CONFRONTI batticuore a cercare le novità. Pensi cosa fu, sei o setteanni fa, lapubblicazionedi 1984 di Orwell: e pensi alle delusioni di adesso, da quando si traduce e pubblica tutto, innanzitutto la letteratura di consumo col suo tasso variabile di pornografia. Infatti ci sono anime belle che cominciano a parlare di 'immondiziadell'Occidente"'. La liberalizzazione,l'apertura delle frontiere, la ritrovata libertà hanno innescato un processoche sta modificando tutte le regole del passato,producendo unasituazionedove trovano spazio tutte le forme della cultura commercialedell'occidente, compresequelle più deleterie. Si capisce come ciò possa preoccupare non pochi intellettuali, per i quali la cultura è sempre stataveicoloesclusivo di valori estetici e morali. Ma d'altra parte le trasformazioni in corso impongono agli scrittorie agli intellettuali di ripensare il loro ruolo, per decenni legato a filo doppio ali' intolleranzadel sistemaedi conseguenza strettamenteancorato alla lottaper la libertà. ·Essi fondavano la funzione civile delle loro - opere direttamente sul loro ruolo di oppositori, la·legittimazione estetica e il consenso ' del pubblico ne erano una conseguenza: si scrivevacontro il potere e ciòbastava. Oggi, un simileatteggiamento è tutto da ripensare e alcuni scrittori non esitano a riconoscere che una parte del successo di alcune opere era semplicemente dovuto alla loro interdizione da parte di un potere ostile. Lo scrittore ungherese Peter Esterhazy lo ha detto senza mezzi termini: "Nel passato certi libri esistevano e avevano prestigio solo per il fatto che erano vietati, dj conseguenza diversi scrittori hanno creduto di essere importanti.La stupiditàcollettiva che abbiamovissuto è rivelata proprioda questa loropresunzione.Certo, essi hanno svolto in· passato un ruolo di rilievo, ma oggi le cose sonocambiate.Lalibertàdidirequellochesi vuole apre ora dei conflitti reali; staremo dunque a vedere cosa succederà e quali saranno le opere che nasceranno". D'altro canto, anche per gli scrittori ufficiali è giunto il momento della resa dei conti, come ha sottolineato il romanziere e cantante sovietico Bulat Okudzava, per il quale "il libero mercato permetterà ai lettori di decretare il successoo l'insuccesso degli autori, indipendentementedalla loro posizione nella nomenklatura intellettuale e dall'appoggio dell'apparato statale". La riflessione sul ruolo della censura, che con i suoi divieti ha generato confusione tra valori morali ed estetici, conduce gli scrittori a riflettere sulle forme adottate in passato, sulle scelte di genere, sull'armamentario stilisticQe retorico alla base delle loro opere.Scelteformalispessodettatedall'impossibilitàdiesprimersi liberamente e di abbordare apertamente determinati soggetti. Per loscrittorerumeno di linguatedescaFranzHodjak, lametafora e l'allegoria che dominano granpartedella letteraturadell'Europa orientale sarebbero ancora il prodotto delle "condizioni esterne". "Paradossalmente-egli dice-la censura ha avuto una funzione estetica, ha spinto gli scrittori alla ricerca di strutture letterarie elaborate.Ora che i suoi vincolinonsonopiùoperanti,c'è iIrischio che la letteratura si getti nella politica, dimenticando l'estetica". Allo stessomodo il grottesco, l'umorismo, l'assurdo, l'~eddotica 48 . che caratterizzano lo stile di tanti autori del1'est sono considerati come la materializzazione della "impossibilità di dire", il rifugio degli scrittori, "il tentativo - come ha detto Bohumil Hrabal, il romanziere ceco autore di Ho servito il re d'Inghilterra e Unasolitudine tropporumorosa - di crearsi un loro sistema di difesa per sottrarsi ali' oppressione della struttura, quella dell'impero e del comunismo". Oggi tutti sembrano concordinell'autocritica: "Eravamo degli acrobati stupidi", dice PeterEsterhazy, e aggiunge: "non si può vivere di allusioni, anche se questo può essere importante". Ancora più deciso è Franz Hodjak: "In fondo- ha detto- unamezza verità è piuttostouna mezza menzogna,e in qualche modo tutti ci siamo compromessi, magari inconsciamente tramite l'autocensura". Tema scottante,quello dell'autocensura, anche perché a detta di molti continua a essere un riflesso condizionato ancora oggi. Così almeno la pensa Vladimir Makanin: "L'eredità dell'autocensura esiste ed è difficilediventare onesti da un giorno all'altro. Oggi abbiamo maggiore libe~, ma dobbiamo ancora imparare ad usarla. E come quando si entra in una nuovacasapiù grande e si prova ali'improvvisounasensazionedimalessereperchénonci si è ancora abituati ai nuovi spazi". In ogni caso, la censura prima costringeva gli scrittori ad agire entro un quadro ben definito, ponendo loro limiti e regole precise; ora invece lo spazio diventa fluido e non è facile trovare immediatamente nuovi punti di riferimento per ridisegnare il loro ruolo, tanto che nei discorsi di alcuni sembra a tratti emergere una sorta di nostalgia del passato e del proibito. Come pure non sembra facile trovare i linguaggi e le forme in sintonia con la nuova realtà. Alcuni addirittura affermano che nelle condizioni attuali non è possibile scrivere libri, perché è diventato più urgenteimpegnarsi nell'immediatezza della politica,di frontealla quale la scrittura sembra quasi essere un lusso inutile. Per Mario Sorescu, infatti, "quello attuale non è certo il tempodella letteratura, dato che gli scrittori devono essere innanzitutto cittadini. Oggi si possono solo prendere appunti, collezionaremateriali e vivere esperienze. I libri verrannopoi, tra qualche anno, con maggior distacco e distanza". E d'altra parte Sebastian Kleinschmidt,caporedattoredellarivistatedesca"SinoundForm", ricorda che "la letteratura non è il modo più rapido per reagire ai cambiamenti in corso". Ma a quanti sostengono l'impossibilità di interpretareletterariamente la nuova realtà, ribatteSergejZaligin, caporedattore del mensile sovietico "Novy Mir": "I tanti avvenimenti nuovi di fronte ai quali ci troviamo oggi dovranno essere digeriti attraverso un nuovo stile, per il quale però ci vorrà del tempo,perché uno stilenuovoe una formanuovasiproduconolentamente". Altri, invece, sostengono che "dire la verità", sul presente come sul passato, è oggi la funzione prioritaria degli intellettuali, ai quali dunque viene indicato il compito preciso di ricostruire la verità storica. Lo sostiene per esempio lo storico rumeno Andrei Pippidi, che però mette in guardia dalle facili schematizzazioni: "Per anni siamo vissuti nello stato del segreto, nulla era pubblico. Oggi i rumeni sono alla ricercadel loropassato, c'è quindibisogno
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