STORIE/MUSINSKAS mono. Non tutti, si capisce. Forse a dare un senso d'oppressione sono quelli degli uomini infelici. Oppure di chi commette cattive azioni, di uomini in colpa. O probabilmente di coloro che disprezzano gli altri. Rincasando da scuola, piano piano, talvolta catturo soltanto sguardi di donna. Non so neanch'io perché lo faccia. Gli sguardi di donna m'appaiano più morbidi e sono più agevoli da afferrare. Posso anche asserire se piaccio a una oppure no. Gli sguardi delle donne sanno anche sorridere. A volte capitano di quelli, come dire, che dimentico di essere uno studente, mi rigiro e vado, e io stesso non saprei dire dove vado. Gli sguardi degli uomini mi piacciono meno. Più spesso mi paiono duri, come di pietra. Arunas M. disse che qualche volta finirà male con tutto questo fissare gli occhi altrui. Non c'è nulla da cercare dove non vedi nulla, mi ammonì. Adire il vero, è vero che non ho visto nulla. Eppure mi sembra sempre che vedrò qualcosa d'inconsueto. Getterò un'occhiata e in un attimo comprenderò ciò che altrimenti non comprenderei mai. Arunas M. è un topo di biblioteca, divora i libri uno dopo l'altro e spera di scoprire in essi una qualche saggezza. Non lo nego, forse la troverà, ma non sarà viva. E io voglio vederne una viva. Così viva da tagliare le gambe. Voi ne riderete, ma a me il calcio non interessa affatto. Anche la pallacanestro, si può dire, non in 'interessa, e l'hockey su ghiaccio poi non lo posso sopportare. Spengo subito la televisione. Non voglio dire che quegli atleti siano privi di sguardi. Là le situazioni mutano così in fretta che non faccio .in tempo a concentrarmi e afferrare l'essenza. Se vi riuscissi, allora forse mi piacerebbe anche. Arunas M. sorride di me, fa il flemmatico, ma io finisco per convincerlo: tu sei un topo di biblioteca, dico, tu sai cosa disse almeno duemila anni fa Seneca a quel suo Lucilio (e quelli, per quanto possa anche parere strano, discorrevano assennatamente), eppure appari terribilmente ridicolo quando osservi la palla infilarsi nel canestro. Oppure quel dischetto che per caso entra in porta. Non colgo il nesso, dico, tra gli imprevisti e la saggezza. Quale saggezza? - chiede lui. La saggezza del mondo, gli faccio, o davvero credi di essere nato in questo mondo per ballettare allegro come le lepri nei campi e riempirti d'erba la pancia? Per fortuna non la pensa così. Perché noi siamo così, io non lo so. Guardiamo la gente negli occhi, ma facciamo finta di non aver visto nulla. Non possiamo accostarci a uno dopo l'altro e asciugar loro le lacrime. Soltanto quest'anno mentre bighellonavo in città vidi cinque o sei persone con le lacrime che gli brillavano negli occhi. Catturai i loro sguardi e rivolsi a terra i miei occhi. Svicolai di lato come fa un adulto, ed era come se le gambe stesse mi portassero. Perché siamo così, non lo capisco. Forse la smetterò davvero di fissare negli occhi e di catturare sguardi. Se troverò un'altra buona occupàzione, davvero non. fisserò più. Però anche dei libri ne ho abbastanza. Arunas M. afferma di non aver vi~to nemmeno una volta una persona che piange per la strada. E forse cieco, o che? · Ma anche quelli dagli sguardi petrosi, spesso non sono così divertenti come sembra. Hanno imparato a fingere bene, e basta. Più interessante sarebbe sapere quando imparano, se già 60 mentre correvano e sbraitavano nel cortile, o soltanto più tardi. Ho visto di questi piccoli bercianti, uno anche nella nostra corte, i cui sguardi sono come di vecchi. Quasi avessero già vissuto trent'anni. A dire il vero, non accuso il nostro piccolo urlone. Se vedeste suo padre, forse anche a voi passerebbe la voglia di rigirare allegramente gli occhietti. Ma, e gli altri? · E di nuovo ho fatto una digressione. Quando mi ostino mi succede sempre così. Se a scuola ordinano di scrivere un tema, "Le vacanze estive", invento di quelle cose che davvero in testa cominciano a infuriare tempeste o la bufera novembrina. Prendo appena sei, ma dico tutto quello che penso. Soltanto della caccia agli sguardi non ho mai scritto nemmeno una volta. Ma quando lo farò, allora nessuno se ne rallegrerà. Non mi daranno neanche sei. In verità, forse ho preso troppo coraggio. Recentemente tornando da scuola vidi su una panchina un vecchietto, gli sedetti accanto e gli piantai gli occhi in faccia. Non era ancora molto vecchio, ma già incanutito. Quello di colpo sollevò gli occhi dal giornale e mi salutò: - Buon giorno. - Salve, - faccio cenno e, senza frapporre tempo, parlo. --:- Bisogna guardare la gente negli occhi e non- leggere i quotidiani da mattina a sera. Forse lo dissi con troppa forza, ma non s'incomincia altrimenti un discorso serio. L'uomo non se la prese, anch'egli mi guardò negli occhi, addirittura non resistetti e declinai lo sguardo. Per la prima volta incontrai un osso così duro, davvero, per la prima volta. · '- Hai detto la pura verità, - rise in un modo strano. - Eppure volendo cercare la verità negli occhi altrui, occorre possederla anche nei propri. E se cerchi la saggezza, i tuoi occhi non devono essere meno saggi... Così proferì, da non crederci. Gioivo come se avessi trovato il tesoro. Quante volte avevo provato a parlare seriamente con degli sconosciuti, e non ne era mai sortito nulla di buono. Subito cominciavano a elargire le solite storielle: se ti lavi le mani prima di mangiare, se prendi dieci, e così via. Meglio dire "Buonanotte bambino" che quelle conversazioni. - Sono d'accordo con lei - dico,.:......ma io voglio una saggezza viva e non libri o quotidiani. A leggere siamo tutti furbi. Arunas M., il mio amico, anche lui ha letto tutto, eppure cosa gliene viene, lui non ha alzato una volta lo sguardo dal marciapiede ... Avvertivo di non esporre tutto chiaramente, ma il vecchio capiva. Mi guardò, e i nostri occhi s'incontrarono. Resistetti fino all'estremo e stavolta non spostai lo sguardo. Davvero i suoi occhi erano strani. Non così morbidi, come di donna, eppure neanche petrosi. Di questi non ne avevo ancora visti. Ed egli chiede: · - Dimmi cosa vedi. Ma sinceramente, senza fantasie. Sarebbe interessante sapere come faèeva a sapere che potevo fantasticare. Bisogna riconoscere che fantasioso lo sono anche troppo. - Non so dirlo, - riconobbi dal momento che, davvero, non sapevo. Quegli occhi erano talmente severi e quasi ... canuti. I suoi occhi erano simili all'intera sua persona.
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