Linea d'ombra - anno VIII - n. 50 - giugno 1990

5 P E T T A C O L O QUI C'ERANO GU -OPERAI UN FllM SULlAGHOSTTOWN DELlAGENERALMOTORS BrunoCartosio L'universalità dell'opera di cultura stanell'intelligenza chevi è incorporata.Ed è lei che ne garantisce la traducibilitàattraverso confini nazionali, lingue, culture. Roger andMe è, prima di tutto, un film intelligente.E arguto, divertente, amaro, ironico, causticamentesarcastico.E insiemedocumentarioe filmdi finzione.È un'opera prima che ha in sé una dose sorprendente di maestria. C'è l'abilità del giornalistaMichael Moore - che l'ha scritto, prodotto, diretto e "venduto" alla Wamer Bros - di andare direttamente al punto e di usare le parole con parsimonia e con precisione.Ma c'è anche la grande lezione specificamentefilmica che quasi trent'anni di documentarismo storico e politico hanno depositato nella cultura delle arti visive negli StatiUniti. Il film prende le mosse da un fatto semplice: la Generai Motors decide di trasferire undici suoi stabilimenti in Messico, dovela paga oraria di un'operaio è dieci voltepiù bassa che negli Stati Uniti. Per la città di Flint, nel Michigan (con Detroit culla storica-e ora bara semivuota-dell'industria dell'auto), èun disastro.Il filmdicedell'ondata di disoccupazionee delle ricadute sociali immediate, soprattutto gli sfratti. Questi, ai quali assistiamo, e le chiusure delle attività commerciali nei quartieri operaitrasformano interezonedella città in altrettanteallucinanti ghost towns. Il contrappunto al disastro sociale è fornito dai commenti e dalledichiarazioni programmatichedei dirigenti industriali e <lei ricchi e dalle assurde iniziative di rilancio turistico-spettacolare degli amministratori locali. C'è chi spiega che la ricerca del profitto è il dovere primario della corporation, come fa il signor Kay della GM, e c'è Anita Bryant-fondamentalista, antiabortista,cantanteepropagandistaperenne dell'ideologia del consenso-che dice, senza ironia:"C'è il sole, siamoin unpaese libero, il pane c'è, per cui nessunomorirà di fame, e domani è un altro giorno". C'è l'ufficiale giudiziario che arriva e, letteralmente, butta fuori la gente sui due piedi e dice: "Almeno da me hanno comprensione... Li trattocome vorrei essere trattato io"; e infatti la vigilia di Natale ne butta fuori il doppio, "per non rovinare il Natale a nessuno". E c'è la donna che ha messo su un microallevamentodi conigli. Se l'ufficiale giudiziario è il rappresentante reale della politica della GM, lei ne è la metafora: la vediamo ammazzare col bastone un bel coniglio nocciola che aveva in braccio e accarezzava un attimo prima, appenderlo, scuoiarlo e sventrarlo. A tenere insieme il film sono il commento fuori campo di Mooree il racconto della sua quest, la ricerca di Roger Smith. Il "Roger" del titolo è appunto il presidente in carica dellaGenerai Motors, che Moore insegueper metà Stati Uniti cercando vanamentedi riuscire a parlargli. In fondo, il donchisciottescoMoore vuol chiedergli soltanto di andare una volta a Flint a vedere le conseguenzedei suoi trentamila licenziamenti.Ma Roger Smith non ha tempo. Nel rapporto tra le immaginie il parlato si condensa il tono e il sensodel film. Quando passano le scene oggettivamentedrammatichee angosciose degli edifici sbarrati o cadenti, degli operai che dimostrano in quattro o degli sfratti, il commento è scarno, 88 ~ ex ·y ' Michael Moore durante la lavorazione di Rogerand Me (W. B.). descrittivo, quasi distaccato; quandoMoore ripercorre la propria ricerca di Roger Smith attraverso gli ambienti più esclusivi d'America è ironico o sarcastico; quando fa vedere·e parlare i benestantie benpensantidi Flint è caustico. Sempre,per così dire, senzaalzare lavoce,puntandosull'intelligenza dello spettatoree, in modo molto discreto, sulla sua sensibilità. L'unica variante stilisticadel tutto assente è il patetico. Ci si accorge però anche che l'intelligenza non è l'unico tramitesu cui poggia il discorso di Moore. L'altro universale del film è il rapporto di alterità tra le classi. Come l'intelligenza, è semplicemente dentro il film; anzi, per questo ci si rende conto che è il film. Non c'è inquadratura attraverso la quale non si riproponga, ingigantita e generalizzata, la unione/contrapposizionedel titolo. Ro gere io vuol dire<&quellicome lui e quelli come me" o ancora, com'era il titolo di un libro famoso in cui un protagonistaoperaioraccontava le occupazionidelle fabbrichedi Flint del 1936-37: "I tanti e i pochi", padroni e operai. Nonè che sulla lunghezzad'onda del films'intendano soltantoMichaelMoore e quei quattrogatti di spettatoriche rim~gono legati a quel modo così obsoleto di guardare al mondo. E che si guarda a una realtà sociale caratterizzata da un padrone che licenzia decine di migliaia di operai si vedono riemergere con sorprendente naturalezza le antiche categorie del profitto, della disoccupazione,del salarioe dcli' assenza di salario,dellamiseria e della diversità sociale, culturale e politica. Sia chiaro, Moore non è un comunardo; del resto nulla, nel film, si spinge sopra le righe (solo un operaio definisce Roger Smith "figlio di puttana" mentreun'operaia, pur essendovisibilmenteincazzata,limiteràil turpiloquio"perché sono una signora"). . . Dopo un quindicennio di onorato servizio nel giornalismod1

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