IL CONTESTO FoloArici (da"L'espresso"del 10/6/90). turistica che ne impoverisce e degrada sempre più il tessuto socioeconomico, spingendo alle stelle prezzi e costo della vita (bilanciato sulla spesa turistica e squilibrato, quindi, rispetto alle esigenze di una città di residenti normali). L 'Expò avrebbe esasperato tale meccanismo, già oggi impazzito e che necessita invece di una drastica, rapida limitazione. Altre attività produttive, diverse dal turismo, vanno rilanciate e reinventate in città. Venezia, studiando se stessa e misurandosi con i propri problemi, potrebbe ben altrimenti produrre, creare lavoro, ricerca, ricchezza tratta da nuove fonti. Il restauro, la conservazione e la fruizione intelligente del patrimonio storico, artistico, culturale e ambientale, le tecnologie del mare, il disinquinamento, la cantieristica, la portualità, la trasformazione ecosostenibile del grande polo industriale di Porto Marghera, sono da tempo le vie di rinnovamento della struttura economica cittadina individuate da enti locali, università, istituti di ricerca, forze sociali e politiche. L'Expò si muoveva nella direzione opposta. In alcuni casi le strutture e le infrastrutture previste risultavano alternative a quelle necessarie (i capannoni dell'Expò che rubavano spazio a sedi universitarie_ o a centri di ricerca o di produzione, così come le vie di collegamento tra le sedi espositive non c'entravano niente con i problemi di comunicazione dell'area veneziana, anzi li complicavano ulteriormente). I fautori dell 'Expò hanno parlato di una fiera dell' immateriale, e qualche anima candida, qualche forsennato cultore della "modernità", si sono bevutila storiella (tra questi, il Gruppo Ario, di cui fa parte Fni.nco Berardi "Bifo" che ha pubblicato sul "Manifesto" un elogio di questa idea di Expò - ovviamente ripreso subito dall'entourage di De Michelis - che sembrava scritto da Benni, per sçherzo - e invece era autentico, ahimè!). Sarebbe, spergiuravano, l'Expò della circolazione immateriale e della telematica. Circolazione immateriale! Nell'epoca della massima mobilità fisica (e motoristica!) mai conosciuta dall'umanità! E come se la teletrasmissione- di dati, notizie, immagini, voci - non si accompagnasse all'aumento degli spostamenti concreti. Bifo e De Michelis scambiano un'Expò per "Giochi senza frontiere" o per la finalissima della Coppa del Mondo di calcio, che durano un paio d'ore con ingresso a biglietti limitati. Ma Venezia sarebbe stata lì, inevitabilmente aperta, per sei mesi, durante l'Expò del 2000. E il meccanismo dell'attesa e il richiamo dell'evento sarebbero stati tali da invitare a "esserci", non solo a tele-vedere. Ed è stato ampiamente dimostrato che una città non si può chiudere, non si può regolarne l'accesso come se fosse uno stadio o un museo o uno zoo, se non a prezzo di sospendere le più 10 elementari garanzie di libertà e di renderla invivibile ai suoi stessi abitanti. Ma forse quest'ultimo problema non ci sarebbe stato, infine. L'accelerazione massima del processo che sta da tempo svuotando e snaturando Venezia, implicita nel progetto dell 'Expò, avrebbe reso deserta la città, popolata solo di mercanti e venditori di bigiotterie simil-veneziane prodotte a Hong Kong. Un degno approdo, volgare e venale, del secolo più sciocco e più superbo. Nessuna città al mondo mostra più di Venezia quali danni il nostro secolo, il tempo della "modernità", ha inflitto all'eredità storica e culturale, non meno che al patrimonio ambientale, dell'intero pianeta. È proprio l'eccezionalità di Venezia, che concentra questi valori in modo inaudito, a rivelare la natura cieca e predatrice del secolo che si concl~de. Non è solo, i~_'900, il secolo terribile dei lager e dell'atomica. E anche, e forse pm durevolmente, più inguaribilmente, il tempo della dissipazione e della conta" minazione. Il tempo che ha sprecato il tempo precedente, il passato stesso; la storia fossile e la storia dell' arte,_lasto~iaumll?~ fiorita nelle architetture come nelle tecniche, negli spazi costru11:J., ·e la storia naturale, dal lichene alla sequoia, in Amazzonie millenarie d'un tratto recise. La memoria, la tecnica, la pazienza che hanno costruito con fatica e genio una città come Veneziaun sistema di equilibri complessi: quasi un "miracolo" - sono storia, sapienza accumulata, che il '900 ha stravolto, dissipato. Sotto nubi d'alluminio e una luna d'acciaio - oppure "immateriale", in diapositiva - con un bel replicante vestito da gondoliere che canta a gettone "Venezia, la luna e tu": ecco un bel quadro, ecco il posto ideale per celebrare degnamente quelle nozze tra ragione e incubo di ·cui parla J .G. Ballard introducendo il suo Crash: "Il matrimonio tra ragione e incubo che ha dominato il XX secolo ha generato un mondo sempre più ambiguo. Il paesaggio delle comunicazioni è attraversato dagli spettri di sinistre tecnologie e dai sogni che il denaro può comprare". Anche se la luna dimiele, prevista a Venezia nell'anno 2000, è per ora sospesa. Chiscrive, legga Grazia Cherchi La rivincita della merda Mi pareva che al trionfo del vocabolo multiuso "cazzo" corrispondesse ilcalo della parola "merda". E invece l'altro giorno sul metrò, due uomini sui quarant'anni, pigiati accanto ame, non hanno smesso per tutto il tragitto di usare a ogni piè sospinto detta parola, anche in certe sue variazioni, tipo "merdoso" e "merdone". Dalla merda insomma non uscivano proprio. Siamo scesi alla stessa fermata e avendoli proprio dietro di rrie anche sulla scala mobile ho continuato a sèntirli concionare a colpi di merda. Siamo infine usciti nell'aria indubbiamente merdosa di Milano e mentre io mi fermavo ad aggiustarmi il solito carico di libri, uno dei due si è appoggiato con una mano al palo lì accanto. Subito si è ritratto inveendo: "Merda! C'era attaccata della merda!", mostrando il palmo maculato al compagno. Chi di merda ferisce ... Mi è subito venuta in mente una poesia di Hans Magnus Enzensberger, che apparve nel 1972 su "Quaderni piacentini", e il cui titolo era, per l'appunto, La merda. Eccola: "Sempre ne sento parlare/ come se avesse colpa di tutto./ Ma guardate come mite e modesta/ -ella si asside tra noi!/ Perché insozziamo/ il suo buon 'nome/ e lo appiccichiamo/ al presidente Usa,/ alla polizia, alla guerra,/ e al capitalismo?/ Com'è peritura,/ e com'è duraturo/ ciò che chiamiamo col suo nome!/ Lei, l'arrendevole,/ ci viene sulla punta della lingua/ per designare gli sfruttatori./ Lei che abbiamo
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