CONFRONTI Sono questo e altri gli aspetti per cui l'ammirazione di Calvino appare sincera: l'internazionalismo, che è "un'amicizia istintiva che non ha niente a che fare con l'attrazione per l'esotico e l'eccentrico, ma tende a ritrovare nella gente più diversa il fondo comune": dove si inanifesta uno degli aspetti più singolari del rivoluzionarismo di Calvino, cioè il conservatorismo positivo, la memoria stratificata delle tradizioni. E ancora, l'amore per la natura, che "non è un mito esaltato e confuso (né un mito d'evasione, né un mito di religione paganeggiante, né un mito astrattamente scientifico), è un amore nitido, minuto, quasi da pari a pari, e pur goduto in tutta.la sua multiforme pienezza. La natura s'apre come il campo d'ogni nazione umana, come l'integrazione dell'uomo, il suo specchio ideale". Il taccuino è punteggiato d'incontri con gente che legge,.magari una parrucchiera "appetitosa" nella brevissima pausa tra due clienti: l'alfabetizzazione, l'importanza data alla lettura - più libri che giornali però - sono rimarcate ovunque. In visita alle scuole di Mosca, Calvino enumera i ritratti cii padri della patria e scrittori alle pareti, da Tolstoj a Turgenev a Dostoevskij (malgrado in Occidente si dica sia stato "epurato") a Gorki a Majakovskij ma soprattutto a Cecov. E termina con questa annotazione: "Qui i ragazzi delle scuole medie studiano Cecov come un classico: da noi i classici 'scolastici' più moderni sono Carducci, D'Annunzio ...". I libri: qui riviste come "Il giovane colcosiano" regalano agli abbonati le opere di Puskin, Lermontov, Majakovskij. Esiste però quasi sempre una compensazione: di Goldoni, accanto al Servitore di due padroni, si traduce Il feudatario. Accanto ai classici, che hanno un po' la funzione dei "garanti" di certe nostre testate, si annidano i Premi Stalin e le loro creazioni. Viceversa, se al circo lo spettacolo comincia éon una poesia sulla pace, l'indovina chiude il suo numero declamando Majakovskij. Nel Romeo e Giulietta di Prokofiev '.'le contese dei Capuleti e dei Montecchi appaiono un fatto estraneo alle masse, una guerra tra padroni( ...), e i d~e giovani amanti sembrano incarnare, nel cuore delle famiglie rivali, il desiderio popolare di pace". Ritroviamo.ancorai! vero Calvino nel momento a lui più congeniale, l'incontro con la Prospettiva Nevskij, cioè con i suoi classici russi. Rapito, sembra parlare solo a se stesso: "una viad 'una eleganza asciutta, senza orpelli, come una donna troppo 'sicura di sé e delle sue doti per , adornarsi, una via con un che di ventoso e di tagliente-'-- di marino". Sempre a Leningrado, il racconto dell'assedio nazista durante il quale "s'andava al fronte in tram". Infine, in visita a una fabbrica di caramelle, scrive: "un giorno forse scriverò un inno a un'impastatrice: la poltiglia caramellosa ruota intorno a due perni e cambia colore a poco a poco, con filamenti e tentacoli di sfumature sempre diverse"; dove l'elemento leggero delle caramelle la vince sull '.inno tecnologico tipico del realismo socialista e prelude all'ultimo lavoro di Calvino: la tradyzione del!'! nno allaplastica di Queneau. Ma è questo piglio, è la giovinezza, i ventott' anni, l'essere nel pieno delle forze e dei sensi, la spinta propulsiva di questo taccuino, anche quando dice: "La Rivoluzione è una cosa che sembra successa appena ieri". Infatti, sembrerà frivolo, ma il filo conduttore più resistente a una prova-sincerità sono le donne, le ragazze, viste spesso come il vero cardine del sistema sociale (e il primo articolo s'intitola Le ragazze di Lvov): "Forse chi dà il tono sono queste ragazze non dipinte, molte con trecce, con le camicette di seta artificiale bianche o a fiorellini, coi vestitini di lana; ma questo è ancora dir niente perché si potrebbe pensare che abbiano un'aria bigo_tta,o puritana, o noiosa, o provinciale; invece sono tipi attentissimi, sguardi trepidi e pur semplici: un'aria da studentesse d'altri tempi, un'aria insieme intellettuale e campagnola". Le donne di Bakù "sono brune e spesso attraenti: hanno profili fieri e taglienti, petti arditi, a sesto acuto come le loro finestre". Qui sìamo nei paraggi delle Città invisibili. E le leningradesi che rispetto alle "soffici" moscovite hanno un "brio parigino o viennese". Calvino si sarebbe poi accorto che, con l'espediente delle miniature socialiste, non s'era reso dissonante dal coro, anzi. Tanto più che nel suo campo, lo stalinismo si presentava del tutto smascherato e ingiustificabile: "La letteratura•e l'arte sovietica - da quando il periodo rivoluzionario s'era esaurito - erano d'un tetro squallore, l'estetica ufficiale consisteva in rozze direttive caporalesphe". (14) Calvino lo aveva capito e, nelle forme allora consentite, lo scriveva; ma, ammette, non aveva compreso il punto fondamentale, cioè "che era il.sistema staliniano nella cultura a imporre necessariamente il predominio delle canaglie", e non si trattava di un momentaneo intorbidamento intellettuale. Fu forse Stalin nel 50 iFarabolo). proprio questo viaggio a chiarirgli che il suo piffero: se suonato esplicitamente per la rivoluzione, emetteva note stonate. • Espulse dalle prose di viaggio e, in modi opposti, dai racconti sulla tetraggine capitalista, le inquietudini sul comunismo vanno cristalizzandosi nel corso di dieci anni, fino a rendersi compiutamente visibili in quella vera e propria concrezione calcarea che è un famoso periodo, lungo due pagine, ali 'inizio deLagiornatad' uno scrutatore: inesso sono rapprese, articolate, messe in attrito, tutte le eterogenee componenti del "comunismo" di Calvino. Anche i suoi racconti più comunisti, Calvino li scriverà, per paradosso, dopo le dimissioni (agosto 1957) dal Pci: la Speculazione, la Nuvola, lo Scrutatore. Ma forse l'addio definitivo al partito, aHo stalinismo, è in un testo insospettabile: l'Introduzione alle Fiabe italiane, datata settembre 1956: "E per questi due anni a poco a . poco il mondo intorno a me veniva atteggiandosi a quel clima, a quella logica, ogni fatto si prestava a essere interpretato e risolto in termini di metamorfosi e incantesimo: (...) e così nelle vite dei popoli, che ormai parevano fissate in un calco statico e predeterminato, tutto ritornava possibile; abissi irti di serpenti s'aprivano come ruscelli di latte, re stimati giusti si rivelavano crudi persecutori dei propri figli, regni incantati e muti si svegliavano a un tratto con gran brusio e sgranchire di braccia e di gambe". Nel mondo senza tempo della fiaba irrompevano le rivelazioni del XX Congresso del Pcu~. Note 1) Per le citazioni dal Taccuino ci si riferisce ali' edizione romana de "l'Unità". L'annata 1952 è disponibile in microfilm nell'archivio del giornale. Gli articoli vi apparvero dal 3 febbraio al 15 marzo (3, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 13, 15, 16, 17, 19, 20, 22, 24, 29 febbraio e 2, 6, 11, 14 e 15 marzo). Non sono citati nelle note, per non appesantirle, date e titoli dei. pezzi da cui è tratto ciascun brano. 2) Risposte di I. C. al questionario proposto da "Il Paradosso", n. 2324, a. V, settembre-dicembre 1960, pp. 10-18. 3) I. C., Ma ne sapevamo tutti poco, "Corriere ...", 13/X/1974. 4) I.C., /saggia congresso, "l'Unità" (ed. torinese), 6 ottobre 1946. 5) LC., Ìl mare dell'oggettività (1959), in Unapietra sopra, Einaudi, Torino 1980. 6) LC., Onore ai cannibali, "la Repubolica", 8 gennaio 1980. 7) P. Spriano, Le passioni di un decennio. 1946-1956, Garzanti, 1986, p. 19. 8) Sono stato stalinista ..., cit. 9) E. Scalfari, Calvino: 'Quel giorno i carri uccisero le nostre speranze' (intervista), "La Repubblica", 13 dicembre' 1980. · 10) N. 1170 del 18 settembre 1988, pp. 128-137. 11) Il Mulino, Bologna 1988. 12) "Questo e altro", n. 1, 1962, pp. 33-44. . . 13) Lettera del' 9 giugno 1959 cit. in Pier ~aolo Pasohru, Lettere 1955-1975, a cura di Nico Naldini, Einaudi, Tonno 1988, p. L. 14) Sono stato stalinista ..., cit., 23
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