SAGGI/GIOV ANNETII lei sì - ridicqla ricerca della perversione e dell'autoflagellazione a ogni costo. E fin troppo chiaro: niente sembrerebbe più lontano dal surrealismo (e dai gruppi consimili) del pensiero di Simone Weil - lei, innamorata dei classici greci e del tutto insensibile, anzi ostile, ai contorsionismi delle avanguardie; lei, così asessuata e nemica di ogni passione irriflessa, di ogni amourfou. Eppure ·credo che, al di là delle differenze più clamorose, non pochi punti di contatto esitano (é Bataille stesso lo comprende, se infatti teme d'essersi innamorato di quella donna tanto brutta e sporca). A voler tacere d'altro, ciò che accomuna esperienze così divaricate è una serie di fattori in ultima analisi "politici": il perseguimento di una prassi (ma anche di una teoria, e di un'arte) che sappia sconfiggere i conformismi della sinistra, francesé e non, in balia alternativamente del riformismo e dello stalinismo (non a caso, sia laWeil sia i surrealisti si appoggeranno, almeno in unprimo tempo, all"'eretico" Trockij); e soprattutto il coraggio di essere intransigenti a ogni costo, di forzare la speculazione ai limiti della follia, praticando un avventurismo intellettuale che non può non irritare i bempensanti. E, in effetti, la moralissima Weil non è meno scandalosa ed eccessiva di molti esibizionisti dell'avanguardia; la sua buona coscienza politica fa inorridire quasi tutti coloro che hanno rapporti con lei, tanto esagerato può sembrare - ai filistei di qualsiasi colore- un modo di essere che cerca solo nell'intima persuasione la ragione prima dell'agire. La necessità cui si piega Simone Weil non è poi troppo lontana dagli attigratuiti del surrealismo (ajmeno di quello più coerente): da una parte e dall'altra un tenace ide!ilismo 52 NOIDONNE. Luglio-Agosto 1990 L'amicizia, leamicizie.Tradonne cosa è cambiato? Metalmeccaniche. Lemolestienelcontratto. Allascopertadellediscoteche p rsoledonne. Estate: lospirito delviaggio. . Conquestonumero LEGENDARIA: libriepercorsi dilettura. ABBONATEVI! Versamento dilira50.000 sule/en.60673001 intestato aCooperativa Libera Stampa, viaTrinitàdelPellegrini 12, 00186Roma. T etefonl06/6864562-6864387 cerca di forzare - ma le mani di entrambi sono disarmate - il carcere di un mondo ormai impazzito. Una verifica di questo atteggiamento ci viene offerta dall 'ultimo saggio contenuto in SullaGermaniatotalitaria, vale a dire le Riflessionisulle origini dello hitlerismo, risalenti al 1939. Come talvolta accade nella seconda Weil, anche qui il massimo di concretezza e di rigore argomentativo (al limite talvolta dell 'ingenuità) si accompagna al massimo di tensione utopica.L'assunto di partenza potrebbe sembrare risibile (se non ci fosse, beninteso, il fiato puzzolente dell'hitlerismo· dilagante a renderlo viceversa terribilmente drammatico): cioè dimostrare che non esiste uno "spirito dei popoli" assoluto, e che-nella fattispecie-non sipuò accusare il popolo tedesco di essere autoritario e militarista ab aeterno, in contrapposizione a un'altrettanta presunta tradizione democratica e tollerante che spetterebbe di diritto alla più civile etnia francese.L'animo costruttivo di Simone Weil prende dunque sul serio una stupidaggine siffatta, e si impegna a smontarla con excursus storici che - a dir poco - mettono i brividi. A essere presa di mira, in particolare, èla politicaoppressivadiRomaantica. · La vera origine del nazionalsocialismo è tutta lì: in una strategia che si fonda principalmente sull'inganno, sul terrore, sulla forza più proterva. La storia è veramente passata a contrappelo, attraverso una demistificazione, composta ma inflessibile, delle bugie che secoli di umanesimo hanno divulgato attorno alla civiltà romana. Fedifraghi, traditori, astuti manipolatori della violenza, coadiuvati da un branco di scrittori (gli auctores venerati nelle scuole di tutto il mondo occidentale) i quali non sanno far altro che diffondere il verbo del potere dominante: i latini sono il miglior modello per la Germania hitleriana. Modello, si deve aggiungere, per fortuna inarrivabile, perché il nazismo non ha ancora schiacciato l'Europa, e la sua perfidia scientifica non ha sotto di sé un mondo di schiavi da raggelare con lo sterminio eretto a sistema. E dunque, se antistoricistica è la visione di Simone Weil (ma come potrebbe non opporsi alla storia dei vincitori chi combatte dalla parte degli oppressi?), altrettanto inattuale, trascendente, oltre la realtà (sur-reale?) èlo sboccoavvenirechel 'autrice chiede. Che cosa fare in futuro se Hitler venisse debellato? Non c'è che una possibilità: smembrare la Germania, in quanto potenza sconfitta; ma anche-attenzione! _:_smembrare il vincitore (e cioè, secondo la francese Weil, la Francia). Bisogna fare in modo che la forza dell'oppressione di uno stato sopra un altro non venga riprodotta proprio da parte di coloro che lottano contro il dominio, perché "la vittoria di quelli che difendono con le armi una causa giusta non è necessariamente una vittoria giusta". E poco importa- direi - che nel pensare il futuro Simone Weil finisca per vagheggiare un mondo anteriore, fatto di "piccole città e legami feudali": come spesso le succede, l'urgenza di una soluzione da proporre la induce a scommettere su cavalli che a noi magari sembrano dei brocchi. Ciò che conta è il coraggio di progettare l'impensabile, il rischio di un'avventura cerebrale che mai si accontenta dell'esistente. Avoi te non si sa proprio dire se la speculazione di SimoneWeil è follemente ragionevole o ragionevdlmente folle. Ma, tutto sommato, a noi lettori d'oggi poco importa: di gente savia o rinsavita, che ha capito ogni cosa, ce n'è sjn troppa in giro; tutti sono in linea con la storia, hanno imparato la lezione, e se ne stanno al loro posto. Simone Weil, che la lezione l' avevaimparataq~asi sessant'anni fa, · di linee praticabili non ne vedeva più; e perciò si sforzava - sapendosi sconfitta in partenza - di crearne di impossibili.
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