Linea d'ombra - anno VIII - n. 50 - giugno 1990

IL CONTESTO Siamo al cinquantesimo numero di "Linea d'ombra". Chi l' avrebbemai detto? Alcuni collaboratori degli inizi (pochi: uno o due vecchinarcisi, tre o quattro giovani) li abbiamo persi per strada, alcuni sono scomparsi e molto ci mancano; ma tantissimi nuovi ne abbiamovia via trovati. E forse la funzionepiù utile che la rivista ha potuto svolgere è stata di aiutare molti (collaboratori e lettori) ad attraversare con qualche intelligenza e dignità un decennio di svacco, ridestato infine alla storia dal crollodi molti muri. Non è mia intenzione fare un consuntivo. Si spera che la sensibilità culturale e politica che ci ha guidato fin qui continui ad agire fin tanto che ce ne sarà bisogno; ma ci sembra giusto indicare subito alcune linee di -ricerca, e quei temi, quelle contraddizioni aperte, e almeno per molti di noi tanto vitali quanto preoccupanti, dolorose, sulle quali occorre intervenire. Elencherò alla rinfusa, senza calcolo e senza la preoccupazione di dover spiegare ciòche, per i lettori più attenti, è ovvio da tempo, alcuni dei temi attorno ai quali dovrebbe ruotare la nostra ricerca o produzione di interventi, materiali, saggi, racconti. Non tutti, solo quelli che per il momento appaiono più impellenti, o anche più scabrosi. - L'ecologia, lo stato della natura, la prospettiva dei disastri locali o del disastro. Quante menzogne continuano a inquinare questo campo! Si pensi soltanto, in Italia, alle chiacchiere rassicuranti dei politici, alla criminale politica degli industriali (basti l'esempio dello sciagurato incremento della motorizzazione). È il problema principale, e Io sarà sempre di più. - L•apertura ali 'Est, o anche: l'arrivo dell'Est tra di noi, il cònfrontocon i problemi, la storia e le realizzazioni di una cultura importantissima, così poco nota in Italia (con la sola eccezione di due iniziative rigorose e conseguenti, non nate oggi: le edizioni e/o, la rivista "Lettera internazionale"). - Di pari passo: il Sud, i Sud; la prospettiva assai forte di una divisione del globo unicamente in Nord e Sud; i condizionamenti posti dai Nord oggi (etra i Nord ci siamo, è ovvio, anche noi, figli dell'Europa ricca, tra i più privilegiati dell'Occidente privilegiato) e la difficoltà delle liberazioni: la necessità di una solidarietà preci0 sa e vigile, non solo ideologica, non ipocrita; la possibilità infine 4 Promemoria in occasionedel fascicolon. 50 Goffredo Fofi di fare, per noi-Italia, in qualche piccolo modo, da piccola cerniera, già ora, tra Est e Sud, i cui linguaggi e le cui necessità ci appaiono drammaticamente inconcilianti. - Il Sud tra noi: nei due sensi di un Sud che ci arriva da altrove (l'immigrazione dei cosiddetti extra-comunitari) e di un Sud che è nostro da sempr,e. Sul primo punto: oltre l'analisi di problemi, conflitti, diversità, scambi, una attenzione particolare dovrà essere portata alla produzione culturale· "etnica" o meglio "inter-etnica", che ha i suoi punti di forza e già molti grandi risultati nella cultura inglese (opere di Naipaul, Rushdie, Kµreishi-Frears, Mo, ecc.). - Sul secondo punto (il nostro Sud) sono convinto che sia sempre più indispensabile intervenire, sollecitando contributi e reazioni dalle energie meridionali, studiando quella società e ia progressiva distanza che si varistabilendo tra "giù" e "su" (in breve: le due culture si allontanano a grandi passi e le tiene insieme, probabilmente, la trinità mafia-banca-partiti, forse più intrecciata di quanto non si pensi e si sappia; in breve: la scelta tra via libera all'industria del nord, e stato assistenziale, cioè clientelare; in breve: l'inadeguatezza dell'intellighenzia meridionale di sinistra a così tanti problemi e la necessità che essa si desti e rafforzi). - L•assetto dei media. Il peso dei media nella nostra società. II loro messaggio di consumo/consenso. Il progetto dei più, di cono formazione, anzi di abbrutimento morale e civile dell'italiano, sempre più eterodiretto ma sempre più convinto, dai media medesimi, di essere autodiretto, ed è questo un paradosso solo apparente. - Considerando esatta la definizione di "società dei due terzì" avanzatadaHabermasperl'Europa occidentale (nel senso che un solo terzo della popolazione vi è ormai deprivato, povero) ne deriva non solo che ci si deve occupare seriamente del terzo emarginato, ma anche che all'interno della grande maggioranza omologata è indispensabile operare deIIe rotture, far esplodere contraddizioni, dividere i soddisfatti (omagari no, ma per motivi di frustrazione conseguente ad ambizioni sbagliate e bisogni decisamente superflui) dagli insoddisfatti per motivi generali, morali, di bisogno di una società migliore e il più possibile egualitaria. La nostra piccola azione per una "protestantizzazione" delle fondamenta cattoliche opportunistiche della nostra cultura (essendo ben chiaro che si tratta di una morale nuova, da elaborare, e che è viva una protestantizzazione di fatto di parte del cattolicesimo, quanto è vivo in genere anche il contrario) implichi una accentuazione del discorso dei doveri - e non solo, come oggi sta avvenendo inmolti dibattiti, di quello dei diritti, di fin troppo successo. - All'interno dei due terzi dominanti, all'interno della piccola borghesia alfabetizzata cui più o meno, almeno culturalmente, tutti noi dei due terzi ormai apparteniamo, bisognerà prestare attenzione a quelle minoranze attive - quali, per esempio, si esprimono tra i cattolici, e i verdi, o nel vasto fenomeno dell'associazionismo e in quello meno vasto del volontariato - che più si muovono e sono presenti. Anche, però, per rilevarne carenze, false coscienze, tendenze, istanze e difese corporative (tanto più nefaste in una società tutta ordinata da istanze similari: lobbies e camorre, gruppi di potere palesi e nascosti, interessi di parte, familismo amorale... ben più presenti e incisive oggi di qualsiasi lotta di classe tradizionalmente intesa e già inficianti tanti ambiti, i più vasti e importanti, della vita partitica e sindacale). -Inmoltaparte-Iamigliore-dell'ex '68 si trova spesso la soddisfazione del singolo per la sua onesta presenza in questa o quella istituzione. Non basta. Bisogna, anche a partire dalle vecchie teorizzazioni della "lunga marcia attraverso le istituzioni" e forti dei tanti limiti deIIeesperienze di un ventennio, proporre una riflessione che vada oltre: su cosa può oggi significare la parola "militanza"; fuori, ovviamente, da ogni sia pur vaga tradizione "leninistà", che è di verificata sostanza reazionaria. - In particolare, appare centrale l'interesse per il mondo della scuola, dovemolto ci si compiace in perfezionamenti e discussio- · ni sui metodi dell'insegnamento e in lotte corporativo-economiche alla Cobas,ma assai poco, per non dir niente, di ciò che si insegna e perché e della propria centralissima funzionedi trasmettitori di cultura. Insomma, vorremmo collaboratori insegnanti che si occupassero di contenuti, di progetto. - Ne consegue l'interesse (che per noi è sempre stato determinante, e che deve imporsi a una nuova riflessione a partire anche dai fallimentari e orrori o viltà, dell'intellighenzia di sinistra) per una riflessione sociologica sul "lavoro intellettuale" e suIIe figure intellettuali che dia il giusto peso_e valore alle scelte morali e individuali. Non credo, personalmente, che sia per esempio da difendere la figura dell'intellettuale che si sostituisce al politico (anche se mi pare estremamente rivelatore che a Est si siano frovati solo tra gli intellettuali di opposizione persone credibili come sostituti dei politici detti comunisti) e neanche quella dell'intellettuale "consigliere del principe", così cara agli intellettuali italiani. Credo piuttosto che tocchi agli intellettuali difendere per primi gli interessi dei deprivati del mondo, della preservazione della vivibilità del pianeta, dèll 'uguaglianza sociale tra tutti, della liberazione "per tutti": insomma i veri interessi collettivi, di fronte alle proposte corporative o del "particulare", da quelle nazionalistiche, a quelle · della esasperata frammentazione sociale, aquelle dogmatiche, chiesastiche, fideistiche. E di conseguenza praticare la "critica deIIa politica" e anzi agirla. In particolare, mi pare imprescindibile dovere di tutti coloro che figurano da inteIIettuali di non mentire. -"Linead'ombra"continuerà a occuparsi-non si spaventi il fedele lettore! - di romanzo e spettacolo, di pensiero e di scienza. Ma terrà conto del piccolo generico promemoria transitorio qui sopra delineato.

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