Linea d'ombra - anno VIII - n. 51 - lug.-ago. 1990

luce luce con otto radici otto mano mano lucignolo stordito si rifugiava l'inverno 11:aninaavvinghiata macchia macchia macchiolina zannuta Latte latte Dito dito !attino bollito ditino accorpato Mi crivella e crivella la rosa letto letto dente dente lunghe spine lettino di velluto dentino rimpolpato che accecano gli occhi petto petto fiato fiato e rosicchiava la conocchia pettino cresciuto fiatino mescolato il bianco delle scale Bocca bocca Tosse tosse Sanguinolenta è la luna: pelosa boccuccia sfrenata tossina aggravata che si fa bestia la luna lingua lingua mossa mossa e otto forbiciate otto linguetta incendiata mossetta fatata e pure sotto il cappotto APPUNTI Riccardo Held Accompagno la linea dello sguardo · Accompagno la linea dello sguardo, nel punto dove la mia nonna racconta del suo vestito rosso al funerale del padre che picchiava la nonna di mia madre; ci giri intorno, caro di lei non parli, eppure è lei che sta sotto la scorza, Maria nel tronco, dentro la linfa, Teresa, fin nelle più minute nervature, ve di mamma ho paura, lei Pupa, Maria, Teresa, Mamma, Madre, bravo, Welse che fai mezzo il tedesco, ma con il sotto gola, con la trippa, come ti arrangi, caro, perché è un fatto, di lei non passa neanche una parola. Vedi mamma ho paura e tutti si voltavano per lei, uno perfino, come fosse adesso, sotto casa tentò di aggredirla, lei a urlare, io no, chiusa la gola deflagravo in silenzio nella gola, muta, dura tuttora, nei sogni, quante volte nella vita, vedi mamma non seppi fare niente. Ecco, una cosa per sempre è consumata e non si torna indietro, quanto d'odio quanto odio vi ho dato, quanto e sembra di puzzare ancora d'odio. E tu piccolo ebreo, mai capire niente tu, guardati guardati sempre bene dal capire, piccolo mercante, non sei nemmeno ebreo, non proprio tutto, lo fingi, questo sì se ti conviene, coi goim fai come niente; ve dì come mi fai perdere il filo ecco mamma ora tomo, De te fabula, von dir, nach dir, mit dir, die Rede, adesso faccio come i pataccari; ma io ce l'ho, credetemi, nel sangue .. Ecco, vedi, ho paura un'altra volta, ma tu prima mi guardi, come si guarda un conoscente, ho letto, così non fanno in genere le madri, ·poi non c'è più lo spazio per guardare, troppa grazia, mamma, la distanza, giusta, mamma, soltanto quella giusta! Ora non so nemmeno fare i versi, che il Cielo li ha creati per spalmarli tra labbro e labbro delle mie ferite. Fisso lo sguardo come, · la Morte guarda, immagino, una cosa. Appunti I La voce che non dorme sta mormorando, solo alla parte offesa astratte norme: "Tu vuoi salire al fondo delle turbate cose, dentro la quieta atrocità del mondo!" POESIA/HELD muso muso musino raffinato Passo passo passettino birbante riso riso risolino sgargiante bacio bacio bacino gigante Crivellavano la luna e il pozzo "perché cerco la luna che muore?" "perché chiamo la luna di allora?" II La timorosa noia e ancora quella allarmata pigrizia di sapere, la trasparenza inutile dei segni e la calce murata di ogni vista, l'aria sviata e mezzo dell'inganno il dio della sintassi sugli altari, la polvere per frettolosi passi, il più modesto danno della memoria l'ombra che assedia il piccolo recinto, meticolosamente avvinto, memoria di mantelli e seminari. III Da qualche lato ne irnbarazµ1 il corso un uccello inquietato, sazio d'ombra· e di bagliori, con rumori scoppi cresce allar_matoun mormorio festivo. Polveri porta l'artificio all'aria abita buio porzioni di notte, e da quell'altro mare, che non varia, scende a incontrare i resti della notte. IV Non è più cosa di solai, né specchi, di stracci smessi del passato inverno, né di bandiere scosse da nostalgia campestre; ma in corpi di scugnizzi consumati prima del tempo, avvolti nei sudari, come sabbia scoperta dalla schiuma, ·la memoria dispersa si raggruma. V La luna non si ingombra delle cose mortali e nemmeno i mortali si immischiano di lei né delle cose le cose meno ancora · si curano di noi né della luna. 91

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