Linea d'ombra - anno VIII - n. 50 - giugno 1990

LA GUARDIA Fabrizio Bagatti - Topo? Sono io. - Ciao Max, novità? - Guarda i turni, li hanno messi fuori ora. Quelli del Comando stavolta ci hanno fregato: hanno preso tutti i piantoni enoi dobbiamo fare le pattuglie, Proprio stanotte che pioverà ... - Ma come Cristo di Dio! Bella fregatura. E nessuno ha detto niente? - Chi cazzo vuoi che parli? Dev'essere un'idea del colonnello per tenerci un po' sulla corda e quelfesso del capitano, lo sai, si diverte anche lui a queste troiate. · - Questa storia mi piace poco. Non ho voglia di bagnarmi a camminare per ore. Quasi quasi compro il piantone a qualcuno del Comando: anche loro hanno 1 soliti morti di fame. - Nein, topo, non ti conviene: si farebbe polvere e si rischia casino per tutti. Stai in gamba e non fare il fesso. Ti ho messo al secondo, lo sai che è il turno migliore, non te la prendere. È una guardia come le altre, stronza e tranquilla. Ma stai attento: c'è quella carogna di Mezzolago a fare l'ispezione. Non si sa mai. Magari non si fa neanche vedere ma se ti fidi troppo te lo ritrovi al culo col neon in mano e quella faccia di merda, apposta per fregarti. - Secondo o no questa non mi va giù. - Non c'è nulla da fare e se te lo dico io sai che è vero. Stai all'occhio e non ci pensare. Ti ho messo con Pino. È in gamba più degli altri e conosce tutti i trucchi ... ti va bene? - Sì, Pino è a posto. Con lui andrà bene: faremo anche questa ... Se senti qualche voce cerca di avvertirmi. - D'accordo. Al centralino c'è Flavio per la notte. Ci possiamo sentire quando vogliamo. Stai su e non scazzare. - Non scazzo mai. Spero solo che non piova. - Non ci contare troppo. Ciao topo. - Ciao Max. Misi giù il telefono e andai a guardare la tabella dei servizi appesa in fondo al corridoio. Tutto vero: secondo turno e pattuglia. C'era anche il nome di Pino. Tornai in camerata e dopo poco cominciò a piovere. Mancava ancora un'ora ma cominciai a prepararmi lo stesso. Tirai fuori dall'armadietto gli anfibi e tolsi le stringhe. Presi la scatoletta del grasso e lo passai sul cuoio con uno straccio. Con cura, da tutte le parti, anche alla cucitura delle suole: non scazzare, non scazzare mai. Poi passai nel grasso anche le stringhe e le rimisi a posto. Venti minuti scivolati: un lavoro ben fatto e nessun pensiero. Pioveva sempre più forte. - Come le altre, stronza e tranquilla. - Con chi ce l'hai Prof? - Con nessuno Bomber, sto solo tirando il fiato. - Guardia? - Già. Pattuglia. - Niente male come scherzetto. Dammi retta vai dal Rosso e fatti dare una coperta. · - Ci avevo già pensato. Quei materassi dì merda, al corpo dì guardia, diventeranno delle spugne con un tempo così. Tirai fuori dall'armadietto la mimetica pulì ta e le mutande lunghe dì lana. Mi spogliai, ficcai la roba sporcane! cassetto emi infilai le mutande. - Con chi sei? - Pino. - Buono: ho fatto una pattuglia con lui il mese scorso. Vedraì che ha una sorpresa per te. - Che sorpresa? - Ha la chiave dell'officina falegnami: quando siete da quella parte 68 vi infilate dentro e non vi beccate neanche una goccia d'acqua. Magari vi fate anche una dormitina. - Pino è un genio, l'ho sempre detto io. - Mai scoraggiarsi Prof, ma stai all'occhio. - Scommettici pure. Stavi dormendo? - La vecchia non dorme, topo: riposa. - Vaffanculo Bomber. - Buonanotte Prof. Ormai ero vestito. Avevo messo i miei calzettoni dì lana blu e, per nasconderli, avevo infilato bene i pantaloni negli anfibi. "Mezzolago o no -pensai-mica ci faranno togliere le scarpe!". C'era ancora tempo. Bomber sì era rigirato nella sua branda e si era rimesso a dormire. Pensai che ce ne saremmo andati insieme da lì, lo stesso giorno, fra soli ottantasette giorni. Faceva il muratore per il Reparto Servizi ma sapeva suonare la tromba e l'ultima sera avrebbe suonato un silenzio tutto per noi, era un patto. Ma forse l'ultima sera saremmo stati troppo ubriachi e felici per dei festeggiamenti solenni. Uscii nel corridoio e andai a cercare il Rosso. Aprii la porta del magazzino e mi incamminai lungo le basse arcate che dividevano i mucchi della roba. In fondo allo stanzone c'era il Rosso, sdraiato su una pila di materassi con le sue solite parole incrociate in mano. - Eccoti Professore, giusto in tempo: l'autore di Tifone, sei lettere. - Conrad, Rosso, ci o enne erre a di. È un gran libro, dovresti leggerlo, tanto per cambiare. Cambiare? Sei matto? Sto così bene! Spiritoso. Dài, mollami una coperta. Fine o spessa? Fine. Fine ma pulita, eh? - Il meglio per noi del quinto, solo il meglio. - Non avresti mica della cioccolata? - Nein, vecchio. Finita ieri, ma ho della grappa in bustine. - Meglio che niente ... dammene due. - È lì sopra, prendila e nascondila in tasca La coperta te la porto io al posto di guardia dopo il cambio, verso le sette. Se c'è in giro ilMezzo non ti conviene farti vedere. - Giusto Rosso. Ti lascio un pacchetto di sigarette. - L'ho sempre detto io che sei un signore ... già, lo studio è una grande cosa e tu hai studiato e si vede. - Mica tanto Rossino: vedi che al dunque siamo tutti gli stessi stronzi. - Regole del gioco, vecchio, nient'altro. Regole sbagliate. Abbiamo le definizioni giuste ma lo schema è scazzato. - Con una pioggia come questa è tutto scazzato. - L'hai detto. Sai dove bisognerebbe essere? A letto, in un grande albergo, con la televisione in camera, la cena sul vassoio e una gran bella figa che ti sorride e non parla. Le donne che ti sorridono e non parlano sono le migliori, ricordatelo Prof. - Me lo ricorderò. - Faremo tutto, quando sarà finita. Ottantasette. - Non ci pensare troppo, Rosso. - Quando ce ne andremo di qui mancheranno proprio i migliori. - Morire chi resta! - Morire. 'Notte Prof. - Ci vediamo Rosso. Uscii dal magazzino e mi avviai lungo il corridoio che portava ali' armeria. La distribuzione dei fucili non era ancora cominciata ma davanti alla porta a sbarre c'era già il gruppetto delle guardie in attesa. Pino era appoggiato al muro. Teneva il cappello in mano e lisciava la penna con un gesto lento e accurato. Mi guardò e strizzò un occhio

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