sione atavica proprio della scuola lombrosiana di diritto penale (vedi l'Alfredo Niceforo de La delinquenza in Sardegna del 1897). Invece la seconda metà del Novecento, a cominciare con Cagnetfa e poi specialmente con Pigliaru in ambito scientifico, e con De Seta in ·ambito artistico, risulta positivamente folgorata dall 'idea della delinquenza pastorale come fenomeno antropologico, come epifenomeno del pastoralismo sardo, come aspetto solidale.con le caratteristiche di un certo modo sardo di fare il mestiere del pastore. Intanto però da secoli il senso comune, a ogni recrudescenza delle forme sarde di violenza agropastorale, va ripetendo nel migliore dei casi che si tratta di nuovi guai, di degenerazioni di una situazione immaginata migliore in un vago passato, ·oche si immagina, per lo meno, meno ignobile e più capace di regolare la violenza insita nel modo. di vita dd pastori sardi. Banditi a Orgosolo: pastori a Orgosolo. Il vecchio pastore Floris Carlo, nel 1951, intervi- .stato da Franco Cagnetta, "aveva suoni da gallina", tanto aveva perso l'abitudine al consorzio umano. E Michelangelo Pira annota quasi trent'anni dopo che quel che Cagnetta "scopriva nella vita delle campagne di Orgosolo com'e eccezione alla metà del XX secolo era condizione normale del pastore nei secoli precedenti", che cioè un uomo potesse stare col suo gregge assente dal paese per trent'anni interi. Contro la sbrigatività del senso comune interno ed ~sterno che si è esercitato nello spiegare la violenza sarda agropastorale, bisogna ancora riproporre la semplice idea guida dei migliori studi come delle migliori opere d'arte, presente. come leitmotiv anche nel film di De Seta: per la "delinquenza" sarda agropastorale si tratta di mutare, modernizzandolo, un genere di vita millenario che ha prodotto uomini capaci di virtù che risultano ancora tragici difetti, ma aspiranti anch'essi per primi a una vita diversa, più aperta alle pacatezze e alle risorse d'un umanesimo che non abbia più bi-sognodi senllrsi sempre solo all'erta contro tutto e contro tutti, dentro la propria comunità e nei rapporti con poteri dello stato. A trent'anni da Banditi a Orgosolo, si può salutare come positiva la novità che stavolta, con il film Disamistade, è stato un sardo a fare cinema sulla Sardegna, un film d'autore che, pur mirando al grande pubblico della televisione e dei normali circuiti di distribuzione, vuol essere una cosa seria, cinema d'autore. Disamistade racconta una storia di un giovane che negli anni Cinquanta dovrebbe compiere il dovere ingrato di vendicare la morte del padre uccidendone l'assassino. Una vecchia storia, dunque: la solita storia? A parte che non è solo vecchia, ma purtroppo ancora attuale in Sardegna una vicenda di faida e di vendetta, questa volta non si tratta della solita storia, per almeno due motivi. Disamistade è innanzitutto un film di un autore sardo che ritorna, ripensa, riscopre, , rivede, cerca di capire, con interferenze d'esilio. lo la vedrei come un'operazione demiurgica di ricomposi'zione del passaio, anche per comprendere i rimasugli tenaci e ingombranti che ne restano al presente. Gianfranco Cabiddu è un cagliaritano con una laurea in etnologia al Dams di Bologna. Cabiddu situa la vicenda in un momento cruciale della nostra storia recente: all'inizio della fine di un mondo millenario, cancellato in misura rilevante appena ieri, ma che oggi appare così remoto che per'un sardo non ancora cinquantenne sono più lontani gli anni della sua infanzia che i giorni della sua infanzia dal giorno della creazione. Una storia di disamistade che si svolge dunque trent'anni fa nella Sardegna interna e pastorale. . È il racconto dell'inizio della fine di un mondo, momento di trapasso e di vertigine, quando anche il vecchio gioco dell'odio e della morte comincia a non avere il senso e la terribile importanza di una volta, quando i tempi alimentano semi prepotenti del nuovo, e di modi nuovi d'essere uomini interi, valenti. Se di una storia di ancestrale disamistade si tratta, si tratta anche di una disamistade tra vecchio e nuovo e tra gente che li incarna in modo dilacerante: Disamistade, anche, tra l'uomo e la sua terra ·che in modo contraddittorio lo costringe contemporaneamente a fare i conti con un passato che si sgretola e con un futuro che sta nascendo nel travaglio di un parto ritardato e perciò tanto più difficile e urgente. Disamistade sembrerebbe raccontare un episodio della lunga inimicizia tra i sardi e la Sardegna. Una storia narrata da chi sa quanto è stato difficile essere di queste parti, semmai oggi n.on lo fosse più come una volta. Basterebbe questa intenzione dichiarata a farci intendere come siamo lontani questa volta, finalmente, da ogni folclorismo idillico, dal compiacimento dell'arcaico, da ogni generica denuncia di costumi fondati su un'etica ·dell'odio, da una altrettanto generica giustificazione nostalgica di un pàssato in via di definitiva sostituzione. Il senno di poi, oggi, ma anche la pietas dell'artista che fa rivivere usi e costumi e sentimenti, portano dunque sullo schermo una storia di inimicizia tra uomini, tra quegli uomini e il mondo che li ha fatti,'tra gli uomini quali sono e gli uomini quali vorrebbero essere e diventare. Il protagonista infatti odia più il suo dover essere vendicatore che il nemico su cui deve vendicare la morte del padre e tutte le altre pene che il suo indugio gli procura. Il protagonista di Disamis'tade non sa più colpire con la mano dei padri, ma non sa ancora smettere di colpire: colpirà senza odio, in un modo indecifrabile dalle sue vittime, atterrite anche perché non ne capiscono il comportamento, così come non lo intendono gli amici e le sue donne, madre e fidanzata. E poi espierà, sarà bandito e infine si consegnerà alla giustizia, anche per sfuggire a unmondo dove nessuno può risarcir- . lo della costrizione all'odio e alla rivalsa. Con questo tipo di uomini e di donne, protagonista è anche la terra di Sardegna, coi suoi personaggi (primaverili questa volta, e scelti con pazienti sopralluoghi e guide indigene), coi suoi panorami da antico continente remoto, e con le opere e i giorni del suo passato recente eppure ormai anch'esso così remoto. Il cinema ha debiti vecchi e nuovi da saldare con la Sardegna: debiti di faciloneria e di esotismo di maniera, per esempio; oppure di folklorismo fatuo nel caso di quel poco cinema (quasi tutto documentario) fatto da sardi sulla Sardegna. Se non ci fossero stati già De Seta e i Taviani, questo film un tantino stile western per lo meno risarcisce di molte sbadataggini, aspirante com'è al rigore anche sul piano dello stile etnico, del .colore locale. ~ Novità Marsilio e MarinaVlady VLADIMIR ILVOLOINTERROno Traduzione di GianniDaCampo L'amorediun'attrice eunpoeta nellaRussiadelgrande g lo pp. 320,L 28.000 LucaDamiani GUARDATIAVITA. Unagenerazione ssessionata d c llivimaestri pp. 192,L 24.000 GiulioAngioni IL SALESULLAFERITA Ilpassalocheritorna.Unoscuroomicidio nellaSardegna del 1948 pp. 216, L. 25.000 Letteratura universale Aleksandr Mio L'OMBRADIBARKllV a cura di CesareG. De Micbelis Unaballatalicenziosa in unineditomondiale · delmassimo p etarusso pp. 104, L. 12.000 HiragaGennai LABELLASTORIADISHIDOKEN a cura di AdrianaBnlcaro L'avventuroso viaggio d unmonaco nelpaese dei Pelli/orali e inaltriluoghi fantastici pp. 208,L 14.000 @ AugustoPlacanica SEGNIDEITEMPI Ilmodelloapocalillico nellatradizioneccidentale pp. 374,L48.000 MichaelEve• DENTROL'INGHILTERRA Ragioni emitidiun'identità. Unindispensabile «baedecker» p r conoséere im ccanismi · diunalinguaediunacultura pp. 248,L 32.000 FrançoisTruffaut L'UOMOCHEAMAVA LEDONNE Ildesiderioossessivamente c rcalo emaiappagato pp. 128,L20.000 MicheleRak LASOCIETlLEnERARIA Seri/lori elibrai, stampa/ori epubblicone/11talia de/l'industrialismo pp. 216,L28.000 Libri illustrati TIZIANO La mostra dei capolavori del1/111e!tro delRinascimento pp. 452,con423 ili., L 64.000 CATASTONAPOLEONICO . MAPPADELLAc1nl DITREVISO Ventiquallro tavoleacoloride/l'origina/e ol/ocenlesco fedelmenle riprodo110 L. 360.000
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