Linea d'ombra - anno VIII - n. 51 - lug.-ago. 1990

esiste e tuttavia facilita la soluzione di certi problemi di matematica pura; o la finzione legale in certi sistemi giuridici per cui quando marito e moglie muoiono nello stesso istante, la legge convenientemente presumerà che la donna sia deceduta prima del marito, al fine di non infliggere danni eccessivi alla loroproprietà. In altre parole, noi inventiamo finzioni diverse per aiutarci a risolvere problemi particolari che incontriamo vivendo. Ma naturalmente questi problemi non sono sempre così specifici e ben definiti, oppure percepiti in modo altrettanto consapevole, quanto le formulazioni del giurista o del matematico. Quando due bimbetti si dicono l'un l'altro "Facciamo finta che ...", e che cominciano a recitare la parte del padre e della madre, essi evidentemente creano una finzione con uno scopo meno definito, più spontaneo e, oserei dire, più profondo. Qual è la natura di questo scopo? Credo che nessuno lo possa dire con certezza. Tutto ciò che sappiamo è che, a giudicare dalla testimonianza offerta dalle finzioni inventate dall'uomo in ogni tempo e luogo, egli deve sicuramente avere un bisogno ineluttabile di esercitare quella attività. Nessuno finora si è mai imbattuto nella benché minima prova che un dato gruppo umariosia riuscito, in tempi presenti o passati, a sopprimere il bisogno di creare finzioni. Dato l'enorme abisso fra l'essere e il sapere, fra la sua essenza e la sua esistenza, ali' uomo in realtà non rimane altra scelta che dar vita e prestar fede a una finzione o all'altra. Forse il giudizio definitivo su un uomo non è dato dal fatto che,egli accetti o meno una finzione, ma piuttosto da che tipo di finzione lo indurrà a quell'acquiscenza, a quella volontaria sospensione dell'incredulità di cui parlava Coleridge, o alla "sottomissione sperimentale", per citare I. A. Richards. Non dobbiamo comunque sottovalutare la prudenza esibita sia da Coleridge che da Richards nella scelta dei termini, e per un'ottima ragione. L'incredulità di Coleridge è solo sospesa, non abolita e, probabilmente, riapparirà al momento opportuno; e la sottomissione di Richards è sperimentale, non definitiva o permanente. È importante sottolineare questo punto, perché l'uomo non crea solo finzioni a cui dà un'adesione prudente o temporanea, simili ai giochi immaginosi di bambini in salute; egli ha anche la capacità di creare finzioni che gli richiedono e di fatto gli impongono obbedienza assoluta e incondizionata. A questo ritornerò fra poco, ma permettetemi innanzitutto di ampliare quanto detto sul desiderio dell'uomo di creàre finzioni per includere la questione della sua capacità. Il desiderio di finzioni dell'uomo va di pari · passo con la sua competenza nel crearle, proprio come il suo bisogno di linguaggio è inseparabile dalla sua inclinazione al parlare. Se l'uomo avesse solo il bisogno di parlare, ma fosse privo degli organi vocali a lui propri, non avrebbe potuto inventare il linguaggio. Per quanto ne sappiamo, altri animali nella giungla potevano aver bisogno tanto quanto l'uomo di comunicare fra loro, e sarebbero potuti diventare altrettanto eloquenti se solo fossero stati dotati del complicato apparato per dare espressione a quel bisogno. E sicuramente nessuno se la sentirebbe di affermare che un muto sta zitto perché non avverte il bisogno di parlare o non ha niente da dire. Se applichiamo lo stesso ragionamento alla propensione dell'uomo per le finzioni, vedremo che il bisogno di SAGGI/ ACHEBI inventarle non spiega adeguatamente la loro esistenza; dietro ci dev'essere quindi un apparato efficiente. Quest'attrezzatura in dotazione all'uomo, secondo me, è l 'immaginazione. Poiché, proprio come l'uomo è un animale costruttore di utensili, e ha con quegli utensili ricreato il suo mondo naturale, allo stesso modo egli è anche un animale costruttore di finzioni, e con quelle finzioni rimodella il suo paesaggio immaginario. Qualsiasi tentativo di definire l'uomo in modo preciso deve per forza fallire a causa della sua complessità. L'uomo è un animale razionale; l'uomo è un animale politico; l'uomo è un animale costruttore di utensili; l'uomo è ecc. ecc. Potrei anche aggiungere che l'uomo è un animale indagatore, un animale assai curioso. Date le sue facoltà mentali e immaginative, questa curiosità non è affatto sorprendente. L'uomo si trova, per così dire, intrappolato in una minuscola lucciola di coscienza. Dietro di lui è l'oscurità impenetrabile della sua origine, e davanti a lui vi è un'altra tenebra profonda verso cui sembra dirigersi. Cosa si nasconde dietro il velo di quelle oscurità? Qual è il significato di questo minuscolo punto di luce intermedio che è la sua esperienza terrena? Di fronte a tali misteri le facoltà umane sono al tempo stesso immense e gravemente limitate. Il suo sapere, per quanto stupefacente e in continua espansione, probabilmente non corrisponderà mai a ciò che egli ha bisogno di conoscere. Non basteFotodi George Rodger.

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