Linea d'ombra - anno VIII - n. 51 - lug.-ago. 1990

STORIE/BAGATTI -Bonazza? - Dorme: non s'è accorto di nulla. C'è andata bene a tutti. Decisamente abbiamo la fortuna dalla nostra stanotte. Forza datemi i fucili e i caricatori. - Ma come hai fatto per·gli altri? Sono già partiti? -Gli ho dato due caricatori di riserva, di quelli per il Picchetto. Sono due topi nuovi e non si sono accorti di nulla. Al prossimo turno rimetto tutto com'era. Non ti preoccupare Prof: gli altri non sanno nulla. Ho detto che eravate già in branda e li ho mandati via alla svelta, alla solita ora. - Hai rischiato - disse Pino. - Non ne parliamo più. È andata bene per f01;tuna.Non ne parliamo più. Avete chiuso la porta dell'officina? Pino e io ci guardammo negli occhi. Non ricordavo nulla. Cristo. Pino aprì la bocca come per dire qualcosa. Era sempre più pallido. Cercai di ricordare: la poltroncina, l'orologio, il fucile che cadeva per terra, la corsa. Nient'altro. Sentivo di nuovo un groppo alla gola. Valentini ci guardava preoccupato. - Bisogna chiuderla. Andate a controllare, disse. - Potrebbe anche non succedere niente ... - E chi lo sa? Se ci fossero in giro dei vecchi sarei d'accordo con te Prof, ma quelli sono due topi qualsiasi, li hai visti anche tu, arrivati da poco. E anche gli altri che escono dopo non sono svegli abbastanza per ·fidarsene. Metti che se ne accorgano. Ci passano davanti e vedono che è aperta. Possono fare qualsiasi cosa, qualsiasi merdata. Magari anche peggio. E se tornasse il Mezzo? - Ci siamo andati già abbastanza vicini noi due - dissi. - Sì, ma non ne parliamo più. Andate a chiudere quella porta del cazzo e non ne parliamo più. Prima ridatemi i caricatori. - Ci vadoio-dissePino.-Nonimportafareuncorteo. Lachiave è mia. Andammo al cavalletto e scaricammo i fucili mentre Valentini ci aspettava sotto l'arco della porta centrale. fyiitremavano ancora le gambe . per la corsa improvvisa. Cercai di respirare a fondo per calmarmi. - Abbiamo avuto fortuna Pino. - Vorrei che fosse davvero così. - Ha ragione Valentini: non ne parliamo più. Sei sicuro di voler andare da solo? -Sì. -Ti aspetto qui con Valentini. -Va bene. - Stai su, ormai la notte è pas.sata. Pino scosse la testa e si allontanò nel buio del piazzale dopo avermi lasciato il suo caricatore. Aveva con sé il fucile. "È giusto - pensai - Meglio non fare sorprese. Quei topi di patn1glia. Se vedono girare uno armato di notte sanno subito che è una guardia. Sarebbero capaci di dare l'allarme se vedessero uno che cammina al buio. Pino sa il fatto suo". Non mi sentivo tranquillo. Tornai da Valentini e gli consegnai i due caricatori e il mio fucile. - Mentre aspettiamo metto tutto in armeria Prof, anche la lampada. - Non ci vorrà molto Val. Abbiamç, quasi scazzato eh? - Quasi. E quasi è già troppo Prof. Lo sai. L'importante è che sia finita bene. - Magari la porta era chiusa. Sarebbe buffo. · -Non lo so: Pino mi ha stupito stavolta. Aveva davvero una strana faccia e poi fare una cazzata così ... senza motivo ... - Magari ce l'ha davvero il motivo. È stato fuori giri tutta la sera. Valentini aveva messo il mio fucile nella rastrelliera e si era inginocchiato .vicino alla cassetta di legno con le munizioni del Picchetto. L'aveva aperta e ci stava infilando dentro i caricatori che gli avevo dato. 98 - Se dici così Prof può anche darsi. Pino è qu~i alla fine ... Ma scusa Prof, ferma un momento! Mi manca un colpo dei vostri caricatori! - Come sarebbe a dire? - Guarda qui. Uno è completo. Questo ha un colpo in meno. Sette soli. Stavolta mi ricordavo benissimo tutto. Me lo ricordavo berre. Avevo scaricato e rimesso il colpo di sicurezza che avevo in tasca. Me lo ricordavo bene di averlo fatto. Mi si strinse ancora la gola e sentii il sudore lungo la schiena. - Ma com'è possibile ... Mi tremava la voce. Cercai nel taschino ma lo sapevo benissimo che era vuoto. Valentini si alzò di scatto e mi guardò negli occhi. - Pino si è tenuto il colpo. -Cristo Val, Cristodiddio. Si è tenuto quel maledetto colpo. Non so che cazzo sia successo. Ali 'improvviso era tutto chiaro ma non avevo ilcoraggio di pensarci. Ero tutto sudato sotto la mimetica zuppa d'acqua. - S'e l'è tenuto Val, capisci? se l'è tenuto e stasera aveva telefonato a casa, dallo spaccio, e voleva anche i miei gettoni ma poi non ha parlato neanche tre minuti, aveva quella faccia stravolta, l'hai visto anche tu, non lo so, ma Cristo non ha detto una parola e poi si è addormentato così di brutto, mi sono svegliato io... corriamo Val! Corriamo ... c'è voluto tornare da solo ... Valentini mollò tutto e scattò via verso il piazzale. Io gli tenevo dietro. Non avevamo i fucili e correvamo come furie. Non sentivo nulla, solo la paura e la gola stretta come un pugno. Nel buio dei vialetti il rumore dei nostri anfibi rimbalzava secco sull'asfalto bagnato e sul muro della caserma di Reparto. La porta dell'officina falegnami era spalancata: un rettangolo buio sul muro giallastro. Valentini piombò sulla soglia e si fermò di scatto. Io gli finii addosso e mi appoggiai alla sua spalla per guardare dentro. Pino se ne stava seduto per terra col fucile che gli era caduto fra le gambe e la schiena appoggiata contro una delle due poltroncine. Aveva la testa riversaall 'indietro. Il colpo doveva essergli entrato sotto il mento. Le mani erano ricadute nella segatura, per terra lungo i fianchi. Aveva la bocca aperta e la mascella tutta spostata da un lato, tutta storta. Dagli angoli della bocca gli scendevano lentamente due fili di sangue giù per il collo. Gli occhi erano spalancati verso il soffitto. Fra i capelli si vedeva uno spacco grande come una tazza e dentro il sangue scuro, denso e pezzetti bianchi, piccoli. Lo schienale della poltroncina era tutto spruzzato di sangue e lunghi filamenti bianchi che scivolavano piano verso il ba%o. Molto lentamente. It cappello di Pino era caduto per terra e la penna si era tutta sporcata di segatura. Valentini si appoggiò al bancone tenendo gli occhi fissi su Pino, senza dire una parola. Ero così stanco e vuoto dentro e volevo fare qualcosa invece non feci nulla e sentii che gli occhi mi si riempivano di lacrime. Restai lì a guardare. Valentini aveva raccolto il cappello di Pino e con una mano cercava meccanicamente di togliere via la segatura dalla penna. Guardava quella faccia con la bocca tutta storta, piena di sangue. - Dobbiamo svegliare Flavio - dissi -e far telefonare al capitano. - Sì - disse Valentini. Si sedette per terra vicino al bancone. Mi inginocchiai sulla segatura vicino alla poltroncina. pensai che non avevamo sentito neanche il colpo e poi pensai a Flavio che dormiva nella sua brandina accanto al centralino. Restammo lì senza parlare, guardando il corpo di Pino e il sangue che usciva pianissimo dalla testa. Da fuori arrivò un rumore di passi. Qualcuno stava arrivando di corsa lungo il vialetto.

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