Linea d'ombra - anno VIII - n. 52 - settembre 1990

SAGGI/MIKES fatto un primo passo, viene investito da una macchina tedesca sopraggiunta a iutta velocità e trascinato per alcune decine di metri. La ragazza persuade il conducente a trasportare J irì ali' ospedale generale, dove però non viene accettato a causa della sua origine ebrea. Bisogna quindi trovare un 'ambulanza per trasportarlo fino alla via Katerinskà dove si trova il reparto per casi del genere. Lo trasportano in stato di coma, con emorragia cerebrale e polmonare. Dal coma non si risveglierà più. Due giorni dopo, il 1 ° settembre 1941, muore. L'annotazione quotidiana della vita nel linguaggio, il tempo dello scrivere col corpo: Orten! Orten non "scriveva" la poesia, lui era il suo testo scritto. Dai tempi di Màcha non esisteva nella poesia boema nessun altro che così completamente si fosse fatto "uno" con quello che scriveva. Orten "scrivente" è tanto poco "poeta" quanto lo "scrivente" Kafka è poco "scrittore". Lui semplicemente è, esiste per tre anni. Vive quando scrive, è condannato a scrivere, alla vita nello scrivere, e tutto ciò che è fuori dell'atto di scrivere e fuori del suo tempo, è il tempo di nessuno, il Mai, e l'/n nessun luogo. Se non scrive non è. Strana, questa doppia faccia della "céchitudine". Vìtezslav Nezval nel '40 fa rappresentare un dramma in versi, l'adattamento di Manon Lescaut di Prévost, il dramma sentimentale della donna-farfalla; della donna-bambina, della donna di tutti e per tutti, della piccola puttanesca insegnante nell"'arte di vivere e godere", il dramma dei sensi sfrenati, della libido linguistica. Nello stesso anno Orten stende una nota nel suo Diario: "Allegramente siamo stati pronunciati. Suonare, sussurrare, tacere, tremare - ma per dove? ... Non la mia morte dico, ma uno stupore che si spegne, dico solo la pietra, greve sulla parola, pietra di tomba, pietra come tante, che si sgretola e muore, a essere pronunziata.(15.1.1940) ""Non scrivere, non leggere nemmeno ...",sussurra nell'altra pagina. E sempre sa- nella sua posizione antisvejkiana valida non solo nel pericolo imminente: "Se fossi in grado di costringermi a una qualsiasi -cosa, tutto sarebbe diverso e diventerei d'un tratto un uomo a posto, uno perbene, in pace col suo tempo, diventerei semplicemente uno di quelli che hanno negato la vanità per non averla capita.(13.1.1940)" I tre libri dei Diari vanno dal 10 gennaio 1938 fino all'ultima nota, fino al giorno della lesione mortale il 29 agosto 1941. 1641 pagine: quasi ogni giorno Orten trascrive nei Diari tutte le sue poesie appena scritte, stende note autobiografiche, racconta i sogni, trascrive le lettere importanti ricevulè e spedite, trascrive brani delle letture. Il Quaderno Azzurro, il Quaderno Zigrinato, il Quaderno Rosso, come Orten li chiama secondo il colore della copertina - o meglio la Azzurra, la Zigrinata, la Rossa, perché Orten - e · questo è importante - Orten li tratta come di genere femminile (in cèco si dica la Modrà kniha, la e non il quaderno). Tre quaderni di misura A5 sono scritti con cura (solo due o tre volte si vede che le note sono scritte senza·minuta, con mano tremante, con la nota aggiunta: "sono ubriaco ..."). Le citazioni sono spesso divise con delle linee, si vede lo sforzo di aggiustare la pagina anche graficamente; le pagine sono numerate, ogni quaderno è provvisto dell'indice dei titoli delle poesie e anche delle prime righe degli altri testi. Qualcosa che si chiude in sé. Che protegge la sua vita. 38 La redazione dei Diari. Una stilizzazione evidente. Come fu detto? la stilizzazione dei tre ultimi anni di vita? Orten - conseguente, nella sua chiusura nel linguaggio condannato al non-essere- "sapeva" che erano gli ultimi. Questo ha portato un osservatore superficiale (Ivanov) alla calunnia (poi diventata accusa) che Orten avesse concluso la vita con il suicidio. No: la redazione del Libro chiuso in sé, leggibile da tutte le parti, essere questo libro, questo quaderno stilizzato, respirare con lui, anzi con lei, riposarsi con lei, stare, anche protetto, come lei, nel cassetto. La prima frase della prima nota della Azzurra dice: "A questo piccolo tavolo, con questa penna e con questa kniha minacciosamente vuota che deve essere riempita ..." Le prime righe già pensano alle ultime e all'orrore contenuto fra loro. Nella prima pagina Orten parla dell'Azzurra in terza persona ma poi le si · rivolge dandole del tu, come più tardi alla Zigrinata e alla Rossa. Sono esseri vivi, da cui si congeda quando va via e a cui domanda consiglio, che guida alla finestra per mostrare loro la via ("Vieni, Zigri~ata, guarda per l'ultima volta la prima stanza della tua vita ... Guarda la stanza che lascerai domani... E guarda dalla finestra, Zigrinata, guarda anzitutto dalla finestra." (p.243-244) Esse sono le amate ("Oh, Azzurra, ritornando a.te, io ti anelavo come la mia amante."p. 122), Orten le tratta come un amante pieno di pudore. Il 12 dicembre 1939 scrive nella Azzurra l'ultima nota, l'Azzurra "muore": "Su questo piccolo tavolo ... mi devi morire, Azzurra. La tua morte si prepara da lontano, sarai sepolta in un cassetto e dimenticata dopo un po' di tempo. Oggi ho scritto-in te l'ultima poesia. Due anni meno un mese sei stata con me, e questi due anni mi sembrano lunghi ..." p. 160); Orten vive la sua morte allo stesso modo in cui Balzac vive la morte del suo protagonista, corre fuori per vedere il paese sotto la neve e continua, riga per riga, a congedarsi dell'Azzurra morente, la ama, la amerebbe anche se fosse sciocca, vana, inutile, niente cambierebbe nei suoi sentimenti (''Eri la più fedele." p. 161) L'Azzurra sorride, ma Orten è triste ("Non sorridere, Azzurra, tu, da cui prendo congedo. A me non viene voglia di ridere." p. 161), L'ultima riga si avvicina, qualche secondo, l'ultima parola destinata a lei," ... mi accendo l'ultima sigaretta e solo lentamente, esitando, rispondo: dopo l'ultima parola viene una parola nuova, forse la troverò!" (p. 161) La prima nota nella Zigrinata è dal giorno successivo, 13 dicembre 1939. Comincia con una confessione davanti a questa nuova sconosciuta, vuole spiegarle cosa vuole a dove si dirige. "Voglio vivere. Chi sorride?" (p. 165): Orten non sa se la . Zigrinata,lo capirà bene come l'Azzurra. "Zigrinata, oggi non si può pensare al futuro, il futuro si misura a settimane, a giorni. E tu sci per anni. Cosa devo dirti? Devo domandarti di durare più a lungo? Sai realizzare i desideri? Non ti conosco ... Zigrinata, fammi continuare il mio cammino! Non permettere che io sia condotto da un'altra parte, per un'altra via, più corta! Non perdere la pazienza!" (p. 166) Di nuovo ha davanti a sé cinquecento pagine di vuoto che deve riempire con il suo manoscritto scabroso, quasi scolastico. Il testo della vita prolungata giorno per giorno ... "Di nuovo prolungato di una settimana!" (13.5.1940, p. 223) "Oggi ho visto la mia 'Strada verso il gelo' che uscirà dopodomani! ... Ho qualcosa di lieto alle spalle, ma tanto orrore

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