CONFRONTI distinguere, condannare, indicare; ma non dimenticare, non escludere nulla di quel che succede o è successo: neanche Gentile, neanche Rosenberg". (4) Aveva un concetto estensivo ma preciso di "rivoluzionario": "Rivoluzionario è chi non accetta il dato naturale e storico e vuole cambiarlo". (5) Il suo fu un comunismo stoico, nel quale l'ottimismo della volontà riesce a elevarsi solo sulle fondamenta di un pessimismo dtll 'intelligenza portato alle estreme conseguenze. Il Marx più radicato in lui fu sicuramente quello materialista: ancora nel 1980 riaffermò che "la forza - e la necessità morale - d'ogni 'materialismo' è nella sua 'volgarità', cioè nella determinazione a riportare tutto all'elementarità dei problemi della sopravvivenza". (6) Paolo Spriano ci avverte poi che "forse non c'è stato nell'Italia degli anni Cinquanta un altro intellettuale, diciamo un altro scrittore di quel livello, che si sia ocèupato come lui dell'operaio quale figura sociale concreta". (7) Sul!' "Unità" Calvino scriverà spesso reportages dalle fabbriche, resoconti di scioperi, descrizioni minuziose, narrate, raccolte "sul campo", delle catene di montaggio. Il precipitato letterario di quella stagione è nella saga di Marcovaldo e in diversi altri racconti non pubblicati in volume, che portano titoli come La fabbrica occupala e La ragazza licenziata. Sono la faccia nascosta di Marcovaldo, racconti la cui cupezza non è riscattata nemmeno dalla linearità dello stile,' che proprio per questo dimostrano quale misera cosa fosse l'Italia anni Cinquanta. Eppure, :;e il comunismo come sce!ta umana non è mai in discussione, la condotta nazionale e soprattutto internazionale del partito mette a coltura dubbi e induce a compromessi: "il comunismo era uno stretto imbuto che bisognava attraversare per ritrovare dall'altra parte un illimitato universo. (...) Lo stalinismo si presentava come il punto d'arrivo del progetto illuminista di.sottomettere l'intero meccanismo della società al dominio dell'intelletto. Era invece la sconfitta più assoluta (e forse ineluttabile) di quel progetto. (...) Pareva stabilire il primato della politica suj princìpi ideologici, di fatto forzava l'ideologia per ideologizzare ciò che si reggeva soltanto sulla forza". (8) Ecco il disagio anzi, con parola calviniana, il dimidiamento del comunista di allora(/ nostri antenati si caricano d'un nuovo senso sottaciuto): "Noi comunisti italiani eravamo schizofrenici. Sì, credo proprio che questo sia il termine esatto. Con una parte di ·noi eravamo e volevamo essere i testimoni della verità, i vendicatori dei torti subiti dai deboli e dagli oppressi, i difensori della giustizia contro ogni sopraffazione. Con un'altra parte di noi giustificavamo i torti, le sopraffazioni, la tirannide del partito, Stalin, in nome della Causa. Schizofrenici. Dissociati. Ricordo benissimo che quando mi capitava di andare in 'viaggio in qualche paese del socialismo mi sentivo profondamente a disagio, estraneo, ostile. Ma quando il treno. mi riportava in Italia, quando ripassavo il confine, mi domandavo: ma qui, in Italia, in questa Italia, che cos'altro potrei essere se non comunista?" (9) Per questo il giovane militante poteva sorvolare con insolito sprezzo sugli ex comunisti del Dio che è fallito e perfino sui racconti di compagni che avevano assistito alle purghe: tutto era addebitato sul conto della guerra. Il mondo veniva fatto cominciare nel 1945. Questa premessa consente di collocare le corrispondenze di Calvino dall'Urss in un clima politico e mentale. Che poi corrispondenze non sono: il viaggio è dell'ottobre-novembre 1951 (Calvino, nato il 15 ottobre, racconta di aver festeggiato il compleanno insieme con la guida del gruppo; c'è poi la cronaca del 7 novembre a Mosca), gli articoli del febbraio-marzo successivi. Un'elaborazione da parte. di Calvino dei propri appunti non dovrebbe stupire, lui che non perdeva occasione per dirsi negato al giornalismo. Ma desta allarme un'affermazione contenuta nella presentazione, da parte di "Panorama" (10), del libro di Paul Hollander Pellegrini politici. (11) Il libro di Hollander riesumava le apologie del comunismo di molti scrittori in viaggio nei paesi socialisti. L'edizione italiana è uscita con un'appendice di Loreto Di Nucci, dedicata a scritt9ri e giornalisti italiani, tra cui Calvino. Il redattore di "Panorama", Carlo Rossella, scrive: "Abituati a spedire in Russia dei cronisti facili all'entusiasmo, quelli dell' 'Unità' commettono, nel 1952, un errore colossale. Mandano a Mosca Italo Calvino, uno scrittore che Palmiro Togliatti non ama affatto. Calvino, in quegli anni, è ancora comunista. Ma·la sua intelligenza, lo scetticismo, la profonda conoscenza degli uomini e delle cose, lo spingono ad adulazioni prudenti e ad annotazioni non completamente benevole. (Risulta a 'Panorama' che alcuni dei suoi pezzi furono censurati)". È un'affermazione grave e non inverosimile, ma detta così, senza riferimenti, non è una notizia. Nessuno però ha chiesto precisazioni, non n'è nato un caso, forse perché gli articoii di Calvino sono quasi sconosciuti, sofo da poco citati nelle bibliografie. Si vorrebbero altri particolari. Ciò che a Calvino pare il connotato caratterizzante dell 'Urss è l'eguaglianza. "Non l'uniformità, sono tipi molto diversi l'uno dall'altro, ma l'eguaglianza; non siamo nella 'via dei ricchi' né nella 'via dei poveri', non posso fare i conti in tasca alla gente vedendola passare". "'Uguaglianza' vuol dire sentirsi sempre a proprio agio di fronte a chicchessia". L'Urss è un paese dov~ "dire 'famoso muratore' è normale come da noi dire 'famoso ciclista' o 'famoso poeta' o 'famoso pasticcere"'; dove al Teatro dell'Opera di Leningrado capita a un operaio del!' Ansaldo di sedersi al posto che fu dello zar. Se l'eguaglianza è il dato più evidente, più pervasivo è il "taglio" degli articoli: sono tutti incentrati su piccolezze tranquillanti della vita quotidiana, coerentemente con la visione tolstoiana della storia - costruita dai "piccoli uomini" - fatta propria da Calvino insieme con la diffidenza per ogni entusiasmo panico, monumentale, misticheggiante. Siamo alle sorgenti di una delle concezioni filosofiche più rilevanti di Calvino: l'utopia discontinua, il mondo da salvare rac,chiusoe quasi disperso nelle vicende quotidiane.È lo snodo da cui ricevono senso o su cui si concludono vari libri e racconti:-La formica argentina, La speculazione edilizia, La nuvola di smog, La giornata d'uno scrutatore, Le città invisibili, mentre .Palomar è il racconto della ricerca sempre frustrata di questi momenti (basti il capitoletto La contemplazione delle stelle) e insieme la sua teorizzazione (Il mondo guarda il mondo). Ma in questo modo Calvino, venuto in Urss a vedere "il socialismo adulto, il socialismo che ha compiuto trentaquattr'anni" incarna anche alla perfezione il tipo del neofita, che non ardisce parlare dei massimi 21
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