CONFRONTI Il massimo che si può fare è tacere di fr-onteagli altri esseri umani e avere un'indulgenza fraterna perché siamo tutti sullo stesso percorso di disastro e di miseria e andiamo tutti verso la polvere. Cosa pensi della storia dell'America latina? Da quanto ho detto capirai che il deteriorarsi, lo sprofondare del]' America latina, né mi sorprende né, in fondo, mi interessa particolarmente. In America latina si è commesso l'errore di cambiare il vincolo con la penisola iberica, che ci legava a 10.000 anni di storia mediterranèa, di sapere umano, di filosofia, di creazione artistica, - una soluzione rousseauiana di un:ingenuità infinita che è sfociata in dittature militari, in violenza politica brutale, e che non ha portato alla creazione di veri paesi. Le nostre non sono nazioni. Abbiamo 150 anni di storia. In Francia 150 anni sono il corso della vita di due re. Ci sono stati 41 re in Francia e questo ti dà l'idea di quanto siamo giovani e immaturi e del perché ci trasciniamo un'eredità così sinistra dalle guerre di indipendenza in poi. Non so che sarà di noi. So che forse stiamo toccando il punto più basso del nostro destino. Hai mai provato afàr fuori Maqroll? Un'infinità di volte.Non ce l'ho fatta. Per me era diventato un'ossessione. Ma un bel giorno mi sono accorto che in fondo era la parte di me che non potevo realizzare nella mia vita quotidiana, che lui era me stesso, e così ho rinunciato. · Ti sei sempre proposto di scrivere un libro sul tema del fiume e di Sim6nBoUvar, ma ti sei limitato alframmento intitolato L'ultimo volto ... Non è vero. Ho scritto il libro, tutto, ma quando l'ho terminato mi. sono reso conto che sarebbe stato necessario un lavoro di ricerca sui giorni del Libertador sul fiume Magdal~na e poi a Cartagena, B arranquilla, Santa Marta dove muore, e un' attenta lettura di tutta la s:uacorrispondenza. Non avrei mai fatto una ricerca così minuziosa. Il tema non mi interessa così tanto, non sono un bolivariano convinto né un entusiasta della figura del Libertador. Decisi di riscattare il frammento del romanzo L'equivocoNewton, fotografo alla moda Diego Mormorio Scrivere di Helmut Newton è scrivere di un equivoco. Di un equivoco grossolano, generato da una schiera di scrivani di riviste di moda. con il sogno premonitore della morte di Bolfvar, lo intitolai El ultimo rostro e distrussi il resto dell'originale. Credo che con la pubblicazione di Il generale nel suo labirinto di Garda Marquez nei paesi europei, si sia creata una gran confusione. Si tratta di due visioni di Bolìvar completlll]lente diverse, anzi opposte. La visione di Gabriel è sorretta dalla ricerca che ha fatto. È un uomo molto più disciplinato di me, molto più severo con i suoi progetti. Comunque il suo Bolfvar ha punti in comune con il mio, per esempio la consapevolezza del fallimento, anche se i motivi proposti da Gabriel sono diversi da quelli proposti da me. Il mio Bolfvar ha un'amarezza di altra natura, è visto nell'ottica più europea di Napierski, ufficale polacco dell'esercito napoleonico che parlava un francese impeccabile. Gabriel, sapeva del mio progetto di scrivere questo romanzo, ma aveva già in mente una visione completa del suo libro esi trovava in una fase avanzata della stesura quando venne un giorno a trovarmi emi chiese se intendevo o no finire il mio. Gli risposi che non solo l'avevo già"finito, ma che I' avev_oanche distrutto. Gli prestai persino alcuni dei documenti in mio possesso come Las memorias de O' Leary, EI'diario de Bucaramanga e altri. A cosa stai lavorando in questo momento? Continuo a scrivere poesia e a pubblicarla, di tanto in tanto. Ora è uscita la mia opera poetica completa pùbblicata dal Fondo de Cultura Economica col titolo diSumade Maqroll, el Gaviero. Poes{al 948-1988. Comprende tutti i miei lipri e una buona quantità di poesie inedite, apparse su riviste ma mai raccolte in volume. Continuo a scrivere poesia, ma sto anche ultimando un romanzo che si chiama Amirbar, dal nome di un generale delle galere nel regno della Georgia che viene da Al-amirbar, che in arabo vuol dire capo del mare. Amirbar è la narrazione delle esperienze di Maqroll el Gaviero nelle miniere d'oro della cordigliera delle Ande. Mi sta costando molta fatica. È un ambiente che ho sfiorato nel testo chiamato Cocora in La Neve dell'Ammiraglio. Si tratta di uno sviluppo di questo testo. Nato a Berlino nel 1920, Newton si formò professionalmente facendo l'assistente di Else Simon, fotografa di moda e di nudo, più nota col nome di Yva. Nello studio di questo personaggio ormai ricordato solo in una cerchia ristretta di cultori di storia della fotografia e del tutto dimenticato negli ambienti di quelle riviste che la resero celebre, Newton lavorò per due anni, ~l 1_936 ~ 1?38, fino a quando cioè le persecu~ zioru razz1al1 non lo costrinsero a lasciare la Germ~a. Visse, dunque, dapprima a Singapore e poi, dal 1940, in Australia, con la cui armata partecipò alla seconda guerra mondiale. Nel 1956 abitò per un anno a Londra, lavorando per "Vo~u~•:- Nel 1957 si stabilì a Parigi, dove commcm a collaborare con "J ardin des modes" "Elle", "Queen", "Nova", "Marie-Claire" ~ "Stern". Attraverso questi giornali divenne ben presto fam~so._~a fu soltanto negli anni Settan- , ta che commc10 a essere una sorta di mito del mondo della moda, per divenire poi, nel decennio scorso, il più celebre e pagato fotografo del panorama internazionale. questa celebrità? Su un equivoco. Da oltre quindici anni, Newton viene definito dai redattori delle riviste 'di moda - che. creano i loro miti con la stessa facilità con cui li dimenticano - "rivoluzionario", "trasgressivo'', "distruttore di tabù". E l'equivoco sta proprio qui.Nel fatto che Newton non è niente di tutto ciò, ma precisamente il contrario: un reazionario. Reazionario nel senso più proprio del termine. Le sue immagini, infatti, incarnano un modello del tutto opposto a quello che i movimenti delle donne harmo negli anni scorsi tentato di affermare. Egli rappresenta la donna (e il sesso) secondo i più tradizionali schemi dcll 'immaginario maschile e dentro un quadro di ostentazione del denaro e del potere. La "fatalità" delle donne da lui rappresentate è• assolutamente inscindibile dalla ricchezza. "Al centro delle mie fotografie - dice - ci sono sempre le donne ricche. lo fotografo l'alta borghesia". In ·questo modo il richiamo del corpo femminile diviene nelle sue immagini fascinazione del deJlarO e dei valori dei suoi detentori: elogio del potere. Di un potere tanto sicuro di sé che può esibirsi anche nei parmi della sguaiatezza. Newton, anzi, ama questi parmi e ce li mostra come parte del fascino delle donne ricche. "lo ador<?la volgarità", dice. Ma · quella che rappresenta è sempre una volgarità che rimane dentro una logica celebrativa e che soltanto uno sguardo superficiale può scambiare per trasgressione. È solo trivialità del potere, del più forte. Così anche il sado-masochismo, che è di per sé specchio di una sessualità alienata, interna a una logica sopraffatti va, di vittime e carnefici, non può considerarsi trasgressivo, ma semplicemente il frutto magnificato di una cultura di disparità e violenza. Nelle foto di Newton vi è un razzismo latente, che si fa palese nella foto in cui una donna bianca in tenuta sahariana, col frustino in mano, cammina seguita da una nera che porta in braccio un bambino bianco. Newton dice che nelle sue fotografie "tutto è basato sulla realtà". Non certamente sulla critica della realtà. Talé esercizio, del resto, è del tutto estraneo al "sistema della moda" e irrealizzabile al suo interno. Newton comunque preferisce pensare che nelle sue immagini non ci sia alcun messaggio. Ma forse, quando afferma questo, dice soltanto qualcosa che non pensa. Così come le sue foto sono il contrario di ciò che comunemente si dice. Ma su cosa si fondava e continua a fondarsi 26 Per Newton la bellezza è conchiusa in una donna fatale che costringe l'altro a un desiderio mai del tutto appagabile. In una donna che,nel suo rimanere irraggiungibile si fa estranea alla parola e alla parità, per configurarsi soltanto come oggetto di de~iderio, come astrazione.
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