SAGGI/ ALBANI Non era possibile un cambiamento "dall'interno" della chiesa ufficiale, era giunto il momento dì vivere il cristianesimo · senza nessun "puntello" esteriòre. che tradizionali. Non a caso allora Rosadorù; con decisione dell'intera "comunità della Resurrezione" (questo il nome che intanto si erano dati), scelse di inserire il suo "esperimento" nella parrocchia de La Nave, alla· estrema periferia di Firenze, che gli venne affidata nel 1962. . È facile immaginare quali difficoltà abbia incontrato Rosadoni nel tentativo di realizzare una piena conformità tra comunità e parrocchia, senza contare l'aperta ostilità della curia fiorentina, retta in quel tempo dal cardinale Ermenegildo Florit. Se consideriamo le implicazioni teologiche presenti nella concezione rosadoniana di "vita comunitària", anche i frequenti contrasti con i vertici della gerarchia ecclesiastica risultano pienamente comprensibili. In primo luogo essa rappresentava una critica _radicaledel modo tradizionale di concepire la parrocchia; in secondo lu~go la "comunita'_ tendeva ad attenuare sempre più, fino a renderle qua~i inesistenti, le differenze confessionali tra le diverse chiese; in terzo luogo, sia la riflessione di Rosadorù, sia la prassi concreta del suo "gruppo", postulavano il superamento graduale della distinzione tra "spiritualità laicale" e "spiritualità religiosa", per affermare il valore e la realtà del sacerdozio universale, fondamento della sostanziale unità della chiesa. Anche la libertà con la quale Rosadorù sperimentava nuove fonne di liturgia, per adattarle alla vita del suo "popolo", contribuivano certamente a creare un clima di incomprensione e di diffidenza nei suoi confronti, e questo non soltanto da parte del cardinale Florit, ma anche da parte di molti suoi "confratelli", che, almeno in un primo tempo, avevano guardato con simpatia alle "novità"presenti nella parrocchia de la Nave (tanto che si può parlare di un crescente "isolamento" di Rosadoni nella diocesi di Firenze). Tutto questo convinse Rosadoni che non era possibile un cambia-· mento "dall'interno" della chiesa ufficiale, e che era giunto il momento di vivere il cristianesimo senza nessun "puntello" esteriore, senza nessuna sicure,;za che non fosse quella dell'ascolto della Parola. Anche la parrocchia apparteneva a quelle "sicurezze", a quelle strutture del passato che soffocavano il m.essaggio evangelico entro canali rigidi e codificati: e così. nel marzo del 1968 la comunità della Resurrezione lascia la parrocchia de La Nave per dedicarsi, ormai libera da ogni preoccupazione "burocratica", alla riflessione teologica, al coordinamento delle numerose "comhnità di base", sorte un po' dovunque in Italia, senza peraltro escludere un interesse per quelle esperienze di un "nuovo cristianesimo", presenti in altre parti del mondo. (Sono degli anni '67 - '68 i viaggi di Rosadoniin Olanda e negli Stati Urùti, da cui nascono due libri, usciti entrambi presso l'editore Gribaudi di Torino, di cui Rosadoni era stretto collaboratore: a) / cattolici olandesi, owero il rischio di essere vivi del 1968; e b) / callolici U.SA., ovvero la celebrazione della vita del 1969). Rosadoni, anche negli ultimi anni della sua vita, non ha mai abbandonato la problematica religiosa, non ha mai "privilegiato", per esempio, l'impegno politico, come irtvecè è spesso accaduto a molte "comunità di base" irt quegli anni, contirtuando a riflettere con passione sulle realtà di fede, nel tentativo di ritrovare forme e modi di vita coerenti col Vangelo. (Ma già nella prefazione al libro di E. Balducci e C. Carretto: La sanJità della povera geme, Vicenza, La Locusta, 1962, Rosadoni, riaffermando l'importanza della preghiera, del silenzio creativo, della meditazione, aveva accenti critici nei confronti della cristianità, perché se nei secoli passati aveva come "disertato" il mondo, oggi invece correva il rischio, a causa di una eccessiva presenza nel profano, di dimenticare la contemplazione e la veni carità). Come si può agevolmente comprendere da questa prefazione, fin dai · primi anni Sessanta è presente irt Rosadoni la convinzione che fosse necessario, proprio per difendere l'autenticità di queste due dimensioni, distinguere con chiarezza fede e politica: e questa convinzione mantenne anche negli anni "caldi" della contestazione ecclesiale, quando sembrava che tutto dovesse risolversi sul piano della "politicità", evitando così la facile tentazione, che fu di molti, di ridurre il messaggio evangelico a ideologia, sia pure di "sirùstra". E così, fedele alla sua impostazione squisitamente teologica, Rosadoni si impegnò, anche se ormai era fuori con la sua comunità dalle strutture ufficiali della chiesa, a ridefirùre una figura nuova di prete, visto che quella tradizionale gli appariva ormai irrimediabilmente in crisi. Certo era interessato, per esempio, ali' esperienza dei "preti operai", ma a differenza di altri appartenenti ali' area del cosiddetto "dissenso cattolico", che vedevano in questa espei:~nza una possibilità concreta offerta a molti preti di condividere i problemi dei più umili, irt Rosadoni questo interesse si lega soprattutto al motivo della libertà e dell'indipendenza, della digrùtà e dell'autonomia permessi soltanto a chi non si sottrae alla comune fatica degli uomirti. Comunque già appartenere a una comunità · dove si legge insieme la Bibbia e la si commenta, alla luce delle proprie esperienze personali, contribuiva di per sé a mettere in questione e a far superare il ruolo "privilegiato" del prete, non più inteso come dispensatore della verità dall'alto, bensì impegnato.con tutti i fedeli nella ricerca · del senso autentico della Parola. (In un verbale di riunione della comunità, inedito, presso l'Archivio Rosacloni, databile verso la fine del 1967, aun certo punto si afferma: "Ed ecco çhe cosa è la chiesa. La chiesa è esattamente questo rapporto con i fratelli. È un rapporto però estremamente semplice, che non ha bisqgno di una struttura gerarchica, proprio perché Gesù è venuto ad.abolire questa struttura gerarchica. Ci saranno certamente nella chiesa funzioni diverse, ma queste sono appunto funzioni, servizi. Quirtdi la comunità nomina uno a prestare un determinato servizio: tu, presiedi alla celebrazione eucaristica; ·tu,spieghi la Bibbia; tu, fai da coordinatore fra lanostr~ comunità e le altre comunità; quindi un concetto di chiesa 1I10lto diverso"). Ma vivere la fede in una contirtua interrogazione lontana dalle sichrezze "dogmatiche", non sigrùficava per Rosadorù rinunciare a fare chiarezza, per cercare di esprimere le esigenze nuove che, sia pure in modi confusi e incerti; arùmavano la "ribellione" di molti cristiani. So)J{attuttonegli ultimi anrù Rosadorù comprese con molta lucidità che il limite di cui soffriva 111.aggiormentela "contestazione" ecclesiale era rappresentato da una carenza di elaborazione teologica, mentre la teologia tradizionale gli appariva <trmai sterile e ripetitiva, nata com'era all'interno di un gruppo ristretto di specialisti, e quindi lontana dalle concrete esperienze del popolo di Dio. Non era certo facile supplire a questa carenza "teorica", che oltretutto non riguardava soltanto l'Italia; e se le forze di pochi non potevano bastare per un compito così urgente, ecco allora la sua irrequietezza, il suo desiderio, o meglio il suo bisogno di viaggiare, per ascoltare e interrogare, nella speranza di intravvedere, in mezzo a situazioni così diverse, una direzione e un senso unitari. "La crisi della teologia in tutto il mondo è un fenomeno recen,te.L'uomo è rimasto deluso dal pontificato di Paolo VI, ha acceso lo spirito critico, C'è una crisi teologica che è . incominciata da poco, ·quindi la mia ricerca non è quella del prete spretato.L'accelerazione non èmia, ma ènel pensiero teologico attuale". (Verbale di una riunione della comunità, inedito, nell'Archivio Rosadoni, databile fine '67, primi '68). Nel tentativo di tracciare un profilo, anche così sommario, del complesso itinerario di Rosadoni, molta importanza acquistano anche le sue riflessioni, soprattutto negli ultimi anni, intorno al tema della "umanità piena": solo chi è veramente e integralmente uomo può aprirsi al dialogo con Dio e alla ricezione della grazia. E se le strutture ecclesiastiche impedivano la libertà e la maturazione dcli 'uomo, ai cristiani spettava il compito di sottoporle a una critica e a una revisione continua, rifiutando anche la loro pretesa di essere "luogo" privilegiato della manifestazione ciel divirto. In questa prospettiva si comprende 67
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