Linea d'ombra - anno VIII - n. 51 - lug.-ago. 1990

SAGGI/CASES In poche parole l'autore affronta qui i grandi temi anticipatori dell'idealismo tedesco: la polemica contro la divisione del lavoro e contro le astrazioni che ne derivano a opera dell'intelletto, organo che separa e isola a differenza della ragione che unisce, collega i vari campi e postula un potere unificatore nell'assoluto. Tagliando i ponti con l'assoluto della natura, l'intelletto consegna l'uomo all'effimero, al temporale, a ciò che Schiller nell'Inno alla gioia musicato da Beéthoven chiamava la moda, che ha "nettamente separato" (streng geteilt) gli uomini gli uni dagli altri. Anche la ·cultura del Brotgelehrte appartiene in qualche modo al regno della moda, da cui si può uscire solo attraverso quella che Baioni chiama la "feticizzazione estetica" di Moritz, di Schiller e del giovane Friedrich Schlegel. Non è chi non veda come queste idee colgano punti essenziali sempre vivi nella cultura europea almeno allo stato di postulati. Ma puri postulati erano già allora, se confrontiamo gli schemi di Schiller con le loro realizzazioni pratiche. Egli se la prende con il Brotgelehrte che finalizza la sua opera al guadagno, ma che cosa era egli se non un intellettuale tedesco che non potendo vivere della propria penna né volendo abusare dell'ospitalità degli amici né della generosità dei potenti, aveva accettato l'occasione messagli innanzi da Goethe di usufruire di uno stipendio universitario? Ciò non significa naturalmente affatto che egli coincidesse integralmente con quel modello da lui deprecato, anzi cercava nelle condizioni date di incarnare la mente filosofica, e in larga parte ci riusciva, ma doveva purtuttavia affrontare le ire degli ordinari, essere accusato (non a torto) di scarsa scientificità e acconciarsi ad altre sgradevolezze del "dotto di professione". Questa battaglia tra vocazione e necessità doveva protrarsi a lungo e continuare perfino oggi in disperate oasi di resistenza quando la prima è subordinata fin dalla nascita, si può dire, all'impero delle necessità economiche nella cultura organizzata dei mass media. Ciò che caratterizz.a la letteratura tedesca -;-- se vogliamq sfiorare di nuovo il quesito che ci siamo posti - è che fin da principio essa è segnata da una viva e spesso esasperata coscienza di tale contraddizione. Le ragioni stanno - se è lecito avanzare una spiegazione così rozzamente materialistica in un'epoca in cui la fame appare solo come un problema degli altri (specie proprio in Germania) - nel sottosviluppo tedesco. Per quanto oggi si cerchi di sottolineare la continuità anche al di qua e al di là della guerra dei trent'anni (ma dove non si sottolinea la benefica continuità, disturbata soltanto dalle rivoluzioni, giammai dalle catastrofi, da cui le nazioni risorgono con rinnovata prestanza, come mostrano i recenti esempi della Germania e del Giappone?), non v'è dubbio che essa significhi una terribile cesura nella storia tedesca, come abbiamo appreso anche quest'anno con. i nostri studenti leggendo il Simplizissimus di Grimmelshausen, dove regnano la violenza, l'orrore, la fame, il banditismo, talvolta 36 perfino il cannibalismo, e in cui all'eroe, quando si reca in Svizzera, questa appare come un paradiso in terra a onta dell'aspra natura montagnosa. Ma nonostante la Svizzera, già qui il vero contraltare alla terribile guerra è l'utopia, che in Grimmelshausen appare in varie guise, sia mitico-fantastiche che come oasi sociali (quella degli anabattisti boemi) lambite da ordinamenti ingiusti e violenti. Alla coscienza d,ell' orrore e della miseria si accompagna la speranza dell'utopia, all'abbattimento la certezza un po' troppo gridata della redenzione. Abbiamo già visto come Schiller sperasse nell'eternità della pace di Westfalia. Eterna non fu, però dopo di essa la Germania si riprese, nelle città sorse una borghesia che da principio non si mostrò nemmeno ostile alle muse. Ma la povertà era ancora tanta, ancora alla fine del Settecento e al principio dell'Ottocento essa era una presenza imprescindibile anche per il figlio del ricco borghese di Francoforte, Goethe, che del resto non nuotava nell'oro. I visitatori inglesi a Weimar erano sorpresi dalla modestia delle sue condizioni di vita e lui stesso lascia trapelare talvolta una certa ammirazione mista di invidia e di disapprovazione per colleghi poeti come Byron che vivevano in fastosi castelli e si potevano permettere di scialacquare le loro sostanze. Poiché l'ascesi protestante e poi pietistica poteva bensì fornire una sorta di orizzonte metafisico alla povertà, come avviene nelle opere di Jung-Stilling, di Karl Philipp Moritz, di Ulrich Braker, dello stesso Jean Paul, ma non poteva nascondere la consapevolezza, magnificamente espressa da Goethe, che dopo la Rivoluzione francese regnava, che piacesse o meno, Pluto. Il dio del denaro. La scelta che Walter Benjamin fece nel 1931-32 di lettere dell'epoca goethiana, pubblicata in Svizzera già in periodo nazista con il titolo Uomini tedeschi, portava en exergue un triplice motto che era una sfida implicita alla protervia della politica tedesca di allora: "Dell'onore senza gloria , della grandezza senza splendore, della dignità senza mercede". Tali furono veramente le virtù degli uomini che crearono la letteratura tedesca moderna. Poiché se continuiamo a prendere sul serio la domanda posta nel titolo dovremmo anche definire il concetto di letteratura tedesca, ciò che richiederebbe parecchie altre lezioni, mentre questa è l'ultima. Per il mio maestro Griinanger la letteratura tedesca era un'unità che cominciava nell'ottavo secolo con la canzone d'Ildebrando e finiva con l'ultimo romanzo casualmente letto dal professore; con due vertici rappresentati rispettivamente daltetà sveva e da quella di Goethe. Era uno schema che risaliva alle prime storie letterarie, dal Gervinus allo Scherer, e che postulava una continuità già difficilmente attribuibile a quelli, da cui derivava, della letteratura inglese e delle romanze. Oggi tendiamo al policentrismo anche in letteratura e vediamo forti cesure che non ci impediscono di amare un periodo piuttosto che un altro. Anche il barocco, un tempo emarginato, è in auge dopo la prima guerra mondiale, per ragioni bene individuate da Benjamin, e c'è un collega che paradossalmente sostiene (ma solo oralmente, credo) che per lui la letteratura tedesca si ferma prima di Goethe. In questa uni versi tà dove hanno insegnato illustri studiosi del barocco, come Vincenti e Lupi, saremmo quasi tentati di dargli ragione. Ma la nostra impostazione ci consiglia di attenerci all'età moderna. Goethe ha notoriamente tracciato un profilo della letteratura tedesca come si presentava a

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