Linea d'ombra - anno VIII - n. 50 - giugno 1990

con la gonna a fiori che lascia scoperte le gambe. Ma nel lettore è indotta una consapevolezza critica rispetto a tali rappresentazioni mimetiche, tanto per via degli atteggiamenti ironici dell' asettico e perciò vergine testimone metropolitano di Voltolini, quanto tramite procedimenti di parodia linguistica (Look, ovvero della stupidità di "chi lavora nella moda"), espressioni comicamente caricaturali (Le porche, cioè a dire come è ridotto il linguaggio giovanile e studentesco dei tempi nostri), con l'ironica riproduzione della parlata informatica ed economica dei nuovi rampanti. Il lavorio dell'autore è tutto formale, perché solo così è possibile ordinare provvisoriamente la realtà rappresentata, policroma anche nei materiali linguistici contaminati - lessico scientifico, terminologie tecnologiche e informatiche, riutilizzo di istruzioni tecniche ma anche gerghi urbani e linguaggi settoriali -, per raggiungere l'effetto di disvelare in modo illuminante gli sfondi della nostra quotidiana esistenza, soprattutto attraverso frequentissime enumerazioni, irriverenti cataloghi di immagini che accostano soggetti - umani - e oggetti- industriali-permettendo al lettore come una nuova e sorprendente messa a fuoco. La vita assomiglia così al perenne moto di un albero a camme, un testo in cui le digressioni della voce narrante passano dalla descrizione ironicamente ammiccante di sfondi metropolitani e comportamenti standard1zzati alla prefigurazione del disastro, nella consapevolezza "che di ciclico, tuttavia, non c'è nulla" (p. 46), se non quell'andamento oscillatorio del testo costruito sulla simmetria fra gli explicit dei primi quattro capoversi e gli incipit degli ultimi quattro, in ordine invertito: ·"ecco", "così","no","mai"-"mai","no","così","ecco". Se in Voltolini il narratore porta uno sguardo sul mondo, il personaggio Peter H. è invece scrutatore di sé, puntuale testimone attraverso i suoi Rapporti alla Direzione del Servizio Stradale Centrale. Il passaggio da una valutazione dell'uomo contemporaneo come desensibilizzato "spettatore intelligente" a soggetto alla ricerca di una "passionalità perduta", di una autentica vita sentimentale intesa come esistenza capace di avvertire stimoli che incidano nella sensibilità individuale, è presente in Giochi crudeli di Claudio Lolli (Transeuropa, pp. 98, f. 22.000). Tanto L'inseguitore Peter H. (ora riproposto: era stato pubblicato da il lavoro editoriale nel 1984), quanto i cinque racconti che lo precedono nel volume, inscenano un' assoluta mancanza di storia personale, e la conseguente incapacità di percepirsi, da parte del personaggio, come soggetto inserito nel mondo. Sono protagonisti senza memoria, questi, le cui vicende biografiche si dispongono come un arido deserto alle loro spalle. Peter H. è pagato per inseguire Klaus W., e ciò conferisce significato alla sua vita randagia: un lavoro eseguito con scrupolo, che richiede senso d 'osservazione, tempismo, disponibilità; tutte qualità che Peter dimostra di possedere e mette in opera, a patto di non domandarsi mai il perché. Dietro di lui vi è un'organizzazione efficientissima il cui scopo è semplicemente quello di alimentare se stessa, il suo esistere senza ragio42 CONFRONTI ne ma con precisione procedurale e burocratica, attraverso un efficientismo tanto più efficace quanto più inconcludente, simbolo paradossale della trionfante insensatezza contemporanea. E non conta nulla se, alla fine, il lettore scoprirà che Peter e Klaus sono fratelli, figli di quel giudice di cui avevano sentito parlare in una bettola in qualche lontana città straniera (ma straniera rispetto a quale luogo di appartenenza originaria?); infatti tutto ciò non è altro che un caso fra le tante casualità esperite da Peter nella divagante storia alla ricerca di sé, che si conclude con la sua scomparsa In questa vicenda, storia dell' inseguimento senza scopo di chi fugge senza alcuna ragione, il movente del protagonista è un atto volitivo minimale, una spinta alla sopravvivenza intesa come opportunità di finalizzare il proprio casuale vagare a un impegno precostituito, la mansione dell'inseguire, ovvero il delegare ai passi altrui il senso del proprio esistere. Ma anche chi fugge, così, vede fondarsi sensatamente il suo peregrinare in un universo dove qualunque relazione umana si dimostra inattuabile. "Nelle sue geometriche azioni di sopravvivenza" Peter H. insegue leopardianamente "una totale lontananza dal dispiacere, dall'acuto insorgere di una pena" (p. 140); negli altri cinque giochi crudeli del volume l'assunto è ribaltato: dispiacere e pena sembrano essere le sole due sensazioni in grado di colpire l'emotività dei personaggi; l'uccisione di un'innocua merla e il tradimento dell'amicizia sono crudeltà esperite non tanto per provocare dolore ma per riuscire - vano tentativo - a procurarsi, appunto, occasioni per sentimenti originali. Nelle parole di Lolli, "si tratta di cinque racconti, ma molto legati tra loro con situazioni e personaggi che ritornano, come se in fondo la storia fosse una sola, ripresa in tempi diversi, con qualche particolare mutato, ma con la stessa (ragna)tela di problemi e pensieri. L'ordine è questo. Nelle Considerazioni di un rettile si consuma il distacco da un passato "mitico", ricco, e si precipita nel nulla, nel terrore degli anni Ottanta, nella loro opulenta vuotaggine, nella solitudine. Cominciano le storie improbabili, borghesi e disperate, di un personaggio privo di storia, di collocazione, di passato e di futuro, sballottato in tanti giochi crudeli, alla ricerca di una esperienza effettiva, consolidante; di un rapporto col mondo che possa effettivamente costruire la sua identità e non distruggerla o ignorarla. Questo personaggio è raccontato (anzi, si racconta) in tre periodi della sua vita: l'infanzia, la giovinezza e la maturità (ma c'è differenza per lui?) E i racconti sono La ruota luminosa, La merla e Lavori in corso. Ne esce alla fine un imbonitore, un venditore (si parla spesso di transazioni economiche), come da una tv-spazzatura (anche se qui si tratta di un giornale-spazzatura), e nella sua Posta del cuore, l'ultimo racconto, descrive come si può "organizzare un'esperienza: l'amore? il suicidio?". Pur in una fondamentale uniformità di stile, una scrittura anonima e volutamente aderente ali' asettico e impersonale linguaggio oggi socialmente diffuso, le diverse fasi di tale esistenza vengono caratterizzate da differenti inflessioni: una leggera vena elegiaca per l'infanzia, qualche scintilla di autoconsapevolezza ironica nell'età adulta, una pagina invece condotta abilmente "rifacendo" il parlato televisivo-giornalistico in Posta del cuore. La ricostruzione del proprio passato avviene a partire da una fotografia che inquadra la madre del protagonista-narratore contornata da un gran numero di persone, alla fermata di un autobus, in Non ora, non qui di Erri De Luca (Feltrinelli, pp. 91, f. 13.000). Sentimento portante in questo dialogo fra figlio e madre, una madre ormai scomparsa e un figlio sessantenne sul punto di scomparire-con un artificio letterario una volta tanto ben condotto, funzionale e sorprendente, non mero gioco intellettualistico ed estrinseco divertissement - è la nostalgia. Le altre emozioni, tutte leggere perché filtrate· dalla memoria, sono suscitate dai ricordi personali: episodi infantili, luoghi un tempo amati (Napoli e i suoi bassi), figure scomparsecomeladomesticaFilomena,l'amico Massimo. Questo dialogo immaginario è tutto giocato "in sordina", come in una dimensione privata e percorsa da una tenue commozione, discreta, ravvivata in riaffioranti vicende giovanili che, nel loro irrelato disporsi, forniscono al lettore non solo delicati episodi di notevole suggestione, ma anche contribuiscono a definire la complessa personalità del protagonista. Situazioni e atteggiamenti infantili sono riproposti con genuina ingenuità; suscitano tenerezza, ma appaiono però subito fissati con lucida intelligenza e asciutta essenzialità in forma di distaccata e consapevole autodiagnosi condotta a posteriori: "Non riuscivo a parlare bene. Mentre la mente comandava la prima lettera; la bocca premeva per emettere l'ultima. Ero balbu1iente per fretta di concludere. In compenso sapevo trovare il punto di equilibrio degli oggetti. 'In compenso': uso questo termine perché credo che le abilità abbiano un vincolo di reciprocità con le goffaggini. Riuscivo a tenere in bilico le cose per qualche durevole attimo: un.a forchetta restava diritta sulle punte come una ballerina quadrupede, una penna restava sul foglio a disegnare il punto ( ...) Un racconto che mi segue dalla più remota memoria dice di un angelo che tocca la bocca dei bambini nell'ora della nascita. A me doveva aver dato un colpetto più forte, perciò ero balbuziente: questa era la variante della leggenda che mi veniva raccontata. Nelle notti del bambino che fui veniva spesso un angelo a bussare alla mia bocca, ma io non riuscivo ad aprirla per dargli il benvenuto. Dopo un po' se ne andava e nel buio restavano le sue piume e le mie lacrime" (pp. 8-9). Una scrittura SClllpre lucida, essenziale ma a momenti increspata da emozioni accennate con sicura moderazione, che sa ospitare efficaci inserti paesaggistici e suggestive descrizioni di atmosfere-il IJlare, le nuotate con Massimo, il tepore dei ricordi. In punto di morte la carta geografica muta della coscienza - così come appare in Voltolini e in Lolli, nei loro personaggi - lascia affiorare in Non ora non qui una sua precisa fisionomia, ma recuperata nel passato personale del protagonista tramite un immaginario, privatissimo ed esclusivo dialogo.

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