STORII/BACHUR Tutti mangiavano più con le orecchie che con la forchetta, più parole del Fllhrer che strudel di mele. caduto di certo neanche un boccone. Che lo zio Albert non mi difendesse, non mi dicesse neanche una parola, non cercasse nemmeno di far buon viso a cattivo gioco, ma assumesse invece un'espressione impenetrabile, come se avesse dovuto prendere le distanze da me e dalla sua colpa di avermi portato lì, mi impressionò molto. Piegava la testa al di sopra della mia, con l'orecchio tutto proteso verso il Fiihrer, come se non avesse parlato abbastanza forte, come se lui dovesse captare anche l'impronunciato. Oggi penso a sua giustificazione che stesse già allora incidendosi tutto nella memoria per la pensione, per le sue memorie. Ha solo trascurato di citare me. Anch'io ho taciuto a lungo. Dapprima mi vergognavo peraver fatto sfigurare me e lo zio Albert. Più tardi ebbi complessi di colpa per esser stato seduto un giorno alla tavola di Hitler, per aver mangiato un giorno alla tavola di Hitler, e neanche ai bordi estremi. Ero proprio il suo vicino di posto, non quindi semplicemente un complice, un commensale, un compresente e uno scroccone di strudel di mele con cui lui si sia spartito la torta. Ci fecero persino una fotografia. Sicuramente per documentare una volta di più il suo amore per i bambini biondi. Che io abbia avuto il permesso di sedergli accanto solo per via della foto? In seguito vietò di pubblicarla. Tanto era permaloso. Da grande però fuì sopraffatto da una nuova ondata di complessi dfcolp_a,perché ero stato presente e non lo avevo ascoltato, perché oggi no11sarei in grado di riferire nulla dei suoi monologhi e perché allora non'iò contraddissi, non lo aggredii, non tentai di compiere alcun attentato. (Maall 'ingresso mi avevano portato via addirittura la pistola giocattolo, e sul tavolo non c'era nemmeno un coltello. Che fosse per questo che c'era solo strudel di mele?) A ogni buon conto, pensavo per acquietare la voce della coscienza, io solo ho usato quest'unica arma, l'ho colpito nei suoi punti deboli con pezzi e torsoli di mela, briciole e croste di pasta, gli ho insozzato i calzoni, l'ho provocato e mandato su tutte le furie. . Nessun altro della tavola ha osato provarci anche solo con una parola. Chissà che cosa mi sarebbe successo se non fossi stato il nipote dello zio Albert?! . Così, con l'accrescersi della mia età e della distanza storica, guardai a poco a poco al mio ruolo tra strudel di mele e discorsi di Hitler in una luce più cordiale, più remissiva, e cominciai, in cerchie avvinazzate, quando tutti hanno già raccontato aneddoti sulla loro vita, a fare cautamente delle rivelazioni. Nessuno mi prese in giro, nessuno mi fece rimproveri. Al contrario, sembrava che mi invidiassero. La gente non si stancava mai di ascoltare, voleva sempre sentire qualche altro dettaglio sull'aspetto di Hitler visto da vicino, sull'effetto che faceva. Dovevo descrivere e far vedere come egli avesse inscenato se stesso nel gesticolare, parlare, guardare, mangiare, brindare, raschiarsi la gola e soffiarsi il naso. E tutti mi chiedevano ogni volta di Eva Braun. Allora io non sapevo niente di lei. Doveva essere assai poco appariscente e aver sempre taciuto perché io non mi accorgessi di lei. In realtà tutte le signore attorno a quella tavola erano assai poco appariscenti, ho di loro solo un ricordo molto sbiadito. Sarà stata comunque quella biondina magra alla destra di Hitler, che si prendeva le sue briciole più di me. lo credevo che fosse la sua dattilografa. Quando mi chinavo in avanti per pescare una nuova fetta di strudel, guardavo furtivamente dalla sua parte per vedere se non stesse stenografando frettolosamente tutto quello che da lui prorompeva. Ma non scriveva e non diceva neanche una parola, spilluzzicava dal suo strudel i pezzetti di mela e mangiava solo le mele, lasciando nel piatto la pasta e la crosta. Alla fine era seduta davanti a una montagna di croste, che non lasciava più spazio per un'altra fetta di strudel, e non c'era alcun cameriere che venisse a svuotarle il piatto. Rovistò tra le croste, scavò una valle in mezzo alla montagna, costruì una fortezza di croste, e quando questa crollò senza che il suo Fiihrer la smettesse ancora di parlare, si mangiò sconsolata anche le croste. Da Stadtbesetzung, Fischer 1979. 75
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