Linea d'ombra - anno VIII - n. 52 - settembre 1990

IL CONTESTO bensì secondo -il modello, più egualitario, di un universo di cittadini che si confrontano e maturano a partire da matrici diverse, in un clima di progressocivile in cui tutti accedono con pari diritti alla scolarizzazionee al benessere. Una ideologia di questogenereè nata inAmericaed è ora moltodiffusa inEuropa. Ma questo modello è drammaticamente fallito negli Stati Uniti nel corso degli anni Settanta e poi (più chiaramente)degli anni Ottanta, e niente fa pensare che debba aver successo in Europa. L'ipotesi che tutte le varie culture, industriali o meno, sianoportatrici di uguale dignità e di pari valori, si è rivelata un' ipocrisia : ciò che è vero, e che ciascuno in cuor suo ha sempre saputo,è che la piena integrazionedi una minoranzaetnica in un paese occidentale varia di fatto da minoranza a minoranza e in ogni caso è possibile - quando è possibile - solo sulla base di unt5ua assimilazione di taluni aspetti fondamentali.dellacultura tipicadellasocietàcapitalistaavanzata.Ci si è dunqueaccorti che questaintegrazioneèmenofaciledelprevisto,menolineare,e che a volte non avviene affatto nel modo sperato, per esempio in quantopossononascere nuovevaste aree geografichemetropolitane egemonizzate da una data cultura immigrata, come capita conquellalatino-americananel Sude nell'Ovest degliStatiUniti. Ma si è anche constatato che un buon inserimentodi una cultura precapitalistain unmondocapitalista può avveniresoltantosulla base della sua capacità di risponderea requisiti ben specifici, che sono soprattuttodi due ordini. In primo luogo, è richiesto alla cultura immigrata'di dimostrarsi capacedi abbandonare la suapiù tradizionaleetica solidaristica su base familiare e "dj clan", per subordinare la condotta individualedei suoi membri a una serie di principi "pubblici" e universali (cioé non familisticiné feudali, e non basati sull'idea di privilegio),secondoquell'idea del diritto che è modernamente codificatadalle leggi scrittedello stato democraticoborghese. In secondo luogo, è necessario che la cultura immigrata possa utilizzaretutti i vantaggi del sistemascolasticodel paeseospitante, in modo oa avere - fra l'altro - pieno accesso alle forme dell'istruzione superiore. Il successo ormai pienq della integrazione della minoranza etnica italiana (e in particolaremeridionale)negli StatiUniti è la prova del fatto che questa operazione di assimilazioneculturale è talorapossibileanche quando le condizioniculturalidi partenza non sianoaffatto favorevoli.Nello spazio.didue o tregenerazioni una culturapiuttosto compatta e fondamentalmenteprecapitalistica (quellatradizionale del nostromeridione), e inizialmentein forte difficoltà di fronte al compito di doversi assimilare nel vivere sociale e nelle regole della moderna società industriale, è riuscita a integrarsi al punto tale da vedere ormai probabile, e forseprossima, la sconfitta- semprenegli StatiUniti, beninteso - delle residue forme di etica familistica e tribale (e in pratica mafiose)con cui larghissimistratidi essa per'qualchedecenniosi erano fortemente identificati. Ma le cose non stanno affatto andando altrettanto bene con l'immigrazione latino-amerfcana,e soprattutto stanno andando malissimo,e anzi sempre peggio,con la popolazionenera americana di lontana origine africana. Per contro, in anni recenti si è verificatonegli StatiUniti un fenomenoinattesoe nettissimo,che hacontribuitoinmododeterminantea riproporre in termininuovi il problema dei conflitti culturali e dell'integrazione delle minoranze..Si è verificato, cioè, lo straordinario, travolgente successo di ascesasociale, e soprattuttortsuccesso schiacciantenel campo del rendimentoscolasticofino ai più alti livelli accademicie della ricercapura, dei recenti giovani immigratidal!' EstremoOriente, in particolarevietnamiti e cinesi. Ora, bisogna considerare che l'indicatore più preciso del successogenerale e della capacità di integrazione di una cultura a è consideratoproprio il successodei suoi membripiù giovani ali' internodel sistemascolastico,a partire dalla scuolaprimaria fino all'istruzione post-universitaria. In questa ottica, il successo scolasticodei giovani nuovi immigrati dall'estremo Oriente (che per lo più all'inizio non conoscono neppure bene la lingua inglese)è nettamente superiorea quello dellapopolazione statupitense autoctona di origine europea; bisogna aggiungere che il profitto scolastico di quest'ultima è poi nettamente superiore a quellodellapopolazionedi originelatino-americana,e che ali' ultimo posto sta la popolazionenera di lontanaorigine africana, la quale seguita ad avere un livello medio di scolarizzazione e di successocurricolare straordinariamentebasso.· Ilpiù importantefattoredi errorenella comprensionedi questi datiè datodalla sottovalutazionedell'influenza di unosvantaggio economicoed educativo (in pratica, di uno svantaggiodi classe) nella famigliadei giovani il cui risultato scolare non è soddisfacente: si può cioè sostenere che l'insuccesso scolasticodipenda da fattori sociali aspecifici, legati al censo, o addirittura da situazioni di povertà e di grave emarginazione sociale, e da peggioriopportunitàscolastiche,piuttosto che da fattoriculturali o psicologici specifici, cioè legati alle forme della cultura di origine. Tuttavia questo fattore di errore può essere corretto nei calcoli statistici: per esempio si possono paragonare i curricoli scolasticidi giovani di diversi gruppi etnici appartenentia famiglie che siano tutte della stessa fascia di redditi: molto povere, medie,e così via; oppure si possono usare criteri di uniformitàdi quartieree di zona. Anchecosì però, cioé una volta corretti i dati eliminandoo minimizzando l'influenza del censo e della situazione sociale, i quattro gruppi etnici considerati si dispongono nello stesso ordine, con gli orientali al primo posto , i bianchi di origineeuropea al secondo, i latino-americanial terzoe i neri all' ultimo. (Per questi e altri dati, e per una bibliografia, si veda ad es. AndrewHacker in "NewYorkReview ofBooks", 12Ottobre. 1989). È opportuno però precisare che sui dettagli di questa situazione e sulla sua valutazione vi sono al momento forti polemiche,. Un secondo fattore di errore può dipendere qui da una delle più tipichedinamiche del pregiudizio, cioè dal processodi stigmatizzazione.È questo un fenomeno che è stato studiato ormai moltoa fondo,prima dai sociologi "radicali" inglesi e americani ali' inizio degli anni Sessanta, e -poi in anni più recenti dagli psicologi interazionisti e sistemici. Si può cioè supporre, in quest'ottica, che la discriminazionea caricodi unaminoranzasia la causa del comportamento poi denunciato come "inferiore" o "cattivo", e non viceversa. Il fenomeno può anche avere aspetti sottili ma non per questo meno potenti. Esso fa sì, per esempio, che se il singolo membro di un gruppo etnico (per esempio un bambino africano di pelle nera) viene etichettato, pregiudizialmente, come potenzialmentemeno brillante o più indisciplinato da parte degli insegnanti e dei compagni fin dal suo ingressonel sistema scolasticò, allora nasceranno fatalmente impercettibili meccanismidiscriminatorie di prescrizione di ruolo, per cui egli finirà comunque per confermare, col suo comportamento nella scuola, le previsioni a lui sfavorevoli. Il problema, peraltro è di sapere quanto incidano fattori di questo tipo, e se essi siano sufficienti a spiegare i fenomeni osservati,per ciò che attiene, per esempio,alle forti differenzédi successoscolastico fra i diversi gruppi etnici. Le polemiche non mancano, ma cresce nell' insieme il numero delle persone che comincianoa chiedersi se meccanismidel genere non siano stati sopravvalutati. È stato, peraltro, proprio tenendo conto del peso di fattori discrimioativi sociali e psicologici come quelli accennati, che

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