Linea d'ombra - anno VIII - n. 51 - lug.-ago. 1990

complicità nei confronti delle politiche a Est, sulla quale si sono lette ben poche "autocritiche" da parte degli integerrimi; per esempio, tutta un'ottusità che li ha sempre aggrappati ai poteri locali e portati alla spartizione di quelli centrali, altro che afareopposizione!); b) potesse diventare altro, perdendo via via anche la sua componente più burocratica, aggrappata alle sue cadreghe, e farsi più movimento, in osmosi col sociale, e radicato nel paese e non nelle sue istituzioni (alquanto marce) e corporaziorù (alquanto corrotte). Tutto questo, sembra di capirlo dalle ultime mosse spaventate del segretario, non accadrà: e si prospetta, mi pare, un lento sfaldarsi del Pci, risucchiato in parte altrove, in parte "nel privato". Ai suoi margirù si prospetta di già un altro sfaldarsi, o ricomporsi, nel gruppo, o ex gruppo-meglio: nel giornale che si comporta da gruppo - "Il marùfesto". E mentre i "vecchi" alternano accorate lezioni di identità comunista a ermetici saggi neo-liberty, i "giovani" non si sa bene cosa, poveri gattini ciechi, riusciranno mai a fare che non sia prevedibile. Lo dico, sia chiaro, con molto reale accoramento anch'io. Ma, d'altra parte, sesiè vissuti fuori del Pci finora si potrà pur sopravvivere anche a questo nonterremoto, a queste basse maree un po' fangose. Contando sulle Disegno di Pietro Zonchi. proprie - miserrime - forze. (Il paese è sempre più orrendo. Alla peggio si può sempre andarsene: siamo cittadirù del mondo, no?) Una lettura istruttiva Nel guazzabuglio di cose disparate che pubblica la Feltrinelli, trovo un libretto che mi pare utile consigliare ai nostri lettori. Si tratta di / limiti interni della natura umana. Pensieri eretici sui valori la cultura e lapolitica (Feltrinelli, pp. 113, · L. 20.000, troppe per permettere al libro la diffusione che merita) di Ervin Laszlo. Laszlo è uno dei fondatori del Club di Roma. Il libro è prefato dal compianto Peccei, altro fondatore. Con linguaggio estremamente piano, semplice, chiaro, immediato, Laszlo riflette sui modi in cui andrebbe rivisto il rapporto tra noi e il pianeta terra, e sui mutamenti che ne devono conseguire nell'umano comportamento anche politico. Non è poco. Laszlo, che mi pare felicemente a-ideologico nelle sue direttrici di pensiero, molto attaccato al concreto, riesce a dire da "persuaso" e non da "retore" alcune fondamentali verità. In un contesto che ci offre chiacchiere paludate o astruse, filosofiche massime e minime, neo-liberty o posttutto, sacrali ed ermetiche, baracconesche e televisive (a scelta), troviamo qui filosofia sul concreto, senso vero delle difficoltà vere e primarie, e perfino prospettive di azione, di cambiamento possibile. Si respira aria non inquinata, non asfitticamente narcisa, non superna. Il libretto non è trascendentale, è discutibile, ma serve, ci serve. IL CONTESTO Venezia Expò?Crash! Gianfranco Bettin La retrospettiva veneziana di Andy Warhol, a Palazzo Grassi, ha ospitato, nell'ultima.sala, leSilver Clouds, le nuvole d'argento, realizzate daWarhol nel '66. Si tratta di alcuni cuscini in poliester metallizzato, in pratica dei fogli d'alluminio saldati insieme eriempiti di elio che Ii fa lievitare e volteggiare _finoal soffitto creando un suggestivo effetto di nubi. Merce Cunningham, ricorda il catalogo, ha usato i cuscini trattenuti a mezz'aria da fili come elemento scenico per una coreografia (Rain Forest, del 1968). Il cielo sopra Venezia ha seriamente corso il rischio di essere percorso, nell'anno 2000, da simili nuvole. E da altre mirabilie: "nuvole artificiali prodotte con acqua fredda nebulizzata sui canali. Sulle nuvole vengono proiettate con raggi laser figure a colori, accompagnate da musica ... giochi di luce subacquei ... contenitori galleggianti illuminati di notte ... una palla di fuoco sospesa sull'acqua ... isole artificiali sparse in laguna". Non è la descrizione di un Piano Futurista per una Nuova Venezia (il seguito di "Uccidiamo il chiaro di luna!"), bensì il contenuto autentico del primo progetto di Esposizione universale da tenersi a Venezia nel 2000. Un progetto che aveva al centro il cosiddetto "Magnete", concepito nientemeno che da Renzo Piano, cioè una collina cava, alta trenta metri e sprofondante in un cratere di 120, capace di ospitare 70 mila persone per volta. Renzo Piano se ne è poi vergognato e ha infine ritirato l'adesione al progetto Expò. I primi deliranti progetti sono stati accantonati. Le ipotesi successive di Expò si sono fatte più morigerate, attente a non urtare la sensibilità di un'opinione pubblica, soprattutto internazionale, che non ha smesso di guardare a Venezia come a una "patria dell'anima" (Proust) e che ne pretende il rispetto. E che infine con una mobilitazione quasi senza precedenti, ha imposto il ritiro della folle idea da parte del governo italiano, il giorno prima che il Bureau International des Expositions si pronunciasse. Scrivo queste note il giorno stesso in cui il Governo ha reso pubblica questa decisione, e scrivo modificando un precedente testo già in composizione. Non è inutile tornare comunque sull'argomento: I'Expò è stata fermata, ma il cervello che ha il prodotto simili idee è ancora fecondo. E Venezia, come sempre, è luogo nevralgico che rivela un più vasto atteggiamento verso storia e natura, che denuncia, nella sua tenace epreziosa fragilità, gli squilibri e i colpi inflitti al tessuto vitale e ai vincoli imprescindibili che danno senso e prospettiva all'habitat umano. Che cosa si trattava di fare con l 'Expò? Si trattava di mobilitare risorse ingentissime per attrezzare un'area di già enorme richiamo a ospitare un gran "baraccone", un immenso luna park della tecnologia e dell'industria di fine secolo. Anche le stime più caute valutavano in alcune decirie di milioni i visitatori che sarebbero giunti a Venezia nei sei mesi dell'Expò (che si sarebbero aggiunti ai già eccessivi turisti "normali" e che.erano stati calcolati senza tener conto della nuova situazione dei paesi dell'Est, oggi e soprattutto allora più aperti alla mobilità, e del fatto ulteriore che il 2000 sarà anche l'Anno Santo del bimillena• rio della Cristianità, con prevedibili interminabili flussi di pellegrini in Italia). Pur con questa cautela, i visitatori giornalieri a Venezia venivano comunque calcolati in molte decine di migliaia con punte frequenti di centinaia di migliaia. Un peso insostenibile per la città lagunare. Non solo in termini fisici, però. Anche in termini economici. La città soffre da tempo di una monocultura 9

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