulta che "non abbiamo commesso il fatto", che non c'era "nessurlo" (saggez:z;adell'Odissea!) a compieré questa azione? 2).Se volevano svuotare politicamente il processo, come sostenuto Pc1ifc1iodi Comiso ([pio di Roberlo Koch/Conlraslo). 75

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