Linea d'ombra - anno VIII - n. 52 - settembre 1990

CONFRONTI sistemi, maha fiducia che il suo credo possa essere contenuto anche in immagini microscopiche, ed esserne· • espresso e suffragato. Calvino dice subito che tralascerà di proposito tutte le informazioni "quantitative" ricevute, come pure le conferenze per cui non nasconde la sua noia giovanile: "questo taccuino è destinato ad annotazioni spicciole e individuali". E gli articoli si presentano composti di brevi osservazioni, schizzi di una decina di righe, separati gli uni dagli altri con asterischi. Solo un paio di volte infrange la regola, e le annotazioni minute reggonoda sole dei paragoni UsaUrss: il termine americano "grattacielo", confrontato con l'equivalente sovietico che suonerebbe "case-amolti-piani", gli fa deplorare "il paradosso americano a confronto c'on l'assennata tranquillità dei sovietici". Calvino affronta questa trasferta come un rito d'iniziazione laica in cui egli, giovane intellettuale problematico, brucia sull'altare del socialismo le scorie della propria perplessità, vestito del saio di ciò che Vittorini sul "Politecnico" aveva definito "vergogna di essere borghesi": "È un mondo semplice e giovane:_riuscirò mai - mi domando - a entrare in questo spirito?". In visita a una serra Calvino, annota: "mi riporta una ventata di sensazioni della mia infanzia rivierasca; ma là non\ riuscivo a collegate quei quieti e tranquilli paradisi vegetali e scientifici col resto del mondo intorno; qui invece le stesse cose sono all'apice di tutta una società, una civiltà". L'Urssdiventa forse il luogo in cui Calvino ripara alla scissione tra l'io borghese (la famiglia benestante cliscienziati progressisti antifascisti liberi pensatori) e il mondo (la "Liguria magra e ossuta" del suo primo articolo, proprio su "Il Politecnico")? Sembra che qui Calvino voglia sciogliere il rannodamento interiore che gli provocava la vicinanza del padre, la sua mentalità, il suo lessico avvertito insieme come tentatore e respingente, .straniero ma carne della sua carne. Sono i temi de La strada di San Giovanni, prosa autobiografica del 1962. (12) E come egli si sforza di essere rapido e semplice, quasi elementare nello stile di questi articoli, così insiste su parole tematiche come naturalezza semplicità gaiezza amicizia festosità divertimento sobrietà tranquillità agio. Calvino conosceva la teoria eliotiana del "correlativo oggettivo" e traducendola con parole proprie sostenne, polemizzando per lettera con Pasolini, che 1~parole-chiave vanno sempre taciute, in favore dell'evocazione di atmosfere è stati d'animo equivalenti, che alludano a esse senza pronunciarle. (13) Le insistenze di Calvino sulle parole sopracitate suonano come altreJtante scuse non richieste. Il paradigma di questo atteggiamento è la descrizione delle rozze casette di legno che egli si sfona di renderci graziose: "Ma ecco che a poco a poco mi vengono in mente riferimenti di vecchia Russia, specie nei punti di Mosca più rustici e paesani: una suggestione di atmosfera alla Gorki. Ed è pure da tetti di casette come queste che prendono il volo gli evasivi folletti di Chagall". Il senso di un racconto di Calvino è spesso nella scintilJa prodotta dall' atçritodi due immagini contrastanti. Giustapporre l'aereo Chagall al massiccio Gorki gli permette di unire il dovuto ossequio alla segreta, forse inavvertita ribellione: conoscendo il seguito della storia, siamo indotti a pensare che "evasivo folletto" fosse Calvino stesso. Si è finora rintracciato qualche segno del Calvino "comunista schizofrenico": ma esiste in questi articoli qualche espressione diretta delJa sua diffidenza, del suo disagio? Un'impressione d'estraneità al suo arrivo aMosca è subito scacciata: "Comincio a capire come va guardata l'Urss: c~me un mondo che non sta mai fermo e di cui non puoi mar dire: 'È così', perché sempre vedi insieme com'era e come sta diventando e 22 come diventerà". Calvino, che dà il meglio di sé quando, con amabile pedanteria, si sforza di dipanare la complicazione sottesa a fenomeni elementari, offre in queste cronache volutamente zavattiniane un' immagine bidimensionale delJ'Urss: è una collezione di cartoline dai coloripastello come le prime stampate in . Italia negli anni Cinquanta, dal cielo troppo azzurro e i prati troppo verdi. In molti dei luoghi visitati Calvino ha l'impressione, giungendovi, di conoscerli da sempre. Si sforza di trasferire sulla pagina un senso della vita lineare, una scorrevolezza nei rapporti umani che contraddice tutta la sua opera. Il tema più increscioso affrontato esplicitamente è quello delle code ai negozi. Per alleggerirlo, Calvino tenta la caricatura, e l'articolo si trasforma in una minuscola pièce in cui egli apostrofa la guida col suo caratteristico falsetto ("Dites moi, V. Stepanovic ...") ben noto a quanti ebbero occasione di conversare con lui. Quest'uso sdrammatizzante del francese è per chi legge una nuova messa irÌ guardia. La guida gli spiega che i negozi aprono alle _11e chiudono alJe 20 (8 ore più una d'intervallo) cosicché possa fare le compere la gente uscita dalle fabbriche alle 19. La fila la fanno i colcosiani che devono attendere l'apertura, perché venuti . a Mosca di prima mattina a vendere i loro prodotti al mercato. Alla fine il "C'est c1air?"con cui V. Stepanoviè chiude la troppo particolareggiata spiegazione (mezzo articolo) appare vagamente beffardo e minaccioso. Ed' ora in poi ogni voi ta se un dubbio sorge è solo perché venga espresso con frettolosa ritrosia e subito dopo fugato minuziosamente. Così, anche di un tipico dramma edificante - "la storia d'una ragazza sovietica che perde la vista e che le compagne e i compagni salvano dalla_disperazione, finché un 'operazione non le rende la luce" - Calvino dice che "sembra non indulga alla retorica caramellosa che siamo abituati a considerare inevitabile in queste cose". Viene consigliata la visita al museo dei doni fatti a Stalin per il settantesimo compleanno. Ricorrenti sono le case dei pionieri, della cultura e dei sindacati, i cori di ragazze del Komsomol che accolgono la comitiva italiana alle stazioni, cantando La donria è mobile o Santa Lucia. Di ogni biblioteca si cita il numero, migliaia o milioni, di volumi (unica eccezione alla regola del rifiuto delle statistiche). Al Museo della Rivoluzione i cimeli sono illustrati da massime, incorniciate, dei capi, e da dipinti che sceneggiano episodi salienti della vita del Partito. Calvino approva questo "intento • didattico di massa". Dopo molti di questi assaggi, un intero articolo è dedicato alla casa della cultura "Kirov" di Leningrado: s'intitola La casa delle vocazioni: "Da noi, l'arte dei dilettanti ha spesso un carattere di malinconica evasione, di patetica velleità. Qui la società pare una gran pompa aspirante di vocazioni: quel che ognuno ha di meglio, poco o tanto, se c'è deve saltar fuori in qualche modo". A una delle rare rievocazioni storiche dà occasione proprio un "piccolo uomo", un marinaio, uno dei capi del Soviet organizzato a bordo dell'incrociatore "Aurora", "le cui cannonate contro il Palazzo d'Inverno, il 7 novembre 1917 segnarono l'inizio della rivoluzione". E il solo culto delJa personalità per cui Calvino mostri d'entusiasmarsi è quelJo per Lenin, un omaggio "che non ha nulJa delJa venerazione religiosa, ma è tutto determinato, storico, attento al procedimento del pensiero, alJ'esempio pratico di lavoro. Non posso fare a meno di pensare che se, per esempio, in Francia si fosse mai fatto qualcosa• di simile per Rousseau, per Voltaire, il pensiero dell'Occidente e la sua storia stessa avrebbero avuto un corso diverso, si sarebbero meglio difesi da tante involuzioni". Calvino sorvola sul fatto che i culti di Voltaire e Rousseau possono convivere in una singola persona, ma se professati da una nazione intera dovrebbero essere radicalmente alternativi; altrimenti si cade nella superficialità deamicisiana che appiattì Garibaldi e Cavour nello stesso exemplum di ecumenico fervore risorgimentale.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==