Linea d'ombra - anno VIII - n. 50 - giugno 1990

What They Used to Be), e David Bradley (con i bellissimi _..:_chi ha orecchie per intendere intenda! - South Street e The Chaneysville /ncident), e molti altri (nel teatro, ci sono poi l'ottima Ntozake Shange e August Wilson). Proprio Johnson - che è anche un critico di valore-, in uno scritto del 1989 significativamente intitolato Novelists of Memory, ha delineato la mappa di questa nuova, stimolante produzione letteraria nero-americana, ricollegandola alle due grandi fasi di fioritura del passato (quella della Black Renaissance degli anni Venti, e quella del risveglio politico-culturale degli anni Cinquanta e Sessanta) e individuandone gli assi portanti nella centralità della CONFRONTI memoria (del ricordo personale e collettivo, del rapporto con il passato, la storia, gli antenati) e nel superamento delle barriere di genere con l'annessione di campi d'indagine e sperimentazione letteraria solitamente ritenuti non familiari alla tradizione culturale nero-americana. Nella chiusa di questo scritto, Johnson afferma senza mezzi termini che la letteratura nera è ormai diventata una componente "centrale dello sfono mai interrotto di definire l'esperienza americana". C'è da chiedersi quanto tempo debba ancora passare prima che la nostra editoria se ne renda conto e ci faccia il regalo di metterci al corrente di quanto avviene in questo settore-chiave del varie gato mondo americano. Unasostenibile gravità nell'ultimo romanzodi Kundera Filippo La Porta Parlando dell'ultimo romanzo di Milan Kundera, L'immortalità (trad. di Alessandra Mura, Adelphi, pp. 366, L. 26.000), Cesare Garbali ipotizzava che lo scrittore ceco fosse del segno del Sagittario, a motivo di certa sua "pesantezza" didattica. Certo la suggestione dello Zodiaco non è estranea a queste pagine, e poi lo' stesso Kundera, nella Praga "normalizzata", tenne per qualche tempo una rubrica di astrologia su una rivista molto dottrinaria. Eppure vorrei suggerire un altro segno (per poi scoprire naturalmente che ci sbagliamo tutti ...), quello della Vergine, cui apparteneva pure Goethe, così ricorrente in questo libro. La Vergine infatti non è caratterizzata soltanto da certa "pesantezza" morale e intellettuale (diciamo aspirazione pedante ali' ordine, ricerca ossessiva delle spiegazioni, e dell'auto giustificazione) ma direi soprattutto da una lotta inesausta, e sempre fatalmente perdente, contro questa stessa pesantezza (per non parlare di un altro tratto tipico del segno, e cioè la misantropia, qui riflessa in più di un personaggio ...). Al di là della metafora astrologica, ho I' impressione che la chiave interpretativa di Kundera, il suo tema,· risieda proprio in questo desiderio di resistere al proprio connaturato "spirito di gravità"; una "gravità" a volte riconosciuta, a volte sublimata o mascherata (con straordinario istinto di teatrante), altre volte semplicemente subita. Lo scrittore oscilla sempre tra i due opposti della tendenza didascalica e della sintesi poetica, del gesto conclusivo e classificatorio e della interrogazione aperta, di una coscienza ipertrofica e di una sospensione estatica dell'io ("Quel che nella vita è insostenibile non è essere ma essere il proprio io"). · Kundera ci ricorda a tratti uno dei suoi personaggi, il corpulento e~ eccentrico professor Avenarius, che improvvisamente comincia a ballare nel sotterraneo del metrò: "Faceva oscillare da una parte al!' altra il suo ventre enorme( ...) piroettò con inaspettata leggerezza, corse avanti e indietro, lanciò le gambe in aria imitando i gesti di una ballerina di can Milon Kundero in1uno lato di Aoron Monheimer. can". La scrittura di Kundera sembra aspirare, in ogni momento, a imi tare gli aerei movimenti di una ballerina, a volte piroettando con ammirevole leggerezza, a volte dimostrando un atteggiamento troppo programmatico, un eccesso di intenzione. Ma vediamo come si presenta questo singolare romanzo, che per molti aspetti ricorda il precedente e notissimo L'insostenibile leggerezza dell'essere. Non so se rappresenta l'unica voce che avrebbe oggi il genere romanzesco, come ci avverte il risvolto di copertina, però la via seguita da Kundera si impone per una qualità dello stile e del pensiero. E non tanto per la fusione, o coesistenza (ancl}e volutamene irrisolta) di romanzesco e filosofico, di letterario.e saggistico, così familiare al nostro secolo: pensiamo solo aMusi!, che qui viene citato con rispetto e deferenza. Ma il fatto è che al di là di ogni considerazione di merito, L'uomo senza qualità presuppone una conoscenza "mostruosa" (direbbe Fantozzi) delle principali correnti ideologiche e filosofi.che del '900, mentre Kundera rimane un autore popolare. Ed è popolare non solo perché la riflessione contenuta nei suoi romanzi è legata all'esperienza, ma perché è legata all'esperienza comune: a partire cioè dalla quotidianità, dagli eventi concreti, minuti, apparentemente insignificanti dell'esistenza, l'autore divaga e racconta e inventa; quasi sempre con sovrana intelligenza, e a volte con spiccata inclinazione alle Grandi Questioni, a una elegante Metafisica a portata di tutti (e anche questo spiega la popolarità). Sì, perché tutto il romanzo, più ancora del precedente, è sempre a un passo dal Kitsch filosofico: in questo senso costituirebbe un pessimo esempio, da non imitare, in eventuali scuole di "creative writing". Quello che in lui ancora si tiene, e miracolosamente, alimenterebbe negli epigoni la più stuc:ORevolechiacchiera letteraria sulla Vita e sulla Morte, sul Destino e sulla Felicità (tanto da farci rimpiangere Citati!). Elencare i terni che incontriamo in queste pagine è quasi imbarazzante per la semplice ragione che praticamente ci sono tutti, variamente mescolati: l'amore, l'amicizia, l'eros, il tragico, l'identità, il caso, e poi la civiltà occidentale, laguerra, il comunismo, l'anima slava, la musica, l'arte e la politica, l'attuale trionfo dell'Immagine, lo strapotere dei giornalisti, ecc., ecc. Una specie di informe enciclopedia della vita moderna; un ritratto, critico o complice, del variegato mondo contemporaneo, a partire da un osservatorio fm troppo "centrale" come Parigi. E anche raccontare la trama, o le trame, è operazione che si fa non senza qualche imbarazzo. Sì, ci sono delle storie, dei personaggi, che si incontrano o si sfiprano appena, come le sorelle Laura e Agnes, l'una sensuale, nevrotica, possessiva ("per lei non c•era realizzazione più perfetta dell'amore che mangiare l'amato"), l'altra critica e distaccata (da tutto, dagli altri e dal suo stesso corpo); c'è perfino l'autore impegnato a dialogare con i suoi stessi personaggi Oeparti metaletterarie risultano però noiose e superflue). Ma proprio in una pagina di questo libro leggiamo che oggi chi intende salvare i romanzi "deve scriverli ( ...) in modo che non si possano raccontare", e infatti in ogni adattamento cinematografico resterebbe solo "quello che non è essenziale" ... Ho accennato a uno· sguardo critico o complice sul mondo contemporaneo: una ambivalenza che si esprime proprio nell' atteggiàmento verso la lingua, verso le parole. Da una parte una sensibilità acuta, trepida, che illumina le sfumature ingannevoli e meno evidenti del lessico quotidiano: per esempio la pagina molto bella sull'uso del termine "lotta" ("se vi piace designare i vostri sfoni con la parola lotta significa che dietro al vostro nobile sfono si cela il desiderio di buttare a terra qualcuno"), o quella, di intelligente conservatorismo, sul!' attuale mania dei diritti ("tutto è diventato un diritto: il desiderio d'amore un 37

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==