L'ULTIMO· VOLTO (Frammento) Alvaro Mutis traduzione di Fulvia Bardelli Come dichiara lo stesso Gabriel Garda Marquez nei ringraziamenti in appendice, questo racconto di Àlvaro Mutis sta all'origine del romanzo Il generale nel suo labirinto. Perla verità, an·che L'ultimo volto nasce come frammento romanzesco, continuato, tuttavia, con altra voce, in altre stanze. Non è qui il luogo per un' analisicomparativafraromanzo e racconto, o fra un romanzo esistente e uno appena virtuale, né penso possa comunque essere itinerario di grande profitto. Ci si fermi, piuttosto, a considerare, in questo esempio, qualche aspetto di quell'essere impreciso e non ancora tanto discusso e categorizzato quanto il fratello maggiore: il racconto storico, appunto. Privo di spazio (di durata) per mettere in scena una qualsiasi documentazione, che dunque diventa immediatamente innecessaria come materiale dell'opera, il racconto deve scegliere un evento la cui significaz.ione ecceda il suo semplice aneddoto. Una fine, dunque, un morire, andrà benissimo, se è vero, e nella finzione è vero, che ognuno ha lamorte che si merita, quella che la propria vitahacostruito, in essa riassumendosi e prendendo figura. La struttura stessa del racconto, in altre parole, mette in primo piano non già la Storia,.ma l'emblema, l'artificio. · Mutis sceglie Sim6n Bolfvar, un protagonista, dunque, e non solo un testimone degli eventi, e lo colloca nel naufragio del disincanto, dell' abbandono generale. Non solo: lo fa parlare in francese, gli fa rammemorare personaggi e situazioni di un'Europa lontana, ma esemplare nel disordine di un continente che cerca ancora (ma non trova) la propria Storia. Bolfvarnon solo è americano, ma, come dice, "ha fatto", o tentato di fare, l'America e, tuttavia, sulla duplice soglia del mare e dell'abisso, se ne sente esiliato e tornerebbe volentieri in Europa, nella patria che lo aveva adottato durante un esilio più vitale e meno definitivo, nel luogo dell'ordine e delle tradizioni, di cui ora sente nostalgia. Esilio e nostalgia sono gli universi affettivi sul cui confine, attraverso molti suoi personaggi, Àlvaro Mutis rappresenta l'incerto evolversi dell'identità ispanoamericana e, oltre ancora, il destino dell'uomo in generale. Bolfvar è figura che evoca e convoca nel lettore la Storia degli eventi, ma non fa che ripetere l'esperienza. Il racconto storico "ignora" i fatti e li supera; è, non per caso, ma strutturalmente, un "frammento"; in esso la Storia interroga il destino: le molteplici forme della domanda incontrano un solo silenzio. Un 'altra convenzione letteraria che spesso ritorna nella narrativa di Àlvaro Mutis è quella del narratore-editore. Anche qui, il racconto si apre con la storia del ritrovamento di un manoscritto che si rivela poi essere un diario, cui viene affidato il seguito della narrazione. Il materiale storico viene doppiamente filtrato dagli artifici della finzione. Ma c'è di più: del diario è autore un colonnello Miecislaw Napierski della cui vita qualcosa ci viene raccontato nelle righe di introduzione: sappiamo deJla sua sfortuna, delle sue tormentate vicende fino all'incontro con il Libertador. Gli "effetti di realtà" sono troppi per non sospendersi a vicenda: il personaggio storicamente accertato (Bolfvar), quello storica- _mente verosimile (Napierski), il racconto dell"'editore"· e quello del manoscritto, che, in aggiunta, è un diario, strumento non canonico della finzione. Per arrivare sino a noi, sembra dire il racconto, o almeno questo racconto di Mutis, la Storia deve passare attraverso la manipolazione del narrato. Questi non è Sim6n BoHvar, ma è il Libertador visto dalla prospettiva di un gen~rale polacco a lui contemporaneo, e che ne aveva dunque un 'immagine particolare, nata dai racconti sui campi di battaglia o nei tranquilli salotti di Parigi e filtrata, magari, da una prosa influenzata dal linguaggio dei poeti polacchi esiliati in Francia. La Storia è innanzi tutto storia delle forme attraverso cui ci viene raccontata, così come gli uomini, più che negli eventi di una sempre incerta biografia, trovano il loro ritratto nel modo in cui quegli eventi interpretano, e cioè inseriscono nel panorama delle loro letture e esperi~nze. Il romanzo storico fornisce, in qualche modo, un'interpretazione degli eventi, il racconto storico un'interpretazione (una filosofia) della Storia. Nel primo, la finzione pretende di attingere ai dati dell'accadere; nel secondo, viene rappresentata la consapevolezza che la Storia si informa alle strutture della finzione, che interroghiamo l'altro e l'esperienza attraverso i nostri romanzi. (Ernesto Franco) Fo!o di Fabio Rodri9uez Amoyo. L'ultimo volto è il volto con cui ti riceve la morte. (Da un manoscritto anonimo della Biblioteca del Monastero del Monte Athos, secolo XI) Le pagine che tra poco seguiranno appartengono a un mazzo di manoscritti venduto durante l'asta di un libraio di Londra pochi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale._Tali scritti facevano parte dei beni della famigliaNimbourg-Napierski, il cui ultimo membro morì a Mers-el Kebircombattendocome ufficiale della Francia libera. I Nimbourg-Napierski erano arrivati in 77
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