Linea d'ombra - anno VIII - n. 51 - lug.-ago. 1990

LA VERITA' DELLA FINZIONE Chinua Achebe a cura di Annalisa Oboe Il 1990 è un anno memorabile per Chinua Achebe: ha compiuto sessant'anni e la Nigeria, la sua terra natale, lo ha festeggiato con riti e onori che si riservano agli eroi nazionali. Recuperando, attraverso la sua attività di scrittore, lacult~a e i valori di un passato africano apparentemente cancellato dalla colonizzazione, Achebe ha saputo ridare al proprio popolo la storia, per poi farsi spirito critico del presente e delle sue contraddizioni. Non è quindi un caso se la sua opera fa ormai parte dell'epica nazionale. Tuttavia, lungi dall'essere pura espress_ionedi particolarismo storico e geografico, essa s'iscrive nel panorama letterario mondiale, dove occupa un posto privilegiato: Achebe è oggi riconosciuto come uno dei maggiori prosatori di lingua inglese, e i suoi romanzi sono letti e tradotti in tutto il mondo. In Italia è comparsa già nel 1977 la traduzione dei primi tre romanzi, Il crollo (1958), Ormai a disagio (1960, ristampati ora in un solo volume degli Oscar Mondadori), e Freccia di Dio (1964), e l'anno successivo quella del quarto romanzo, Un uomo del popolo (1966), per i tipi della Jaca Book. La sua ultima opera, Anthills of the Savannah. (1987), uscirà entro l'anno presso le Edizioni Lavoro di Roma con il titolo Viandanti della storia. È un'affermazione positiva non solo dell'importanza di scrivere, ma anche della necessità di leggere e di fare entrare l'arte nella vita. (A.O.) Un nome per Vittoria è apparso per la prima volta nel 1973 sullarivistaamericana "New Letters"; è stato successivamente incluso sia ,inMorning YetonCreation Day che in Hopes and lmpediments.Laveritàdella finzione è la conferenza · tenuta da Achebe per l'inaugurazione dell'anno accademico all'Università di Ife, 1978. Entrambi i testi da Hopes and lmpediments Achebe è anche autore di numerosi racconti e di brillanti saggi critici, i migliori dei quali sono stati raccolti in Morning Yet on Creation Day (Heinemann, 1975) einHopesandlmpediments (Heinemann, 1988), due volumetti che offrono un 'interessante prospettiva sulla natura e1epreoccupazioni dell'uomo e dello scrittore. In essi la dimensione personale si interseca e interagisce con .quella accademica e letteraria, offrendo un quadro sfaccettato ma coerente dell'universo di un nigeriano che si è fatto memoria, coscienza e voce per la sua gente e, al tempo stesso, sofisticato veicolo cosmopolita di comunicazione fra le culture. Achebe sa parlare di se stesso senza mai dimenticare che l'individuo è parte di una comunità, e della sua scrittura senza mai smarrire la consapevolezza dello stretto rapporto che intercorre fra la letteratura, la cultura e la realtà socio-politica del proprio tempo. In olio: Chinua Achebe. e Selected Essays 1965-87. In basso: una lolo di Karlheinz Kluberscheidl. Copyright Heinemann 1988. È così che un breve scritto autobiografico quale Un nomeper Vittoria acquista le dimensioni di un affresco divita nigeriana: l'esperienza vivida di una crescita personale si trasforma nel!' esperienza collettiva dell'etnia ibo e di tutti quei popoli che, in seguito alla colonizzazione, si sono trovati a un "crocevia di culture", in un momento di transizione in cui le cose accadono velocemente, il presente si scontra con il passato, il futuro è confuso e imprevedibile. La matrice africana e l'esperienza della colonizzazione sono punti di riferimento essenziali per Achebe: essi informano la sua visione del!' arte e stanno alla base anche della sua scelta di scrivere, la quale assume, in questo contesto, una duplice valenza: al privilegio d1 usufruire della "visione profetica" che, come dice lo scrittore riprendendo un'inunagine tipica della tradizione orale, spetta a colui che riesce a sopraffare gli esseri mostruosi che popolano i crocevia della storia, si unisce il dovere e la necessità di diventare interprete del passato ed esploratore del presente. Oltre che fonte di piacere estetico, l'arte è per Achebe uno strumento per migliorare la qualità della vita dell'uomo, sia come individuo che come membro di comunità più vaste, sempre bisognose di ispirazione e finalità. Coerentemente con questa impostazione," nel secondo saggio qui pubblicato Io scrittore invoca il potere quasi taumaturgico dell'inunaginazione e attribuisce alla finzione, in particolare alla finzione letteraria, . la capacità di ampliare l'orizzonte dell'esperienza umana e di diventare maestra di vita. Un'opera d'arte, che si tratti del famoso Guernica di Picasso o del Bevitore di vino di palma di Tutuola, è sempre un distillato di realtà che, coinvolgendoci in un'avventura immaginaria., ci regala concentrati di esperienze, di principi e valori da usare nell'esistenza concreta di ogni giorno. 65

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