Linea d'ombra - anno VIII - n. 52 - settembre 1990

IL CONTESTO Il razzismo è un virus? Un falso problema che ci dà dei problemi Giovanni Jervis . / Nei mesi passati i giornali e le reti televisive italiane si sono molto occupati dei fenomeni di intolleranza verso gli immigrati, e di nuovi episodi di antisemitismo. Purtroppo non è stato difficile osservare che queste manifestazioni sono state presentate quasi sempre in un' ottica stereotipata e moralistica. L'allarme per il razzismo, occorre dirlo subito, ha qualche solida giusti_ficazione.Se ora abbiamo in Italia nuovi problemi di intolleranza etnica, questo è soprattutto- come è ben noto- in rapporto a un fenomeno storicamente nuovo per noi, l'immigrazione. È un problema che ci ha, in qualche modo, sorpresi, anche perché si è sommato in modo perverso al persistere-e per molti aspetti ali' aggravarsi - della questione meridionale. Ma è utile notare che l'arrivo di lavoratori extracomunitari crea da noi problemi particolarmente acuti di convivenza anche per altri specifici motivi: in primo luogo perché questa immigrazione sembra avvenire con molto maggiore facilità nella nostra penisola che in altri paesi europei, tanto che oggi non se ne conoscono neppure vagamente i veri termini numerici; e inoltre perché l' Italia, a differenza - per esempio - della Francia o della Germania, ha purtroppo una pessima infrastruttura di servizi civili (ospedali, alloggi a ba9so prezzo, strutture di assistenza sociale, servizi amministrativi) : questa infrastruttura, non essendo adeguata alle esigenze della sua popolazione autoctona, meno che mai lo risulta per i suoi nuovi ospiti. Ma l'allarme è internazionale, e se è vero che in parte dipende dai nuovi movimenti di popoli, inparte ne prescinde. Mo!ti, sia da noi che in altri paesi, hanno la sensazione che la stessa ragione illuminista, la quale è da più di due secoli .Ja misura del mondo e la regola somma del vivere civile, stia perdendo il proprio ancoraggio nel pensiero politico, e quindi dimostri smagliature e segni diffusi di cedimento. Qui si sente, o si teme, non senza motivo, che la frana dell'idea socialista, e forse perfino il tramonto della lotta politica, stiano per aprire il varco a forme regressive e irrazionali di conflittualità, a localismi, a tribalismi, al razzismo spicciolo e su vasta scala. · 11razzismo è veramente una specie di malattia, come tale identificabile e isolabile? Vale la pena di soffermarsi su qualche considerazione che va contrò gli stereotipi correnti. È giustificato argomentare che il razzismo - diversamente da come viene presentato - non è un virus, né reale né metaforico, e neppure è una epidemia psicopolitica di qualche tipo, né una sorta di essenziale veleno sociale che, cacciato nelle fogne dalla storia, periodicamente ne riemerge, a distruggere i buoni rapporti di convivenza. Le idee razziste - cioè i pregiudizi secondo cui i rappresentanti di talune culture sono biologicamente peggiori, per esempio perché più stupidi, o più cattivi - non sono affatto, in realtà, qualcosa di misterioso. Queste idee e atteggiamenti sono legati a pregiudizi sociali molto comuni, e in sostanza sono stereotipi etnici, per lo più di tipo rigido, generalizzante e semplificato, che emergono e sono comprensibili ali' interno di dinamiche psicologiche complesse- ma identificabil~- le quali a toro volta sono espressione di concreti disagi storici, politici, e anche economici. Gli aspetti psicologici non vanno trascurati, anche se hanno poco senso in astratto. Psicologicamente, il razzismo non è sempre nettamente separabile da altre forme di pregiudizio sociale ; esso si alimenta di una infinità di stereotipi apparentemente innocui e molto banali, di cui sono esempio tipico enunciati correnti come "gli italiani sono emotivi e faciloni", o "i tedeschi sono metodici ma pedanti". Vi sono però due fattori che tendono ad accentuare il carattere aggressivo di molti pregiudizi sociali. Il primo fattore è dato dalla tendenza psicologica universale a identificare la distinzione dentro-fuori con la distinzione buonò-cattivo. Questa tendenza è inscindibile dai processi ordinari di costruzione e di difesa dell' identità. In pratica, l'identità di ogni individuo si basa sull' identificazione con un gruppo sociale di appartenenza, di cui egli condivide i valori, e questo avviene necessariamente con una fiduciosa esaltazione della bontà dei valori interni del gruppo: ma sembra che questa esaltazione possa difficilmente aver luogo senza una parallela svalutazione aggressiva dei valori esterni al gruppo, vissuti come controdefiniti e quindi complementarmente opposti. Tale dinamica è messa in atto tanto più fortemente quanto più l'individuo singolo abbia per i più vari motivi una caduta di autostima, o il suo gruppo nell'insieme si senta frustrato, o minacciato nella sua autoriconoscibilità culturale. Il secondo fattore consiste nel meccanism.opsicodinamico della proiezione: la proiezione si manifesta nella tendenza ad attribuire ad altri (in pratica, agli individui esterni al gruppo) quelle caratteristiche negative - in particoiare l'aggressività - la cui esistenza viene negata all'interno. In taluni casi il meccanismo della proiezione produce problematiche psicosociali persecutorie, cioè di tipo paranoide; in altri casi proòuce le dinamiche di espulsione note come "del capro espiatorio" . Un solo razzismo, o molti ? · Beninteso, non è sempre facile comprendere i motivi e le radici di fenomeni di gruppo e di massa che hanno evidenti aspetti irrazionali, e che ci inquietano anche per- questo motivo. La psicologia ci può aiutare. Ma i fenomeni di razzismo, per quanto ambigui, e per quanto psicologicamente contorti, si stagliano sempre su uno sfondo storico. Per esempio, è banale riconoscere caratteristiche storiche e psicologiche ben specifiche nel razzismo più noto ed esecrato: quello tradizionale dei cristiani, da sempre politicamente egemoni inEuropa, contro le minoranze ebraiche. Sappiamo come siaf)o entrati in gioco fattori ideologici, e politici, e religiosi; ma è probabilmente vero che gli ebrei europei sono stati portatori per secoli di un tipo di valori pedagogici, di un'etica e di forme di saggezza familiare del tutto funzionali alla loro sopravvivenza e per certi lati - per quanto questo giudizio pòssa essere generico .:__"_superiori", o meglio "più efficaci" nei cònfronti dei valori cristiani, e in particolare cattolici; così, per vari secoli il loro

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