Linea d'ombra - anno VIII - n. 52 - settembre 1990

LA DIMENSIONE COMUNITARIA Un prete tra fede e politica Riccardo Albani Per avvicinarsi a).la comprensione della figura di Luigi Rosadoni (1928 - 1972), crediamo che si debbano tenere presenti almeno questi due aspetti, del resto intimamente legati tra loro. In primo luogo, la sua breve esi.stenza non gli ha concesso di essere scrittore "sistematico": quello che ci ha lasciato (penso soprattutto ai s.uoi libri) non rende con sufficiente chiarezza la complessità del suo itinerario spirituale. In secondo luogo, poiché ha riversato il meglio di sé nell'azione concreta, '-'disperdendo" la sua ricchezza interiore in un impegno costante di presenze e di colloquio, il suo "stile" teologico si fa evidente soprattutto attraverso i rapporti epistolari· con gli amici e i resoconti inediÙ delle. riunioni della sua comunità (adesso in gran parte raccolti nel volume: Luigi Rosadoni: Lettere e scritti (1946 - 1972), a cura di Riccardo Albani, Milano, Cens, 1989), dove le ragioni di una scelta cristiana "radicale" emergono con grande chiarezza. La sua vocazione sacerdotale matura in modo definitivo sul finire degli anni Quaranta (è nel 1949 che entra al_Collegio Capranica di Roma); già da allora però manifesta la sua insofferenza per gli aspetti esteriori del cattolicesimo, la sua critica a volte impietosa verso gli uomini di chiesa, che con presunzione si ergono a testimoni della verità, "appropriandosi" di Cristo e alzando steccati tra credenti e non credenti. Dalle molte lettere agli amici di questo periodo "romano': (che va dal 1949 al 1954, anno della sua ordinazione), se da una parte la polemica contro il cattolicesimo-istituzione presenta toni spesso duri, certo insoliti per un giovane di quegli anni (che tra l'altro si preparava a diventare sacerdote), è possibile rintracciare nello ~tesso tempo un motivo di fondo che accompagnerà Rosadoni per tutta la vita: l'umile volontà di mettersi in ascolto della Parola, che lo porterà in seguito a saltare tutte le mediazioni storiche, nel tentativo di attingere la purezza del messaggio evangelico, evitando però di cadere nella "religione interiore", nella "religione· dell'anima", per sottolineare invece senza esitazioni la fondamentale vocazione comuni tari a del cristianesimo. È certo comunque che le critiche rivolte al "formalismo" di Roma, non escludono ancora il riconoscimento della chiesa come la ·società "nella quale dobbiamo entrare per partecipare ai doni divini", in una adesione appassionata alla "Verità vivificante che la chiesa custodisce, cosicché il disprezzo per gli uomini nort ci allontani ma anzi ci spinga ad abbracciare quella che chiamavo la grande seduttrice" (così in una lettera all'amico Pini del 24 novembre 1950, adesso in L. Rosadoni: Lettere e scritti, op. cit., p. 82). Per tutti gli anni Cinquanta l'attenzione di Rosadoni per i problemi teologici si legava strettamente anche a una delusione di carattere "politico", perché riteneva che i cattolici del suo tempo àvessero per così dire tradito i poveri e fossero dunque molto indietro nel cammino verso la giustizia. Convinto che si dovesse agire per preparare l'avvento di una "nuova cristianità" (e qui si faceva sentire la lezione di Maritain e di Mounier), perché il cristianesimo conteneva una insopprimibile carica rivoluzionaria, capace di modificare non soltanto l "'uomo interiore", ma lè basi stesse della civile convivenza, Rosadoni veniva così ad accettare la prospettiva di una "terza via", "radicalmente opposta agli ideali puramente terreni del capitalismo, del fascismo, del comunismo", secondo le parole di uno dei teologi che allora maggiormente lo interessavano, Charles Journet. Le tematiche di Journet (definito per altro da Rosadoni, in una lettera inedita a Lisa Davanzo, dell'ottobre 1952, come "il più completo, moderno e aperto teologo di oggi") chiariscono il "senso religioso" dell'azione di La Pira, trovando precise rispondenze nella sensibilità di Rosadoni: infatti La Pira incarnava ai suoi çcchi la figura del politico cristiano, che cercava senza compromessi di rifarsi ai principi del vangelo, uno di quegli "uomini scomodi" che all'interno della Dc potevano usare il partito per fini più alti. (In seguito, intorno agli anni 66 Sessanta,, le speranze di Rosadoni per un rinnovamento della politica italiana si rivolgeranno a un altro ~~ponente della "sinistra" democristiana, Nicola Pistelli). · L'insofferenza e le critiche manifestate da Rosadoni nei confronti della politica dei cattolici., si univano anche con il rifiuto della soluzione comunista, da lui considerata una "terribile reazione", una tentazione dettata dalla miseria e dall' ingiustizia, anche se la presenza del comuni- · smo poteva rappresentare uno stimolo per spingere i cristiani a costruire una società che non si fondasse sull'egoismo di pochi privilegiati. Rosadoni, fin verso la fine degli anni Cinquanta, in un periodo di scontri ideòlogici che certo non permetteva, o comunque non favoriva più attente e precise.distinzioni, condivide l'impostazione teologico-politica dçlla cattolicità di allora, è convinto della necessità di una "terza via" cristiana, accetta, sia pure con crescente disagio, l'"unità politica dei C/lttolici", mostrando quanto fosse difficile ·vivere la fede senza quei pesanti condizionamenti dettati da scelte politiche contingenti. E tuttavia è possibile rintracciare, in scritti e lettere del "primo" Rosadoni, spunti interessanti che anticipano per così dire le sue più mature riflessioni: penso soprattutto al modo di intendere la presenza del cristianesimo nel mondo, che doveva offrirsi agli uomini con il profilo _dell'umiltà e dei mezzi poveri, per farsi elemento di unificazione e di amicizia e non di divisione. · Strettamente.connesso con la riflessione sulla povertà della chiesa, ci sembra essere il tema della sofferenza, che va vissuta non come separazione e solitudine, ma come momento di comunicazione e di rapporto profondo con gli altri. Secondo Rosadoni attraverso l'accettazione della sofferenza non soltanto era possibile redimere se stessi e l'intera comunità, ma anche testimoniare la volontà del cristianesimo di "riscattare" le colpe della chiesa, di ottenere il perdono per le ~rite da es a inflitte al mondo. 'Riteniamo che il motivo della "teologia crucis", del Cristo sofferente, della chiesa che per essere veramente "segno" di salvezza deve annullare la sua potenza mondana sia fondamentale per capire tutte le successive scelte di Rosadoni. (Si veda fa lettera a Lisa Davanzo della Pa~qua 1954, dove dice: "Pregare e soffrire, espiare e maturare le sorti del mondo, pagando di persona. Credo che non c'è in realtà di meglio, specialmente quando credere è duro, pregare ci ·costa, soffrire ci ripugna". In Luigi Rosadoni: Lettere e scritti, op. cit., p. 118). Non è necessario, né possibile, ricordare le molte vicende che segnano per così dire la vita di Rosadoni, dopo •lasua ordinazione sacerdotale. Ma il fatto decisivo, !'"evento" che determitierà ormai tutta la sua esistenza, è la nascita della comunità, avvenl,lta nel 1958, inizialmente formata da alcuni studenti del liceo-ginnasio Michelangelo di Firenze, dove insegnavareligione. Da questo momento la ricerca teologica di Rosadoni non si svolge più soltanto tenendo presente il patrimonio dottrinale della chiesa-istituzione, ma si approfondisce e cerca i modi di una concreta realizzazione nel rapporto quasi quotidiano con il suo "gruppo". La dimensione comunitaria, incentrata soprattutto nella lettura della Bibbia, è intesa da Rosadoni come il modo più autentico di vivere il cristianesimo, anche se non si nascondeva il pericolo di cadere in un atteggiamento elita,rio da "anime belle", con la conseguenza di rendere poco incisiva l'esemplarità del suo progetto: ma va ricordato che Rosadoni desiderava impegnarsi a trasformare, sia pur lentamente, l'intera chiesa gerarchica, nella prospettiva di contribuire a creare una chiesa "nuova", da lui immaginata come un insieme di tante piccole comunità, nate dal basso e spontaneamente., Così la sua esperienza, insieme certo a quella di tanti altri gruppi che via via andavano sorgendo proprio in quegli anni, doveva intendersi come l'inizio di una più ·vasta modificazione delle strutture ecclesiasti-

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