Linea d'ombra - anno VIII - n. 50 - giugno 1990

SAGGI/B6LL poietes significa anche reo, colui che compie la parola. Con questi cinquanta e passa significati che possono essere attribuiti alla lezione di poetica di un visitingprofessor, proseguo la mia attività o la mia reità. Cercando di spiegare, per accenni, il dominio totale delle scienze, ho designato l'obbedienza e la subordinazione come l'unica realtà sociale che i tedeschi abbiano accettato finora, nel corso della loro storia; detto più semplicemente: i tedeschi obbediscono così volentieri come altrettanto volentieri pretendono l'obbedienza. La scena più penosa - penosa mi sembra qui l'espressione adatta, la guerra era finita e io mi sentivo liberato, completamente, non più costretto a travestirmi da civile - la scena più penosa di cui mi ricordi è l'incedere risoluto, zelante, al ·primo appellC>,di alcuni prigionieri rinchiusi, come me, in un campo americano: poche ore dopo aver predicato il tener duro e l'uccidere, si dichiaravano pronti a essere addestrati come propagatori di convinzioni democratiche. Risoluti, zelanti, sottomessi - antiestetici e antipoetici - tra i circa cinquanta significati di poiein il verbo sottomettere non si trova né in senso transitivo né intransitivo. La poesia di quel momento nel lager, la sua esattezza (liberati, eppure prigionieri, sopravvissuti a malapena, ma proprio a malapena, el'indolenza del capitano americano che davvero credeva di prometterci anche pace e felicità, promettendoci birra e wtirstel; e l'impressione strana che io ben presto, sempre non ancora libero, bensì solo liberato, sarei finito nella prigione dei risoluti, degli zelanti, dei sottomessi, che mi avrebbero voluto rendere ciò che ero già per nascita e origine: democratico) non sono ancora riuscito a esprimerle con parole. Per quanto riguarda le opere scritte, le poesie, i miei libri - ~i attengo al vecchio Kaegi -, potrei elaborare molto meglio una poetica da ciò che non ho potuto scrivere finora, piuttosto che da ciò che ho potuto scrivere, ma per far questo occorrerebbe un distacco più grande, un'età più avanzata; penso che sotto i cinquant'anni si possa parlare o scrivere solo in modo molto impreciso, quindi improprio, della propria tecnica del poetico, per cui preferisco parlarne per accenni. Per quanto riguarda la reità del poeta, mi permetto ancora alcune osservazioni: se un poeta- poiein qui nel senso di fareche passeggia di notte per una strada silenziosa, sente improvvisamente l'impulso di compiere qualcosa di poetico-poiein qui nel senso di effettuare- e la musa gli sussurra, gli ordina di raccogliere tre pietre e di sfondare i vetri delle finestre più vicine, e lui lo fa, perché obbedisce sempre ai sussurri della musa, allora non si stupisca se coloro che sono stati disturbati nella loro quiete notturna aprono le finestre (per cui cadranno schegge di vetro per • strada, ci sarebbe ancora più casino, e questo potrebbe sconvolgere un intero quartiere) per gridargli dietro perlomeno un "Allora!" o qualcosa di più forte come canaglia, straccione, delinquente. Costui si deve invece stupire se gli attribuissero poi subito intenzioni omicide, violenza carnale, effrazione, incendio doloso, furto o addirittura minaccia allo stato. E se questi poi deve comparire in tribunale e afferma che: primo- lui obbedisce sempre ai sussurri della musa; secondo - l'intento comune a lui e alla musa consisteva solo nel portare aria nelle suddette camere da letto; allora non gli crederà nessuno: che cosa può mai ordinare una musa. E ne nascerebbe un terribile scompiglio, perché un poeta 52 non può appellarsi a ciò a cui, per esempio, altri possono sempre appellarsi e che può rivelarsi, per loro, una circostanza attenuante: l'aver eseguito un ordine in una situazione di emergenza. Voglio dire che l'opinione pubblica deve saper gestire i suoi impulsi, la sua impulsività e avere il senso delle proporzioni. Cosa può commettere un poeta-da considerare qui nel senso di reo? Non getta neppure pietre contro le finestre di vetrine o di chiese, ma di solito solo nell'acqua, perché i cerchi che ne derivano gli interessano, e osserva stupito che, in questo modo, una pietra non forma solo cerchi bensì, contro ogni legge fisica, anche onde, per cui improvvisamente lo stagno perfettamente calmo diventa mosso: le anatre si svegliano, i pesci tentano perfino di gridare. Lui, ovviamente, il poeta e reo, non sapeva che lo stagno - era scritto in realtà sui cartelli indicatori, ma lui non li ha visti - è profondo solo un metro e cinquanta, di cui settantacinque centimetri, quindi la metà, sono formati da una materia fangosa, melmosa. Ora lui è lì, nella sua innocenza, e fa appello alla musa che gli ha sussurrato di creare un attimo di poesia; non voleva intorbidare l'acqua: semplicemente, è l'acqua che si è rivelata torbida. Un tedesco ha il permesso di obbedire, deve addirittura; può scardinare porte, abbattere muri, sparare, accoltellare, picchiare, marciare, saccheggiare. Però solo per lo stato, si capisce, non per sé, quindi può saccheggiare solo per ragioni innaturali. Mà può obbedire a un gineceo che non potrà mai essere completamente secolarizzato, né totalmente canonizzato, che può ordinargli di esercitare contemporaneamente cinquanta attività diverse? Non so se può esistere qualcosa come una democrazia su ordine, si doyrebbe riflettere su questa formula, anche sulla parola ordine: è una parola da tribunale, un termine che dovrebbe essere cancellato. Un 'intera armata di scrittori nichilisti non potrebbe, neppure lontanamente, causare quello che ha causato questa parola. Voglio dire: tutte le sensazioni che la letteratura evoca sono esagerate, nel più penoso dei modi. Ciò che è sensazionale si svolge nei tribunali che devono dibattere sulla parola ordine. Quindi uno scrittore, un autore, un poeta non solo dimorerebbero volentieri (dimorare è un verbo, una parola che indica un'azione), bensì renderebbero abitabile anche la lingua in cui scrivono; non è bene che l'uomo sia solo e non possa dar vita lui stesso, dalle costole che gli sono rimaste, alla Heimat (casa, patria) e buon vicinato, ad amicizia e fiducia. Non può neppure, come Abramo, generare il suo popolo; deve andare verso di lui, e il popolo essere alla sua altezza. Non ha bisogno solo di amici, lettori, pubblico, ha bisogno di alleati, alleati pubblici, che non solo si arrabbino o non solo trionfino, ma che riconoscano. Vanità, gelosia, pennalòsità, trionfo, rabbia, dovrebbero essere cose private. Si deve riconoscere ciò che è più importante: la ricerca di una lingua abitabile in un paese abitabile. Ma voglio arrivare al punto: alla Heimat (casa, patria). E riguardo a questa, ecco un passaggio dal racconto Un viaggio di H.G.Adler: Venivano di solito tardi, la sera, o anche di notte, quando portavano il loro messaggio, che si negava a una luce livida. 'Non dovrai avere dimora alcuna!'. Era questo il messaggio esplicito che annunciavano. La gente sapeva già la disgrazia che l'attendeva, e per questo le case erano

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==