Linea d'ombra - anno VIII - n. 50 - giugno 1990

MUSICA Fra le migliaia di aneddoti cresciuti intorno alla figura e alla musica di Miles Davis ce n'è uno, in particolare, che mi è sempre sembrato emblematico. Non lo troverete nella sua autobiografia, appena tradotta ançhe in Italia (Rizzo li, pp. 500, L. 28.000). Non importa: è scritto, nero su bianco, LA VITA DI MILES AUTOBIOGRAFIAJAZZ Fabrizio Bagatti . sul retro della copertina di uno dei suoi dischi e vale la pena di ripeterlo come prefazione al Miles di Miles Davis. Un giorno, il produttore dei dischi di Davis stava ria~ scollando in privato alcuni nastri appena usciti dalla seduta di registrazione. Assieme a un amico stava valutando alcuni impegnativi passaggi dell'assolo di tromba. D'improvviso entrò nella stanza la figlia del produttore, una bambina di sei o sette anni. Dopo aver ascoltato appena qualche nota di musica, la piccola disse sicura a voce alta: "Questo è Miles Da- . I" VIS. Il produttore e il suo amico, abbastanza stupefatti, chiesero alla bambina come avesse fatto a capirlo. Era musica inedita. ANTOLOGIA La risposta fu chiara e semplice: "Il suono della tromba di Miles si riconosce subito: sembra la voce di un bambino che è stato chiuso fuori di casa e bussa disperatamente perché lo facciano entrare." Chiunque abbia mai ascoltato anche un solo minuto di musica suonata da Davis riconoscerà che quella frase è vera quanto poche altre. Se, per usare le parole di Thelonious Monk, il jazz "è un graffio nell'anima", allora la musica, la sonorità, il cuore della poesia di Miles sono una delle unghie che hanno lasciato quel graffio. Anche davanti all'appaMILES DAVIS SECONDO KUREISHI "C'erano tre tastiere, una chitarra elettrica alla Hendrix, una trombae una batteria incandescente,pulsante. Il ritmoera funky ma la musica non ti arrivava dritta addosso, sembravapiuttosto espandersi e circondarti. Era tentacolare, complessa, ricca e senzacambi di accordi o assoli.Ogni momento esisteva solo per se stesso. Pensavo fossero dei musicisti navigati che stavano portando il rock in una nuova direzione; Il disco si chiamava/ n a Silent Way ed era di Miles Davis. Ali' epoca il mio p~ne era il rock: avrei scambiato mezza Cappella Sistina per una qualsiasi cosa dei Beatles. Avrei dato la Gioconda in cambio di pezzi di Otis, Marvin e Aretha. Fino ad allora iljazz per me erano dei vecchi panzoni che suonavano Mack the Knife nel retro dei bar.Ma quella era unacosa del tutto diversa. Da allora in poi ho ascoltatoMiles Davis quasi ogni giorno, per ispirarmi quando provo a scrivere. Come Picasso, Miles ha un dono pericoloso: un'incredibile facilità. Noia e talento lo spingono a cambiare costantemente e a cercare nuove idee. Negli anni Settanta, con gran disappunto dei suoi vecchi fans, Miles non ha più suonato 'Round Midnight e My Funny Valentine, esattam_entecome Picasso non avrebbe potuto continuare a dipingere nello stile del periodo blu. Il paragone con Picasso è azzeccato perché anche Miles è un Moderno. La sua musica è astratta, intellettuale, senza sentimento, spigolosa e talvolta selvaggia. · rato che il Miles Davis ucimo di spettacolo si è spesso costruito ink>rno, anche davanti alle sue bizzarrie più discutibili, bisogna sempre riconoscere la presenza di un compatto nucleo di verità. Qualcosa di ossessivamente presente, di minaccioso e davvero "straziante e irriducibile", resta sempre ben palpabile. Ora, per riuscire a impararne qualcosa di più, abbiamo la possibilità di leggere Miles. Non credo che si possano trovare risposte decisive, ma senz'altro guadagneremo molte tessere da aggiungere al mosaico. Non mi sorprenderei se l'autobiografia raccontata da Miles diventasse in breve tempo un "testo sacro" t,er gli appassionati e gli addetti ai lavori. Gli ingredienti ci sono tutti: la vita pubblica e quella privata, l'aneddoto e la curiosità che non si conoscevano prima, la rettifica e le accuse, le glorie e la melma di qualcosa come cinquanta anni di jazz . Discografie alla mano, Miles sta fi per chiarire i mille interrogativi che ci siamo sempre posti, perfino quelle minime pieghe in cui non era entrato il ponderoso -lavoro di Ian Carr. Ma, una volta tanto, sarebbe bello che gli agiografi lasciassero perdere tutto questo per concentrare l 'attenzione su una sola cosa: l'istinto di verità. Forse è questa la lezione più sincera che è possibile estrarre daMiles. Unmodotalmentediretto, nudo e crudo, di raccontarsi che, alla fin fine, luoghi e date contano solo relativamente. Magari qualcuno dirà che il testo fa questa impressione perché con ogni probabilità è registrato e tra- . scrittopiùchescritto;magari,psiQuando ripenso a quali sono stati i piaceri della mia vita, so che il suono dolce della tromba di Miles Davis - sensuale, duro, straziante e irriducibile - è ai primi posti dell'elenco." (da "The lndipcndent Magazine", 24.3.1990) Miles Davis in una loto di Guy LeOuerrec (Parigi 1969). 91

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