Linea d'ombra - anno VIII - n. 51 - lug.-ago. 1990

STORIE/MUTI$ - Verrò senz'altro, Eccellenza. Per me è un piacere, un privilegio e qn onore il poter venire a farle visita. La nave si fenna qui per qualche settimana. Approfitterò del suo invito. All'j.mprovviso mi sono sentito impacciato e un po' cerimonioso in mezzo a quella stanza così povera e dopo la semplicità con cui l'eroe si era rivolto a me. È già notte. Non c'è un alito di vento. Salgo sul ponte della fregata in cerca di aria fresca. Attraversa l'oscurità della notte, lassù in cielo, uno stormo di uccelli striduli il cui grido si perde sopra l'acqua stagnante e putrida della baia. Laggiù sullo sfondo, il profilo spigoloso e vigile del forte di San Felipe. C'è qualcosa di intemporale in tutto questo, una strana atmosfera che mi ricorda qualcosa di già conosciuto non so dove né quando. Le mura e i . forti sono una reminiscenza medievale che sorge tra le paludi e le liane del tropico. Muri di Aleppo e di San J uan de Acre, Cracs del Libano. Questa solitaria lotta di un magnifico guerriero con la morte che lo assedia in un girotondo di amarezza e disinganno. Dove e quando ho vissuto tutto questo? 30 giugno. - Ieri ho mandato un mozzo perché si informasse della salute del Libertador e chiedesse sé potevo fargli visita nel caso fosse migliorato. È tornato con la notizia che il malato aveva passato una pessima notte e che gli era aumentata la febbre. Bolivar, in persona, mi mandava a dire che se il giorno seguente si fosse sentito meglio, me lo avrebbe fatto sapere affinché io potessi andare a trovarlo. In effetti, oggi sono venuti a cercarmi, nell'ora del caldo più soffocante, alle due del pomeriggio, il generale Montilla e un ufficiale di cui non ho capito chiaramente il nome. "Il Libertador oggi si sente un po' meglio e avrebbe piacere di godere per un po' della sua compagnia", ha spiegato Montilla ripetendo evidentemente le testuali parole del malato. Dietro il militare e il politico si avverte sempre in Bolfvar l'uomo di mondo. Uno dei motivi del fascino delle sue maniere è che la banalità del brillante frequentatore dei salotti del Consolato ha ceduto il posto a una certa semplicità militare, quasi domestica, che mi ricorda il maresciallo Mc Donald, duca di Taranto o il conteFernan Nufiez. A ciò bisognerebbe aggiungere un personale accento creolo, misto di capriccio e di impetuosità, che lo hanno reso, come ben si sa, uomo estremamente fortunato con le donne. Mi hanno condotto al patio degli aranci, dove gli avevano appeso un'amaca. Due notti di febbre avevano lasciato il segno su un volto che aveva qualcosa della maschera frigia. Mi avvicino per salutarlo e con la mano mi fa segno di prendere posto su una sedia che mi hanno portato in quel momento. Non può parlare. L'aiutante di campo Ibarra mi spiega in un sussurro che poco prima lo ha colto un accesso di tosse molto violento e ha perso ancora molto sangue. Tento di andarmene per non disturbare il malato ma questi si solleva un poco e mi chiede con una voce roca che mi commuove per tutta la sofferenza che denota: - No, no, per favore, colonnello, non se ne vada. Tra un momento starò bene e potremo parlare un po'. Mi farà molto bene ... la prego ... rimanga. Ha chiuso gli occhi. Vaghe ombre attraversano il suo volto. Un 'espressione di sollievo cancella le rughe della fronte, addolcisce il profilo delle labbra. Quasi sorride. Mi sono seduto mentre Ibarra si ritirava in silenzio. Passato un quarto d'ora è sembrato 80 risvegliarsi da un lungo sonno. Si è scusato per avermi fatto chiamare credendo che sarebbe stato in condizioni di fare un po' di conversazione. "Mi parli un po' di lei-haaggiunto-,qual'è la sua impressione di tutto questo", e ha sottolineato queste parole con un gesto della mano. Gli ho risposto che mi era un po' difficile esprimere un giudizio sicuro sulle mie impressioni. Gli ho raccontato della sensazione della notte precedente, di fronte alla città circondata dalle mura, quell' in temporale e vago affondare in qualcosa di già vissuto non so dove né quando. Ha cominciato allora a parlarmi dell'America, di queste repubbliche nate dalla sua spada e dalle quali, tuttavia, nel più profondo del suo essere, si sente sempre più del tutto estraneo. - Qui ogni impresa umana si vanifica - ha detto - Il disordine vertiginoso del paesaggio, i fiumi immensi, il caos degli elementi, la vastità delle selve, il clima implacabile, piegano la volontà e minano le ragioni profonde, essenziali, per vivere, che abbiamo ereditato da voi. Quelle ragioni ci spingono ancora, ma lungo il cammino ci perdiamo nella vuota retorica e nella sanguinaria violenza che distruggono ogni cosa. Rimane una vaga coscienza di ciò che avremmo dovuto fare e non abbiamo fatto e che continua il suo lavoro qui dentro rendendoci discordi, astuti, frustrati, rumorosi, incostanti. Quelli che come me hanno seppellito su questi monti il meglio delle loro vite, conoscono troppo bene gli estremi a cui conduce questa discordia sterile e contorta. Lo sa che quando io chiesi la libertà per gli schiavi, le voci clandestine che cospirarono contro il progetto e impedirono che andasse a buon fine furono quelle dei miei compagni di lotta, gli stessi che si erano giocati la vita attraversando al mio fianco le Ande per vincere nel Pantano de Vargas, a Boyacà e a Ayacucho; gli stessi che avevano sopportato la prigionia e miserie inenarrabili nelle carceri di Cartagena, del Callao e di Cadice per mano degli spagnoli? Come si può spiegare tutto questo se non parlando di meschinità e di povertà d'animo tipica di coloro che non sanno chi sono, né dove sono; né perché stanno al mondo? Il fatto che io abbia scoperto in loro questa conformazione, che io l'abbia da sempre conosciuta e abbia sempre tentato di cambiarla e di modificarla, mi ha trasformato ora in un profeta scomodo, in uno straniero fastidioso. Per questo sono di troppo in Colombia, mio caro colonnello, ma un destino strano dispone che io muoia mentre sono di partenza, indicandomi così che nemmeno il mio posto, la tomba che mi spetta, si trovano al di là dell'Atlantico". Parlava con eccitazione febbrile. Mi sono azzardato a suggerirgli di riposare e di cercare di dimenticare quanto c'era di irrimediabile e singolare in ogni destino umano. Ho portato ad esempio alcuni casi sufficientemente chiari e dolorosi della recente storia d'Europa. È rimasto un momento pensieroso. La sua respirazione si è fatta regolare, il suo sguardo ha perso la delirante intensità che mi aveva fatto temere una nuova crisi. - Fa lo stesso, Napierski, fa lo stesso, con questo ormai non c'è più nulla da fare - ha detto indicando il suo petto - , non tentiamo di ritardare il lavoro della morte tacendo le cose che ci fanno male. È meglio lasciarle uscire, ci faranno meno male parlandone con degli amici, come lei. Era la prima volta che mi trattava con così ~michevole confidenza e questo mi ha commosso, naturalmente. Abbiamo continuato a conversare. Sono tornato a parlare dell'Europa, del

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