CONFRONTI di verità, ma la verità è multipla, ha tante facce, non ne esiste una sola, come invece ci avevano fattocredere inpassato". Riconsiderare il passato vuol dire fare il bilancio di una stagione in cui alle illusioni sono succedute le disillusioni e l'orrore dello stalinismo, gli errori del realismo socialista ("un'istituzione poliziesca in un imballaggio socialista", come ha detto lo scrittore russo Fazil Iskander) e i compromessi intellettuali. "Siamo al momentodegli addii - dice Sebastian Kleinschmidt - e dobbiamo fare il bilancio del nostro passato. Ma purtroppo non sappiamo cosa è stato il nostropassato, stiamoperdendo e abbandonandoqualcosa di sconosciuto". I decenniscorsi sonopercepiticome unvuoto, unaglaciazione, finita la quale gli scrittori si scopronoprivi di identità.Nessuno si riconoscenella tradizione comunista,anche coloroche sonomeno critici con i passati regimi. È palpabile il bisogno di un nuovo .orizzonte d_i valori, che però per il momento .resta incerto e impreciso. E così che in molti si rifanno alle tradizioni nazionali della storia passata e immancabilmente risorgono i nazionalismi, contro i quali però i più attenti cercano di mettere in guardia. Walter Janka è tra questi: "Le esperienze della mja vita mi hanno insegnatoa non essere nazionalistae non è adessoche ho intenzione di diventarlo.Certomi sento legato alla cultura tedesca,ma non saròmai un nazionalista. Abbiamogià fatto questa esperienzae ne abbiamo visto i disastrosi risultati. Non mi riconosco nella tradizione tedesca di cui parla Kohl, perché quella è la tradizionedella guerra e della nostra gioventù persa". Risorge anche il mito della Mitteleuropa, da cui però molti scrittoriprendoòo le distanze. "L'idea dell'Europa centrale come crogiolo .di culture è stata sempre idealizzata", dice lo scrittore ceco Vaclav Jamek, autore del Trattatodellepiccolemeraviglie, pubblicato a Parigi prima che a Praga, l'anno passato. "Abbiamo \ 1~'f '~ I, I -~ , ci o - prosegue - un'idea dell'Europa centrale che spesso non corrisponde per nulla alla realtà delle cose, perché i paesi che ne fannoparte nei fatti sono stati spesso un groviglio di opposizioni, di intolleranze e di segregazioni". Gli fa eco il polacco Jan · Kofman, storico della rivista "Krytica": "Non so se la leggenda dell'Europa centrale esista veramente al di là del mito letterario, dato che la base materiale del concetto di Mitteleuropa è assai debole". Altripensanopiuttosto a una più generale identitàeuropea, cui le differenti culture, dell'est come dell'ovest, apportino autonomamenteil lorocontributo. "L'identità della culturaeuropea- ha detto lo scrittore polacco JaroslawMarek Rymkiewicz- di fatto esiste già ed è la somma delle diverse letterature nazionali". Si tratta di un'idea che fa spazio alla libera espressione di tutte le minoranze, rifuggendo da ogni nazionalismo xenofobo. Ed è in questaprospettiva che per molti intellettuali dell'est è oggi importante riunificare le tre componenti della loro letteratura: quella dell'esilio, quella clandestina dei samizdat e quella ufficiale. Sarà questo il primo passo di unpercorso in nome della democrazia. Questo dunque il panorama complesso dei problemi che oggi la cultura dell'Europa dell'est si trova ad affrontare. Le incognite sono molte, sul piano materiale come su quello intellettuale. Gli scrittoriper anni abituati a combattere e a conviverecon unpotere . preciso, dovranno ora imparare a fare i conti con altri nemici probabilmente più occulti. Come ammonisce l'editore cecoslovaccoKarelWlachovsky, "oggi gli scrittori dell'est non hannopiù unveropotere e il potere che stava lorodi fronte si stadissolvendo, probabilmentepiù avanti dovremo imparare a confrontarci con il . poteredel denaro, ma si tratteràallora di una lotta del tuttodiversa da quella che abbiamo combattuto in questi anni". Qui e a pagina 48 disegni di Margherita Belardetti. 40
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