Linea d'ombra - anno VIII - n. 52 - settembre 1990

POESIA/ORTEN da cui sopra un letto si china la sple!ldida sicurezza, era una lingua che parla senza lingua. Che voleva Narcisa, quando davanti ai suoi specchi stava e si raggelava da lei ogni cosa toccata? Come Narciso, su,aombra, lei niente, nient'altro voleva che se stessa vedere senz'anima, senza corpo, nel trasparente specchio, cercava solo parole di beltà di durezza, più dure del diamante, bramava di se stessa sapere in sogni estranei. Non fu come sorgente, ma da sorgenti annegata! Ah dove scaturisce quello che qui ci fa scorrere? Di chi le notti insonni su me si sono tanto posate e dilatate che più non c'è spazio? La mia caduta ho trovato. Su che cosa? Sul pianto! Cadevano mie lacrime. Cadevano nelle paludi, cadevano per un regno di miserie e di dolori, cadevano senza pudore, Kàrina, scrivo a voi, domandate alla pietra, che lavo con la pioggia, mi sento come pioggia, che piove sul vostro sepolcro, mi sento come un pianto, senza tempo né forma, vi scrivo, Kàrina, e non so se siete viva, se già non siete dove non c'è desiderio, se intanto non è finita la vostra precaria età. Conosco una bambina. È come un bacio che ancora si cela nella bocca, non deve passare più oltre, si distende soltanto a un sole che è tenue, che non brucia, disseta: su un seno ci fa addormentare. È giovane come la terra, lieve come il respiro, come le prime foglie, come il mattino e la gioia. Anch'io conosco bei giorni. Ma dove mi porteranno? Voi l'avete provato? E lo sapete, Kàrina? So anche una grandezza di donne: aspettare di madre se mai ritorni a lei un triste figlio. So anche la mia terra, letizie senza ragione. E so la fedeltà, ma ignoro dove sia adesso. So i risvegli improvvisi da strazi, da non-speranze - ma sapere è ben poco, ma ben poco è volere, sapere il tradimento, quando il perdono è impossibile. La morte tace al cospetto dei versi, ecco, ne sogno ancora. A quale tempesta si tace? A quale cosa tremenda? Che cosa laggiù capiremo? Che cosa non si disgrega? Che cosa anche là muore? Che cosa là cade in eterno? Gli amori? - Non volevo, non volevo non taceré, perdonate a Narcisa, perdonate la colpa e il mondo, così, col cero acceso, pregate per la terrà che troppo non la prostri il dicembre col suo gelo, che le sia dato un aprile di fiori, che sia per lei bandiera in vetta a una torre la notte, che sventoli alla luce, quando è l'ora delle stelle, che gli amanti la lodino per il dolore. 34 Giovane così crudelmente e appena sul maturare, rido da sanguinare e piango gocce di sangue e da Dio abbandonato e Dio abbandonando vi scrivo, Kàrina, e non so se sono vivo ... Ho risposto al canarino Zitto, ti prego. E non mi domandare. Non è un canto, è una mosca che ronza. Sta' quieto, taci. Le tue piccole unghie non possono aprire una tomba. Ventun anni avrò domani. Ma per questo non sei te. Non so prendere. Non so rendere. Sono quasi cucito in me. Aiutami. Con me protéggi le parole. Non ti sbattere troppo a queste sbarre .. Sono anch'io come te. Di Canarinia. Venuto al mondo per la vanità. Neve o uva Mentre là ai limiti del giorno sporcizia di cose s'ammucchia, ostinazione mi brucia e risucchia in un forno. Quanto ho scordato con dolore! Un verito il tetto mi scoperchiava e senza tregua al mio tremore comandava. Ma tu sei al di sopra del vento, ancora di un seno non toccato dal désiderio svegliato mi sento. E mi sveglio. Nel freddo, pronto i tralci vado a strappare, per tralci di morte a nuotare · nel fondo. Tralci di che? Fiumi oscuri, trascinate via la penombra, perché in me la sfiducia non duri che m'ingombra. S'imbeve l'universo di pianto. Che cosa voglio? La neve o l'uva? La mia gola libera e nuda nel canto! ·

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