Linea d'ombra - anno VIII - n. 51 - lug.-ago. 1990

IL CONTESTO Gli studenti e gli immigrati Dati di un'inchiesta Betti Guetta, Luigi Manconi A Milano, dopo gli aspri conflitti tra abitanti di alcune zone e immigrati extracomunitari (marzo 1990), è stato distribuito agli· studenti, a cura della Fgci, un questionario strutturato. Le domande rivolte ai giovani (di età tra i 14 e i 19 anni) di dieci scuoledue classici e due tecnici, cinque scientifici, un linguistico - tendevano a individuare gli atteggiamenti nei confronti degli stranieri: aspettative e ansie, curiosità e diffidenza. I dati relativi à un campione di 1770 studenti sono stati analizzati da Betti Guetta e Luigi Manconi, con la collaborazione di Anna Paola Cova. (Stralci di questo testo sono apparsi su "La Stampa") Le prime due domande riguardavano il giudizio sulle tensioni registratesi a Milano intorno alla questione della casa. Il 27.3% del campione definisce molto nettamente come "razziste" quelle manifestazioni di ostilità; 1'8% indica come causa di tali reazioni la tendenza a difendere i propri interessi; il 20% ipotizza che vi sia, all'origine, un sentimento di insicurezza e di paura; infine, una percentuale molto elevata attribuisce la responsabilità del1 'intolleranza alle carenze della classe politica nel prevedere gli effetti dei flussi migratori. Questa responsabilità direttamente politica viene, nelle risposte successive, meglio individuata: fa un balzo in avanti (dal 44% al 64%) la percentuale di quanti attribuiscono alla giunta impreparazione e mancata programmazione; un'altra quota (complessivamente il 18.9%) dà una interpretazione diciamo così "di destra" - fortemente intollerante - di tale responsabilità pubblica, rimproverando alla giunta di non aver "difeso" dagli immigrati i cittadini italiani. Si delinea, così, un gruppo notevolmente elevato - riconoscibile in tutte le batterie di risposte e oscillante tra il 17 e il 20% - che possiamo definire "a forte rischio di razzismo". Si tratta, beninteso, di un "razzismo possibile", ma le premesse ci sono: e sono premesse significative dal momento che' parliamo di una fascia di età tra i 14 e i 19 anni e di giovani "privilegiati" (abitano in una grande città, sono studenti, non appartengono a strati sociali deboli). Raggiunge, infatti, il 18.3% del campione il gruppo che identifica straniero e deviante. Di quella quota, quasi il 16% ritiene che "la maggior parte degli spacciatori sono stranieri" e gli altri vedono la criminalità come - addirittura- manifestazione coerente delle culture di altri paesi e popoli. Per quanto riguarda la questione dei diritti da riconoscere agli immigrati, una maggioranza relativa di risposte esprime posizioni di incondizionata accettazione, mentre un altro segmento (percentualmente appena inferiore) condivide la seguente affermazione: "è giusto considerare gli stranieri che vivono a Milano cittadini come gli altri purché sappiano adeguarsi alle regole della nostra società". Qqesta risposta esprime, per un verso, un radicato (e comprensibile) luogo comune: ovvero è chi ospita a decidere le regole dell'ospitalità (o anche, più brutalmente, ciascuno è padrone a casapropria). Per altro verso, si tratta di una manifestazione davvero esemplare di etnocentrisrrw: ovvero forte enfasi sulla propria identità e richiesta, altrettanto forte, di accettazione di essa da parte degli stranieri. Per quanto riguarda il diritto al Manifestazione milanese (foto Brogioni, do "L'illustrazione italiano"). lavoro, una quota che sfiora la metà del campione ritiene giusto garantire un lavoro legale e una paga regolare. All'opposto, un . 15 % circa delcam pione si oppone perché teme la concorrenza nei confronti dei disoccupati italiani. Il restante 37% circa ha un atteggiamento strumentai~. Ovvero è favorevole a riconoscere quel diritto per ragioni utilitaristiche: per non danneggiare - attraverso la diffusione ulteriore del "lavoro nero" - i cittadini italiani; o per sostituire questi ultimi - attraverso l'occupazione regolare degli immigrati - in attività faticose o nocive. Le risposte rivelano, d'altra parte, una fortissima correlazione tra la resistenza a concedere diritti e lo stereotipo stranieri=spacciatori. Gli stessi che condividono tale equiparazione considerano sbagliato offrire il lavoro agli stranieri (perché lo sottrarrebbero agli italiani) e ritengono opportuno chiudere le frontiere. A questo proposito, emerge un 15% circa di studenti "terzomondialisti" (sottolineano le radici sociali ed economiche del sottosviluppo e rifiutano il "numero chiuso") e una quota significativa- quasi 1'11 % -di cosmopoliti (ritengono superati i confini nazionali). I cosmopoliti sono più numerosi di quanti (8.5%) reclamano, all'opposto, la chiusura delle frontiere. La grande maggioranza rivela un atteggiamento prudente ("programmare gli ingressi a seconda della disponibilità di posti di lavoro e di servizi"), di difficile interpretazione: si tratta di una strategia accorta - e, come dire?, "martelliana" - che auspica la programmazione degli ingressi per evitare l'esplosione di conflitti con i locali; o si tratta, invece, di una scelta "egoistica": sottoporre i flussi migratori ai nostri interessi piuttosto che alle esigenze di chi è costretto a emigrare (come proponeva un'altra risposta)? A proposito della relazione "nella stessa città" tra "etnie ~ culture diverse", quella quota di prossimi al razzisrrw (che qm supera il 20%) si scinde in due sottogruppi: uno, il più numero~, esprime un atteggiamento paternalistico o, a voler essere_seven, "colonialistico": l'incontro con il bianco è-per l'uomo di colore - un'opportunità (unilaterale, s'intende) di evoluzione: infatti: "può aiutare gli stranieri a progredire". L'altro gruppo non_s1 lascia intimidire dall'uso (volutamente "scandaloso" nel quesuo7

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