Linea d'ombra - anno VIII - n. 52 - settembre 1990

SAGGI/ROSADONI allora l'impegno di Rosadoni volto a un ripensamento del significato e del]' essenza d i sacramenti, spesso da lui definiti come "segni" di valore puramente an'.Iopologico (ma qui il discorso deve farsi necessariamente prudente, perché le ultime fasi del suo pensiero sono caratterizzate da posizioni contraddittorie e non definitive, in un atteggiamento, lo abbiamo visto, di continua ricerca). La stessa "prudenza" vale anche per la sua ecclesiologia: molte lettere (e queste a don Renzo Rossi, qui pubblicate · per la prima volta, lo testimoniano con ogni evidenza) ci mostrano Rosadoni ormai "lontano" dalle istituzioni storiche della chiesa di Roma, perché a suo giudizio la chiesa doveva considerarsi un "evento", e quindi continuamente-da "inventare". Mà anche qui bisogna intendersi con chiare1.za: per Rosadoni vivere liberamente la fede aJl'intemo di una piccola comunità, non ha mai voluto dire sentirsi "fuori" deJla vera chiesa che "può assumere un'infinita varietà di forme" (come ripeteva in uno scritto, apparso sul "Bollettino di collegamento delle comunità di base" dell'aprile 1971, dal titolo eloquente: Cristo liberatore e l'istituzio~ chiesastica) rifiutaridosi di confondere ''unità" con "uniformità" (anche la lettera a don Rossi del 3 settembre 1969, mi sembra andare neJJa dire~ione ~ditata). Rosadoni reagisce contro tutto ciò che gli appare elencale, diverso, contro un modo di intendere e di manifestare la fede che oltre a essere appesantito da tanti elementi storicamente datati di natura politica e culturale, era ai suoi occhi elemento di divisione. Per questa ragione, io credo che abbia cercato di semplificare le forme deJJa religione, convinto che troppe volte, attraverso i secoli e anche nel presente, la ricerca della "identità" cristiana si era aJJafine trasformata in uno strumento di separazione e spesso di condanna dell'umanità. Bisognava al contrario ridurre al minimo tutti quei segni di "distinzione" che avevano reso così difficile il dialogo della chiesa col mondo difficile l'inc_ontro con gli uomini e con la terra. "Il cristiano è anima~o da una volontà di comunione universale e non sopporta alcuna frattura, nemmeno quand'essa dipende dagli altri" (così in uno scritto del 1968: Obiezione di coscienza e non_violenza in AA.VV.: La coscienza dice no edito da Griba~di. Si leggano anche queste parole di un teologo molto ~aro a Ros~do?1•.Je:m_Cardonnel, che aiutano a comprendere la posizione di ~ol~1cnst1an1d1quegli anni "lontani": "Pernoi la cosa più ardua è tentare d1 diventare cristiani. Infatti abbiamo troppa difficoltà a disfarci della credenza secondo cui il Cristo sarebbe proprietà dei cristiani. Invece non lo è. Non esistono qui dei cristiani, e là dei non cristiani. Non esistono che uomini in divenire verso il Cristo!", in Dio è morto in Gesù Cristo Gribaudi, Torino, 1969, pp. 183-184). ' Possiamo certo domandarci, infine, che ~sa restasse in Rosadoni del · ccisti~esimo, di una fedé che tende a "risolversi" nell'amore per i &:atelh,e a pe~dere ogni "specificità", per giungere quasi alla frantumaz10ne del patnmonio religioso tradizionale. Non bi~ogna però dimenticare che la sua lucida intelligenza gli ha permesso di vedere.che stava vivendo in un periodo "drammatico", dove le c~~zze del passato non avevano più presa sulla coscienza degli uomm1, mentre era ancora difficile trovare formule nuove per esprimere la "lontananza" di Dio. '.'Si sta vivendo una situazione di crisi che non è solo mia personale ~a m::ste tutta la chiesa. È una crisi di verità perché mi pare ci siamo nemp1l1la boe~~ di par~le: Ogni riflessione teologica non può sboccare c~e nella ~efmm~ne: D10e amore. Sono le uniche parole della Bibbia su D10 su c~1 ~o~ s1 debba fare un lavoro per eliminare il mito" (Da un v~rbale d1nun1one della coipunità, inedito, nell •archivio Rosadoni, del dicembre 1967). " Rosàdoni ha attraversato con coerenza qu~sto periodo di "silenzio" per la fede,_tem~ di attesa all'interno del quale ancora oggi continuiamo a ~uoverct: c~ed1amodunqu_ec?e ripercorrere la sua esperienza significhi anche capire le molte rag10ru della nostra inquietudine, nella convinzion~ che sia necessario partire di nuovo dalle sue "domande". 68 LEffERE A DON RENZO. ROSSI Luigi Rosadoni a cura di R_iccardoAlbani Queste lettere, inedite, indirizzate da Luigi Rosadoni a don Renzo Rossi, richiedono una breve nota esplicativa. Il tono polemico nei confronti del destinatario, presente in alcune di esse, trae origine dal fatto che don Renzo, già da Zurigotempo desideroso di realizzare la sua vocazione missionaria, aveva ottenuto finalmente ilpermesso dal cardinale Florit di recarsi (nell'ottobre 1965) nel nord-est del Brasile, in una povera parrocchia nelle "favelas" di San Salvador di Bahia, proprio per poter condividere la sorte degli "ultimi" della terra. Dal Brasile scriveva periodicamente delle "lettere aperte" (dove parlava della sua esperienza in quelle regioni), che venivano pubblicate sulla stampa cattolica ufficiale ("L'Osservatore Toscano", "Il Focolare" e "L'Avvenire"); il cardinale Florit poteva così sostenere che don Renzo, anche lui un tempo appartenente al gruppo di preti "ribelli" della diocesi fiorentina (Balducci, Borghi, Masi, Mazzi, Milani, Rosadoni, ecc...), aveva scelto di servire nel/' obbedienza la chiesa di Roma; mentre a chi era restato nel clima di tensione della Firenze di allora la partenza di don Rossi poteva sembrare una fuga dai problemi. ' La lontananza poi non favoriva certo la chiarezza: di qui una serie di incomprensioni e di equivoci che si riflettono anche nelle lettere di Rosadoni. L'amicizia tra i due comunque non venne mai meno, e anche le incomprensioni furono superate (si veda per questo, inparticolare, l'ultima letteradel30 luglio 1971, scritta daRosadoni un anno prima della morte). Debbo alla sensibilità e alla gentilezza di don Renzo Rossi, cui v~ un sentito ringraziamento, lapossibilità di pubblicare queste lettere, che riteniamo utili, pur nella loro brevità, a meglio intendere la posizione téologica e la spiritualità di Rosadoni. · luigi Rosaddni.

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